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utilizzo dipendente altro ente comma 557

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Messaggio  Marco Lombardi Mar 7 Dic 2010 - 15:58

Riporto di seguito un quadro di lettura sistematico in relazione al comma 557 che mi auguro possa essere di aiuto e sul quale eventualmente aprire un confronto:
riferimenti: l’art. 1 comma 557 L 311/04;
il parere del Consiglio di Stato sez. 1 n. 2141 del 25.5.05 (di seguito riportato in sintesi);
il pare n. 73/2008 del Servizio di consulenza alle Autonomie della Regione Piemonte;
la deliberazione 17/2008 la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Veneto nell’adunanza dell’8 maggio 2008 (di seguito riportato in sintesi);
l’art. 14 del CCNL 22.1.2004.

Istituto del “quasi comando” di personale da altro ente ex art. 1, comma 557, della legge 311/2004

L’interpretazione e le modalità applicative della suddetta norma appaiono complesse, ma tuttavia vi sono alcuni pronunciamenti ufficiali che aiutano a ricostruire un sistema coerente che può essere altresì raccordato a quanto stabilisce l’art. 14, 1°, 3° e 6° comma del CCNL 22.1.2004.

il testo di legge:

“ 557. I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le Comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza”

Il parere reso dal Consiglio di Stato sez. I, n. 2141 del 25 maggio 2005, diramato con circolare del Ministero dell’Interno Dipartimento Affari Territoriali – Direzione Centrale Autonomie n. 2/005 in data 4/10/2005:

OGGETTO: Ministero dell’Interno. Richiesta di parere in tema di problematiche applicative dell 'art. 1, comma 557, della legge 30 dicembre 2004, n. 311
Vista la relazione del Ministero dell'interno -Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per le autonomie, trasmessa con nota n. 15700/ AAGG/2005/395, in data 21 aprile 2005, con la quale è chiesto il parere del Consiglio di Stato in merito alla questione indicata in oggetto;
PREMESSO …omissis…
L 'art. l, comma 557, della legge 30 dicembre 2004, n. 31l, prevede che "i Comuni…. ". L' Amministrazione riferente osserva che l' applicazione della norma presenta alcune problematicità e, in particolare, chiede di chiarire se si possa considerare superato il principio di unicità del rapporto di lavoro a tempo pieno nella pubblica amministrazione, affermato dall'art. 53, comma l, del d.lgs. 30 marzo 200 l, n. 165, che fa salve le incompatibilità previste dagli articoli 60 e seguenti del d;P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e, nel caso affermativo, come la stessa norma si coordini con l'art. 92, comma l, del citato d.lgs. n. 165/200l, che permette ai dipendenti degli enti locali di svolgere attività lavorativa a favore di altri enti locali soltanto se titolari di un rapporto di lavoro a tempo parziale.

Ciò posto, è agevole osservare, anzitutto, che il citato art. 1, comma 557, della legge n. 311/2004 si atteggia come fonte di una normativa speciale, che introduce, nel suo ristretto ambito di applicazione, una deroga al principio espresso dall' art. 53, comma l, del d.lgs. n. 165/2001.
Peraltro, l' estrema sommarietà della norma ne rende necessaria l' integrazione con altri dati positivi tratti dall' ordinamento e con il ricorso ai principi generali in tema di lavoro prestato alle dipendenze di amministrazioni pubbliche.
Sotto questo profilo, va rilevato che l'ordinamento consente lo svolgimento di una seconda attività lavorativa, previa autorizzazione dell' amministrazione di appartenenza…omissis…

L’art. l, comma 557, della legge n. 311/2004 configura una situazione non dissimile nei suoi tratti essenziali e, in particolare, sul piano dei rapporti fra le parti interessate (le due amministrazioni, il lavoratore), da quella che si verifica nel caso di svolgimento di una seconda attività lavorativa da parte di un lavoratore pubblico a tempo parziale; deve, pertanto, ritenersi, per ragioni di coerenza sistematica, che le lacunosità della norma devono essere colmate applicando la disciplina dettata per tale fattispecie (art. 4 comma 7 e seguenti del C.C.N.L. per il comparto regioni ed autonomie locali del 14 settembre 2000), beninteso fatta eccezione per le norme che risultino incompatibili per il fatto che il rapporto di lavoro con l' ente di originaria appartenenza era e rimane a tempo pieno.
In primo luogo---omisss…
La disciplina di riferimento è quella dettata dal comma 8 del citato art. 4 del C.C.N.L. 14 settembre 2000, che demanda alle amministrazioni locali di valutare in concreto la compatibilità della seconda attività lavorativa con quella in atto e di stabilire le attività comunque non consentite perché interferenti con i compiti istituzionali.
Qualora l’utilizzazione da parte di altro ente avvenga sulla base di un contratto di lavoro subordinato, la permanenza del rapporto a tempo pieno presso l' amministrazione di appartenenza impone una particolare cura nell'applicazione delle prescrizioni stabilite a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore (d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, come integrato e modificato dal d.lgs. 19 luglio 2004, n. 213) o dalla più favorevole disciplina stabilita in sede di contrattazione collettiva in tema di:
-orario lavoro giornaliero e settimanale, che non potrà superare, nel cumulo dei due rapporti di lavoro, la durata massima consentita, comprensiva del lavoro ordinario e del lavoro straordinario, con la conseguenza che il secondo rapporto di lavoro non può essere che a tempo parziale;
-periodo di riposo giornaliero e settimanale, che dovrà essere garantito tenendo conto dell'impegno lavorativo presso i due enti;
-ferie annuali che, trattandosi di un irrinunciabile periodo di riposo, dovranno essere fruite dal lavoratore nello stesso periodo, ovvero negli stessi periodi, se frazionate….omissis..
Quanto ora esposto pone in evidenza la necessità che gli enti interessati si accordino per definire tempi e modi di esercizio dei rispettivi poteri di gestione dei rapporti di lavoro.
Su questo piano è preminente il ruolo dell' ente con il quale corre il rapporto di lavoro a tempo pieno, in quanto la potestà autorizzatoria, di cui è titolare, a garanzia delle proprie esigenze funzionali e dei propri interessi istituzionali, include anche il potere di stabilire, nel rispetto dei precetti della ragionevolezza e della imparzialità, le condizioni che assicurano la compatibilità della seconda attività lavorativa con quelle esigenze e quegli interessi.
-----.
L' esigenza di una preventiva regolamentazione perde rilievo se la seconda attività viene svolta in forma autonoma, il cui svolgimento è lasciato in larga misura all'autorganizzazione dell'interessato, ma ciò non toglie che l' amministrazione di appartenenza possa subordinare l' autorizzazione a vincoli e oneri che assicurino il permanere della compatibilità della prestazione lavorativa con il rapporto a tempo pieno in essere.
Il citato art. 4 del C.C.N.L. 14 settembre 2000, nel consentire ai dipendenti a tempo parziale ivi indicati lo svolgimento di un'altra attività lavorativa "subordinata o autonoma", prevede che essi possono anche iscriversi ad albi professionali.(omissis il seguito, che tratta della modalità “lavoro autonomo” svolto quale consulenza o co.co.co).”

La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Veneto nell’adunanza dell’8 maggio 2008 con deliberazione 17/2008, estratti:

“La richiesta di parere in esame proviene dal comune di Sanguinetto (VR), e verte principalmente sulla possibilità per i comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti di servirsi dell’attività lavorativa del personale di altre amministrazioni alla luce delle novità introdotte dall’art. 3 comma 79 della L. n. 244/2007.
In particolare, tre sono i quesiti:
1. se l’art. 1 comma 557 della L. finanziaria 2005 sia ancora vigente o sia stato implicitamente abrogato dall’art. 3 comma 79 della L. n. 244/07;
2. in via subordinata, qualora l’art. 1 comma 557 non sia da ritenersi più vigente, se i comuni inferiori a cinquemila abitanti possano continuare ad utilizzare al di fuori del normale orario di lavoro il personale di altre amministrazioni;
3. qualora sia ammesso l’utilizzo extra orario di personale di altre amministrazioni, in quale tipologia di lavoro sarebbe inquadrabile tale incarico e se sia necessaria la sottoscrizione di un contratto di lavoro.
La questione è stata sottoposta anche al coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, che ha fornito risposta con nota prot. n. 2456/9 del 22 aprile 2008. “ …..

….“Passando al merito, bisogna innanzitutto ricordare che l’art. 1 comma 557 della legge finanziaria 2005, introducendo nei comuni di popolazione inferiore a cinquemila abitanti una figura assimilabile al comando, consente a questi ultimi di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali, purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza.
Si tratta di una norma estremamente controversa, che ha suscitato sin da subito forti problemi di compatibilità con il principio di esclusività del rapporto di lavoro e di onnicomprensività del trattamento economico.
Per ovviare a questi problemi, il Ministero dell’Interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Dir. Centrale per le Autonomie, con circolare n. 2 del 21 ottobre 2005 ha considerato questa norma come norma speciale, derogatoria del principio di esclusività del rapporto di lavoro. “…

…”Con il primo quesito, il comune chiede innanzitutto se l’art. 1 comma 557 della L. finanziaria 2005 sia stato abrogato implicitamente dall’art. 3 comma 79 della L. n. 244/07.
La risposta è negativa….omissis ..(le motivazioni sono quelle già espresse dal Cons di Stato: lex specialis);
IN SOSTANZA LA NORMA E’ VIGENTE;
rispetto al secondo quesito: E’ POSSIBILE UTILIZZARE PERSONALE DI ALTRE AMMINISTRAZIONI;

Con il terzo quesito, il comune chiede, qualora sia ammesso l’utilizzo extra orario di personale di altre amministrazioni, in quale tipologia di lavoro sarebbe inquadrabile tale incarico e se sia necessaria la sottoscrizione di un contratto di lavoro.
Poiché l’art. 1 comma 557 della L. n. 311/2004, come detto, ha introdotto un istituto assimilabile al comando, il rapporto di lavoro non può che essere di tipo subordinato.
Esso trova la sua ragione giuridica in un provvedimento di autorizzazione dell’amministrazione di provenienza.
Ciò premesso, la possibilità di un utilizzo extra orario del dipendente risulta comunque fortemente contenuta.
Infatti, come hanno avuto modo di ricordare sia la citata circolare del Ministero dell’Interno - Dip. per gli Affari Interni e Territoriali – Dir. Centrale per le Autonomie n. 2/05, sia l’annesso parere del Consiglio di Stato n. 2141/2005, la permanenza del rapporto a tempo pieno presso l'amministrazione di appartenenza impone una particolare cura nell'applicazione delle prescrizioni stabilite a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore in tema di orario di lavoro giornaliero e settimanale. Quest’ultimo non potrà superare, nel cumulo dei due rapporti di lavoro, la durata massima consentita, comprensiva del lavoro ordinario e del lavoro straordinario.
In merito, poi, alla necessità o meno della stipula di un contratto di lavoro, si ritiene che questa non sia necessaria, in quanto la formula organizzativa introdotta dall’art. 1 comma 557 non altera la titolarità del rapporto di lavoro con il soggetto interessato, che resta comunque dipendente dell’amministrazione di provenienza.
Le modalità operative dell’utilizzo potranno invece essere disciplinate in un atto convenzionale o in un accordo di collaborazione tra ente utilizzatore ed ente di appartenenza. “

Si rimanda infine, all’art. 14 del CCNL 22.1.2004:

Art. 14 - Personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione
Di interesse il comma 3):
3. La contrattazione decentrata dell’ente che utilizzatore può prevedere forme di incentivazione economica a favore del personale assegnato a tempo parziale, secondo la disciplina dell’art. 17 del CCNL dell’1.4.1999 ed utilizzando le risorse disponibili secondo l’art. 31.

QUINDI, IN SINTESI:
si puo’ individuare nell’accordo di cui al comma 1° dell’art. 14 del CCNL 22.1.2004 la fonte di regolamentazione più idonea per disciplinare lo speciale “comando” di cui al comma 557. (che viene definito di “quasi comando”);
e’ vero che tale norma fa riferimento all’orario d’obbligo, ma è anche vero che è stato autorevolmente sostenuto (lo stesso Consiglio di Stato, con il parer riportato) che la norma speciale del comma 557 fa eccezione e consente, nel limite delle 48 ore settimanali, un supero dell’orario settimanale ordinario di 36 ore.
Senza dubbio, trattandosi di lavoro subordinato a tempo determinato (anche se la Corte Conti ritiene non necessaria la stipula di ulteriore contratto di lavoro), la conseguenza è che la retribuzione erogabile non potrà che essere rapportata alla PAGA ORARIA della categoria di inquadramento del dipendente nell’Ente principale (es. n. di ore svolte x l’importo orario di categ. C1);
tenuto poi conto del comma 3 del citato art. 14 del CCNL, risulta possibile prevedere, nel contratto decentrato dell’ente utilizzatore ed a integrazione della retribuzione di cui sopra, forme di incentivazione economica per detto personale “in quasi comando”, specie qualora ne derivino oggettivi risparmi e vantaggi economici per l’ente medesimo.






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Messaggio  Paolo Gros Mer 8 Dic 2010 - 2:39

Concordo appieno con l'excursus di Marco che ha veramente estrapolato il problema ed evidenziato le criticita' proponendo una soluzione plausibile ( nel senso latino del termine).
Tralasciando ogni considerazione sulla moltitudine di delibere visibili in rete di enti che incaricano "a scavalco" , cosi' come si faceva ante Lex 311, dipendenti di altri enti pagandoli cifre superminimo contrattuale in palese violazione di legge , ritengo ancora in ultimo una forma piu' restrittiva rispetto a :
"tenuto poi conto del comma 3 del citato art. 14 del CCNL, risulta possibile prevedere, nel contratto decentrato dell’ente utilizzatore ed a integrazione della retribuzione di cui sopra, forme di incentivazione economica per detto personale “in quasi comando”, specie qualora ne derivino oggettivi risparmi e vantaggi economici per l’ente medesimo".

ovvero, in base esclusivamente ad una mia personalissima interpretazione assolutamente criticabile , non ritengo possibile prevedere forme di incentivazione nel fondo ( quindi 15 comma 5 ) ancorche' progettualmente inattaccabili per personale non contrattualizzato"
Credo sensato cio' che dice la Corte ovvero che non e' strettamente necessario il contratto a tempo determinato presso l'ente di utilizzo ma credo altresi' attaccabile dal punto di vista giuscontabile l'inserimento nel fondo di importi 15 quinto comma riferibile a personale privo di contratto di lavoro con l'ente che eroga detto compenso.

Rimane vero che " la formula organizzativa introdotta dall’art. 1 comma 557 non altera la titolarità del rapporto di lavoro con il soggetto interessato, che resta comunque dipendente dell’amministrazione di provenienza" , quindi nella fattispecie come potrebbe il sogetto , e soprattutto a quale titolo partecipare al fondo ( che e' contrattazione , decentrata, ma comunque contrattazione ) non avendo contratto individuale ?
Essendo il dipendente di altro ente esclusivamente autorizzato dal proprio ente ed " incaricato di quasi scavalco" da altro ente in forza di legge ( L.311) ma non di contratto potrebbe essere assimilato quindi al personale non contrattualizzato ( a livello decentrato come contratto individuale ) infatti i dipendenti da amministrazioni pubbliche sono concettualmente distinti in dipendenti contrattualizzati (di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001) e i dipendenti non contrattualizzati, il cui rapporto di lavoro continua ad essere disciplinato da norme di legge. (docenti e ricercatori universitari, comparto ministeri personale appartenente alle carriere prefettizie e diplomatiche, personale della Camera, del Senato e della Segreteria della Presidenza della Repubblica, comparto difesa e sicurezza forze armate, forze di polizia civile e militare).
In sintesi :
- il dipendente e' comunque contrattualizzato a livello nazionale ( CCNL EELL ) per cui posso pagarlo solo ed esclusivamente in rapporto a quanto detto contratto prevede e non superminimo.
- il dipendente non ha contratto individuale con l'ente che incarica a scavalco per cui non posso farlo partecipare al fondo.
Concludendo queste mie elucubrazioni mentali opterei per questa soluzione :
-incarico da 36 a48 ore presso altro ente che assume a TD con contratto individuale di lavoro , si corrisponde il valore orario della categoria di appartenenza e qualora si voglia rendere piu' appetibile l'incarico si inserisce con tutti i crismi previsti un importo 15 V comma nel fondo a suo favore con specifica progettualita'.
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Messaggio  Paolo Gros Gio 9 Dic 2010 - 2:57

Continuando nell'analisi verificherei l'aspetto previdenziale:
Ora le parti in casusa sono tre:
-ente concedente
- ente ricevente
- dipendente
tutti quanti debbono avere pari dignita' ove : a) l'ente che concede da' il proprio assenso a 8 ovvero 10 ore presso altro ente riservandosi un x di ore straordinarie presso l'ente di appartenenza b) l'ente ricevente ha un vantaggio che deriva dal fatto di poter sopperrire a carenza di personale c) il dipendente fornisce il proprio assenso e se non richiede contratto di lavoro individuale si frega da solo.

Se infatti viene fatto contratto Ptime individuale l'ente paghera' il servizio come "ordinario" ma versando Cpdel e ex Inadel ed i vantaggi , come e' giusto , saranno due.
Aumenta il montante contributivo in parte A .
A fine contratto percepisco il TFR maturato.

Se invece richiedo di essere pagato come lavoro straordinario senza contratto individuale , tale importi previdenzialmente saranno " servizi contemporanei" in % nella parte B pensionistica .
La differenza e' rilevante .
E' pur vero che l'art.14 del CCNL e' stato scritto prima della Lex 311 ma le poche righe della 311 a mio avviso vanno si interpretate ,ma in modo tale che ciascuna delle parti possa trarre uguale vantaggio, altrimenti c'e' qualcosa che non funziona.

Su un incarico lungo la differenza e' notevole ai fini previdenziali e del resto il lavoro che svolgo da 36 a 48 e' lavoro subordinato dipendente ed ordinario per lex specialis.
Sara' dura spiegare poi all'Inpdap in sede di caricamento di Passweb il raddoppio ordinario di periodo ma al limite lascio che lo inseriscano in parte B , ricorro alla Corte e tranquillamente mi faccio riconoscere il montante contributivo in parte A come deve essere.
Anche questa volta il legislatore con due righe scritte in fretta ha creato una serie di problematiche interpretative ma a questo modo non sara' il dipendente a rimetterci .
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Messaggio  kicerog Mar 3 Gen 2012 - 11:25

.....Sara' dura spiegare poi all'Inpdap in sede di caricamento di Passweb il raddoppio ordinario di periodo ma al limite lascio che lo inseriscano in parte B , ricorro alla Corte e tranquillamente mi faccio riconoscere il montante contributivo in parte A come deve essere.

Scusami Paolo, la mia situazione è perfettamente rispondente a quanto da te scritto, ma, se sono i due enti che effettuano i pagamenti delle competenze mensili l'uno per le 36 ore l'altro per le restanti 18 ore e versano i contributi certificando mensilmente con distinte DMA in parte A, come può l'INPDAP spostarli in parte B ?
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Messaggio  Paolo Gros Mer 4 Gen 2012 - 0:09

sono i due enti che effettuano i pagamenti delle competenze mensili l'uno per le 36 ore l'altro per le restanti 18 ore e versano i contributi certificando mensilmente con distinte DMA in parte A.
Sono due distinti contratti di lavoro , l'uno a tempo indeterminato e l'altro a tempo determinato conseguendone l'inserimento in parte A.
Con l'ex Inpdap sara' dura farlo comprendere ma le due DMA debbono obbligatoriamente rientrare nella parte A e non B poiche' non e' lavoro contemporaneo.
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Messaggio  kicerog Mer 4 Gen 2012 - 0:33

Vorrà dire che verificherò subito presso la sede inpdap come hanno caricato i versamenti contributivi 2011 e porterò copia del contratto P.T. 18 ore-
GRAZIE
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Messaggio  michela.m Gio 5 Gen 2012 - 2:38

secondo voi ad un incarico ai sensi del c. 557 puo' essere riconosciuta la PO?
grazie

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Messaggio  Paolo Gros Gio 5 Gen 2012 - 3:38

I comuni privi di dirigenza individuano, se necessario, ed anche in via temporanea le posizioni organizzative che possono essere conferite anche a personale con rapporto
di lavoro a tempo parziale non inferiore al 50%. (art.11)
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Messaggio  rag001 Gio 10 Mag 2012 - 5:17

E' chiaro che è difficile dare risposte certe però secondo una logica risolutiva e non complicativa la norma prevista dal cooma 557 art. 1 l. 311/2004 deve venire incontro e risolvere problemi pertanto secondo me e, in attesa di svariati e diversi pareri, essendo una lex speciale le spese sono da considersi solo nel limite del 50% e non nei tagli previsti dal dl 78.
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Messaggio  Paolo Gros Ven 11 Mag 2012 - 0:13

opinione rispettabile che pero' non condivido.
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Messaggio  aprile Ven 18 Mag 2012 - 7:30

si pensava di organizzare il lavoro di un dipendente di altro ente pubblico (in cui è a tempo pieno 6 giorni su 6: si tratta di nostro ex dipendente che ha ottenuto di avvicinarsi a casa con mobilità da qui all'altro ente) da assumere qui a td ai sensi del comma 557, per un massimo di 12 ore settimana, in questo modo:
prestazione lavorativa da rendersi in telelavoro, con finestra di reperibilità di due ore giornaliere nella fascia oraria pomeridiana (14.30-16.30) che non coincida quindi con il normale orario di lavoro a tempo pieno presso l'ente di provenienza
fatta salva la necessità di almeno due presenze mensili di almeno 6 ore ciascuna (nel qual caso il dipendente usufruirà di permesso o ferie nell'altro ente ove si trova a tempo pieno):
quindi

- tutti i giorni due ore di lavoro in remoto in TL (già sperimentato in passato con questo dipendente, che era nostro per l'intero prima di andarsene in mobilità)
- due volte al mese presenza di almeno 6 ore in sede (per il resto della settimana solo due ore per tre giorni di lavoro n remoto in TL)

secondo voi si può fare?
tenete presente che si tratta di un nostro ex dipendente che ha già lavorato in TL diverso tempo, cui poi è stata accordata una mobilità in uscita per avvicinamento a casa, ma che vorremmo continuare ad "utilizzare" almeno fino a che non riorganizziamo il settore di cui era responsabile.

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Messaggio  Paolo Gros Sab 19 Mag 2012 - 0:27

non vedo motivi ostativi
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Messaggio  franco1967 Ven 15 Giu 2012 - 11:38

Gent.mo Paolo,
secondo Te i due rapporti di lavoro, da normare con una convenzione ex comma 557, art.1 L.311/2004, il primo a tempo pieno (36 ore) ed il secondo di 12 ore con altra consorzio di enti, possono essere a tempo indeterminato? Nello specifico trattasi di un dipendente attualmente con due rapporti di lavoro a tempo indeterminato part time con due distinti enti: il primo a 12 ore sett. con un Comune ed il secondo a 24 ore sett. con un ATO (Consorzio esclusivamente di enti locali per la gestione dei servizi di igiene ambientale). Le due amministrazioni vorrebbero procedere ad una convenzione appunto ex comma 557, art.1 L.311/2004, rimodulando i due rapporti di lavoro il primo con il Comune a tempo pieno (36 ore sett.), con contestuale attribuzione di Posizione Organizzativa ed il secondo con l'ATO a sole 12 ore sett., ma sempre con contratto a tempo indeterminato. E' possibile?
Grazie

franco1967

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Messaggio  Paolo Gros Ven 15 Giu 2012 - 23:26

il comma 557 e' nato per tutt'altra ratio( ed e' contratto a TD) e nel caso vedo possibile un convenzionamento art.30 Tuel
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Messaggio  franco1967 Sab 16 Giu 2012 - 2:51

ma nel caso di convenzionamento art.30 TUEL possono essere sforate le 36 ore sett., cosi come consentito dal comma 557?

franco1967

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Messaggio  Paolo Gros Sab 16 Giu 2012 - 23:36

no, le ore debono essere suddivise sul totale di 36 tra i due enti a seconda della necessita' in sede di convenzione
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Messaggio  francodan Dom 17 Giu 2012 - 3:18

teoricamente possono anche sforarsi...il problema è che le maggiori ore non sarebbero remunerabili salvo la maggiorazione della indennità di posizione....
in ogni caso nella situazione prospettata alcuni comuni ricorrono all'art 110 nei confronti di personale di altro comune previa autorizzazione....
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Messaggio  paccotto Mar 26 Giu 2012 - 23:55

Un dipendente (responsabile di servizio presso il comune di appartenenza categoria d) utilizzato, per tale scopo, ai sensi del comma 557 per n°12 ore presso un altro Comune può ricoprire l'incarico di posizione organizzativa?

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Messaggio  Paolo Gros Mer 27 Giu 2012 - 6:02

assolutamente non e' possibile poiche' la posizione organizzativa puo' al minimo essere su part time al 50% per cui nel caso si consiglia convenzione ex art. 30 Tuel
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Messaggio  paccotto Mer 27 Giu 2012 - 9:40

Paolo Gros ha scritto:assolutamente non e' possibile poiche' la posizione organizzativa puo' al minimo essere su part time al 50% per cui nel caso si consiglia convenzione ex art. 30 Tuel

E se la posizione organizzativa viene utilizzata per n°18 ore?

paccotto

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Messaggio  Paolo Gros Mer 27 Giu 2012 - 23:13

con l'applicazione dell'istgituto speciale del comma 557 non e' possibile poiche' nel masimo le ore possono essere 12 ovvero da 36 a 48
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Messaggio  francodan Gio 28 Giu 2012 - 0:40

sull'esclusione dell'istuto art 1 comma 557 dai limiti e sulle caratteristiche dell'istituto ,il recente parere sezione piemonte corte conti

CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE

Delibera n. 223/2012/SRCPIE/PAR

La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, nell’adunanza del 12 giugno 2012, composta dai Magistrati:
Dott. Enrica LATERZA Presidente
Dott. Mario PISCHEDDA Consigliere
Dott. Giancarlo ASTEGIANO Consigliere
Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA Primo Referendario
Dott. Walter BERRUTI Primo Referendario relatore
Dott. Alessandra OLESSINA Primo Referendario
Visto l’art. 100, comma 2, della Costituzione;
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R. D. 12 luglio 1934 n. 1214 e successive modificazioni;
Vista la L. 14 gennaio 1994 n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
Vista la deliberazione n. 14/2000 delle Sezioni riunite della Corte dei conti, adottata nell’adunanza del 16 giugno 2000, concernente il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti come modificato dalla delibera del Consiglio di Presidenza n. 229 del 19/06/2008;
Vista la L. 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 e, in particolare, l’art. 7, comma 8;
Visto l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;
Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio 2006, n. 5;
Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010;
Vista la richiesta di parere proveniente dal Comune di Nebbiuno n. 2103/2012, pervenuta, tramite il Consiglio delle Autonomie locali il giorno 20 aprile 2012 e recante un quesito in materia di tetto di spesa per le assunzioni a tempo determinato, con convenzioni e con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
Vista l’Ordinanza n. 23/2012, con la quale il Presidente di questa Sezione di controllo ha convocato la Sezione per l’odierna seduta e ha nominato relatore il Primo Referendario Dott. Walter BERRUTI;
Udito il relatore;
Ritenuto in
FATTO
Premesso che, a norma del combinato disposto dell’art. 9, comma 28 D.L. n. 78/2010 conv. in L. n. 122/2010 e dell’art. 4, comma 102 L. n. 183/2011, la spesa per assunzioni a tempo determinato, con convenzioni e con co.co.co. non può superare il 50% della spesa sostenuta per lo stesso titolo nel 2009, il Comune, con popolazione inferiore a 1000 abitanti, chiede lumi sull’ambito di applicazione di tale norma e, in particolare, quanto al termine “convenzioni”, se in se esso siano ricompresi i rapporti di lavoro instaurati con i dipendenti di altre amministrazioni locali ai sensi dell’art. 14 del CCNL 2004 del Comparto Regioni-Enti locali, disciplinante l’utilizzo di personale su più amministrazioni, e dell’art. 1 comma 557 della L. n. 311/2004, a mente del quale “I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell'attività' lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza.”
DIRITTO
La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti è prevista dall’art. 7, comma 8 L. n. 131/2003, che, innovando il sistema delle tradizionali funzioni della Corte dei conti, dispone che le regioni, i comuni, le province e le città metropolitane possano chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.
Con deliberazione del 27 aprile 2004, la Sezione delle Autonomie ha adottato gli indirizzi e i criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, evidenziando, in particolare, i soggetti legittimati alla richiesta e l’ambito oggettivo della funzione.
Occorre pertanto verificare preliminarmente la sussistenza dei requisiti, soggettivo e oggettivo, di ammissibilità.
1. La legittimazione a richiedere pareri è circoscritta ai soli enti previsti dall’art. 7, comma 8 L. n. 131/2003, stante la natura speciale della funzione consultiva intestata alla Corte.
La richiesta di parere in esame proviene dal Comune di Nebbiuno è stata sottoscritta dal suo Sindaco ed è pervenuta tramite il C.A.L. Essa, dunque, sotto il profilo soggettivo, è ammissibile.
2. I pareri sono previsti, dalla L. n. 131/2003, esclusivamente nella materia della contabilità pubblica.
L’ambito oggettivo di tale locuzione, in conformità a quanto stabilito dalla Sezione Autonomie nei citati atti d’indirizzo, deve ritenersi riferito alla “attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli”.
Da ultimo, le Sezioni riunite in sede di controllo, nell’esercizio della funzione di orientamento generale ex art. 17, comma 31 D.L. n. 78/2009 conv. in L. n. 102/2009, hanno evidenziato che, in una visione dinamica della contabilità pubblica - che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri - talune materie, estranee, nel loro nucleo originario, alla contabilità pubblica, possono ritenersi ad essa riconducibili per effetto della particolare considerazione loro riservata dal legislatore nell’ambito della funzione di coordinamento della finanza pubblica (Del. n. 54/2010). Si è precisato, infatti, che la funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo nei confronti degli Enti territoriali deve svolgersi anche riguardo a quesiti che siano connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.
La funzione consultiva, poi, non può rivolgersi a quesiti che implichino valutazioni di comportamenti amministrativi oggetto d’iniziative giudiziarie, anche eventuali, proprie della Procura della stessa Corte dei conti, ne’ può avere ad oggetto condotte suscettibili di essere sottoposte all’esame di organi della giurisdizione ordinaria, contabile o tributaria, al fine di evitare che i pareri prefigurino soluzioni non conciliabili con successive pronunce giurisdizionali.
Infine, possono rientrare nella funzione consultiva della Corte dei conti le sole richieste di parere volte a ottenere un esame da un punto di vista astratto e su temi di carattere generale.
Al riguardo va ribadito il principio giurisprudenziale consolidato per cui la richiesta di parere, pur essendo originata da un’esigenza dell’Amministrazione di gestire una fattispecie concreta, deve essere finalizzata ad ottenere indicazioni sulla corretta interpretazione di principi, norme ed istituti riguardanti la contabilità pubblica, che poi spetterà all’Amministrazione applicare al caso di specie, non potendo essere rivolta ad ottenere indicazioni specifiche per l’attività gestionale concreta. In caso contrario l’attività consultiva della Corte si risolverebbe, di fatto, in una sorta di coamministrazione.
La richiesta, riguardando l’interpretazione di norme che, per fini di salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica, fissano limiti massimi alla spesa degli enti locali, pertanto, rientra, con le precisazioni di cui sopra, nella materia della contabilità pubblica.
3. L’articolo 9, comma 28 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 conv. in L. 30 luglio 2010 n. 122, come modificato dall'art. 4, comma 102, lett. a) e b), L. 12 novembre 2011 n. 183, dispone: “A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta fermo, altresì, quanto previsto dal comma 187 dell’articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e successive modificazioni. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011 derivanti dall’esclusione degli enti di ricerca dall’applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’ articolo 38, commi 13-bis e seguenti. Il presente comma non si applica alla struttura di missione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.”
La norma pone due distinti obblighi di contenimento:
- il primo relativo ai rapporti di lavoro “a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa” (50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009);
- il secondo relativo ai “contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio” (50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009).
Sull’interpretazione di tale norma e sulle modalità per la sua applicazione agli enti locali si sono espresse le SS.RR. di questa Corte con Del. n. 11 del 17 aprile 2012 (disponibile sul sito internet della Corte).
Le SS.RR., in sintesi per quanto qui più interessa, hanno stabilito che:
- tali disposizioni limitatrici, che costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica, non sono quindi direttamente rivolte agli enti locali, anche, se per la loro applicazione, essi devono adeguarsi ai relativi principi generali, al fine di garantire il contenimento della spesa per assunzioni a tempo determinato, e rapporti assimilati, nei limiti previsti dalla legge;
- alla base della valutazione operata dal legislatore può porsi la considerazione che il limite di spesa introdotto con riferimento a specifiche forme contrattuali, possa tradursi in un vincolo al ricorso a determinate tipologie di rapporti di lavoro tale da incidere sulle prerogative di autorganizzazione degli enti;
- le norme in tema di assunzioni presso gli enti locali introdotte dalla L. n. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012), costituiscono un sistema compiuto: da un lato si precisa che i limiti al turn over riguardano le sole assunzioni a tempo indeterminato, dall’altro s’introducono limiti di spesa che sostanzialmente si traducono in limiti alla stipula dei contratti anche relativamente alle diverse forme di rapporti temporanei. In tal modo la disciplina complessiva di limitazione alle assunzioni risulta diversamente articolata per quelle a tempo indeterminato, sottoposte ad un limite relativo al turn over, rispetto a quella relativa al tetto di spesa con riferimento al livello raggiunto in un esercizio pregresso, che riguarda in particolare i rapporti a tempo determinato;
- il limite di spesa di cui all'art. 9 comma 28 del DL n. 78/2010 può, quindi, intendersi rivolto al duplice scopo di costituire una barriera all’impiego delle figure
contrattuali considerate, quanto ad evitare che le amministrazioni assoggettate a limiti più stringenti per le assunzioni a tempo indeterminato ricorrano a tali contratti per eludere il regime vincolistico;
- tali limiti, così come fissati dal legislatore statale, peraltro risultano immediatamente operativi e cogenti anche nei confronti degli enti locali nei casi in cui non abbisognino di adattamento, essendo, quindi, suscettibili di diretta applicazione, mentre solo in presenza di particolari necessità, da dimostrare a fondamento di un atto regolamentare, può essere adottato un atto generale conformativo del potere nei limiti dei principi posti dalla norma statale.
Alla luce dei chiarimenti forniti dalle SS.RR devono essere considerate le particolari figure di impiego temporaneo di personale richiamate nella richiesta di parere.
La prima è prevista dall’art. 14 CCNL del Comparto Regioni – Enti locali del 21 gennaio 2004, rubricato “Personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione”, che (comma 1) reca la seguente fattispecie: “Al fine di soddisfare la migliore realizzazione dei servizi istituzionali e di conseguire un’economica gestione delle risorse, gli enti locali possono utilizzare, con il consenso dei lavoratori interessati, personale assegnato da altri enti cui si applica il presente CCNL per periodi predeterminati e per una parte del tempo di lavoro d'obbligo mediante convenzione e previo assenso dell'ente di appartenenza. La convenzione definisce, tra l'altro, il tempo di lavoro in assegnazione, nel rispetto
del vincolo dell'orario settimanale d'obbligo, la ripartizione degli oneri finanziari e tutti gli altri aspetti utili per regolare il corretto utilizzo del lavoratore. La utilizzazione parziale, che non si configura come rapporto di lavoro a tempo parziale, è possibile anche per la gestione dei servizi in convenzione.”
Dal canto suo, l’art. 1, comma 557 della L. 30 dicembre 2004 n. 311 recita: “I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell'attività' lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza.”
Entrambe le fattispecie, l’una di matrice contrattuale, l’altra di fonte legislativa, regolano la utilizzazione di personale fra enti diversi.
Le previsioni di cui all’art. 9, comma 28 del D.L. n. 78/2010, convertito nella L. n. 122/2010 e modificato dall’art. 4, comma 102 della L. n. 183/2011, hanno stabilito, con disposizione applicabile, secondo quanto chiarito dalle SS.RR., agli enti locali, che le amministrazioni possano avvalersi di personale tramite il ricorso alle forme flessibili di assunzione e di impiego specificamente indicate nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009, ovvero, in caso di mancanza di spesa in tale anno, di quella concernente la media del triennio 2007-2009.
La norma s’inserisce nel solco di una serie di previsioni che hanno fortemente limitato le spese per il personale delle pp.aa., assunto sia a tempo determinato che indeterminato, nonché per i collaboratori esterni (cfr. l’art. 6, comma 7 dello stesso D.L. n. 78/2010).
La volontà sottesa alla disposizione in esame, come alle altre analoghe, è, così come hanno anche evidenziato le SS.RR., quella di una riduzione della spesa per i rapporti lavorativi intercorrenti, nelle diverse forme, con le pubbliche amministrazioni.
La fattispecie recata dall’art. 14 del CCNL Regioni – Enti locali del 2004, così come quella di cui all’art. 1, comma 557 della L. n. 311/2004 cit. non sono previste espressamente fra quelle indicate dall’art. 9 comma 28 cit.
Come anche affermato dalle SS.RR., questo reca un limite di spesa introdotto con riferimento a specifiche forme contrattuali, traducendosi in un vincolo al ricorso a determinate tipologie di rapporti di lavoro e in una barriera all’impiego da parte degli enti locali delle figure contrattuali considerate.
Tale limite non riguarda, dunque, tutte, indistintamente, le forme d’impiego di personale, diverse da quello a tempo indeterminato (che rappresenta la regola: cfr. art. 36 D.lgs. n. 165/2001) che possono intercorrere con le pp.aa.
Come già affermato da questa Corte (cfr. questa Sezione par. n. 3 del 29 gennaio 2009; Sezione Lombardia, parere n. 23 del 6 febbraio 2009; Sez. Veneto par. n. 17 del 20 maggio 2008) la formula organizzativa introdotta dal citato art. 1 comma 557, assimilabile al comando, non altera la titolarità del rapporto di lavoro, che resta in capo all’amministrazione di provenienza del dipendente. Non integra quindi di una forma flessibile di assunzione e d’impiego. Il citato comma 557, infatti, detta una disciplina particolare a favore degli enti locali con meno di cinquemila abitanti per fronteggiare l’esiguità degli organici e le ridotte disponibilità finanziarie (sull’istituto e sulle condizioni per la sua utilizzazione, cfr. questa Sezione par. n. 3 del 29 gennaio 2010). Ne consegue, tra l’altro, che il medesimo non infrange i limiti posti all’assunzione di personale, mentre le spese sostenute pro quota dall’ente per tali prestazioni lavorative vanno computate nella spesa per il personale e, conseguentemente, soggiacciono alle relative limitazioni (cfr. Sez. Veneto par. n. 80 del 21 maggio 2009).
In ragione dell’assimilazione dell’istituto giuridico di cui trattasi all’assegnazione temporanea o al distacco di personale, inoltre, si ritiene che non occorra la costituzione di un nuovo contratto, ma che sia sufficiente un atto di consenso dell’amministrazione di provenienza. Il lavoratore, quindi, rimane legato al rapporto d’impiego con l’ente originario, ma rivolge parzialmente le proprie prestazioni lavorative a favore di altro ente pubblico in forza dell’autorizzazione dell’amministrazione di provenienza e nell’ambito di un unico rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto pubblico principale. La permanenza del rapporto, che deve essere a tempo pieno, presso l'amministrazione di appartenenza, si è ancora precisato, impone una particolare cura nell'applicazione delle prescrizioni stabilite a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore in tema di orario di lavoro giornaliero e settimanale. Quest’ultimo non potrà superare, nel cumulo delle prestazioni, la durata massima consentita, comprensiva del lavoro ordinario e del lavoro straordinario (cfr. Sez. Lombardia n. 3/2009 cit.).
Analoga ratio presenta la fattispecie di cui all’art. 14 CCNL cit., diretta all’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse umane in ambito locale ferma nell’ambito di uno stesso rapporto di lavoro, che resta invariato.
Ciò posto, risulta evidente la estraneità di simili fattispecie all’ambito di previsione del summenzionato art. 9 comma 28 D.L. n. 78/2010, così come sopra sinteticamente delineato (cfr. questa Sezione par. n. 200 del 23 maggio 2012).
Quest’ultima norma, invero, come rilevato, mira a limitare il ricorso, da parte delle pubbliche amministrazioni, a determinate forme flessibili di assunzione e, in particolare, al personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nell’ottica di conseguire un risparmio di spesa nel settore pubblico.
Diversamente, le fattispecie di cui ai ridetti art. 14 CCNL e art. 1 comma 557 L. n. 311/2004 non comportano l’ingresso di nuovo personale, la creazione di rapporti di lavoro del tipo di quelli dalla stessa indicati con incremento di spesa, consentendo, al contrario, un migliore utilizzo delle risorse già in forza nel settore pubblico, nei limiti di un unico rapporto di lavoro a tempo pieno.
In conclusione, la Sezione ritiene che esulino dall’ambito di applicazione dell’art. 9 comma 28 del D.L. n. 78/2010 le prestazioni lavorative rese ai sensi dell’art. 14 del CCNL del Comparto Regioni – Enti locali del 21 gennaio 2004, nonché dell’art. 1 comma 557 della L. n. 311/2004 da dipendenti di amministrazioni locali a favore dei soggetti pubblici previsti nelle norme medesime.
P.Q.M.
Nelle suesposte considerazioni è il parere di questa Sezione.
Copia del parere sarà trasmessa a cura del Direttore della Segreteria all’Amministrazione che ne ha fatto richiesta.
Così deliberato in Torino nella camera di consiglio del 12 giugno 2012.

Il Primo Referendario relatore
F.to Dott. Walter BERRUTI

Il Presidente
F.to Dott.ssa Enrica LATERZA

Depositato in Segreteria il 14/06/2012
Il funzionario preposto
F.to Dott. Federico SOLA
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Messaggio  tarli Gio 22 Nov 2012 - 9:30

Buonasera, sono in convenzione ex art. 14 ccnl con due enti, uno a 20 ore e l'altro a 16 ore. Indennità di P.O. aumentata da 12.000 a 16.000. Ora vuole entrare un ulteriore ente, nonostante io abbia detto in tutti i modi NO. Ad ogni modo vogliono 4 ore in convenzione art. 14 e ulteriori 10 ore con il comma 557.
Domanda 1: è possibile utilizzare la convenzione e anche il comma 557?
Domanda 2: cosa posso chiedere come maggiore compenso? Niente?? perchè da come la intendo io: la retribuzione di posizione rimane ovviamente inalterata, mentre percepisco solamente il compenso tabellare per le 10 ore. E' così?
Comunque salute a tutti e grazie -
Paolo: complimenti per la foto!!

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Messaggio  Paolo Gros Ven 23 Nov 2012 - 1:03

1- e' possibile utilizzare la convenzione e anche il comma 557 ancorche' tale utilizzo riguardi le ore extra convenzione da 36 a 48
2-ti consiglio di lasciar perdere poiche' il 557 prevede il pagamento della quota oraria della posizione economica posseduta ed a nulla rileva il fatto che tu sia gia' conbenzionato.
Paolo Gros
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Messaggio  tarli Ven 23 Nov 2012 - 1:27

Vorrei anch'io riuscire a lasciare stare ... però è un pò difficile. Grazie per la risposta. Buon lavoro

tarli

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