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Enti non profit, per l'esenzione conta l'uso dell'immobile
Di Sergio Trovato
Per l'esenzione parziale Imu degli immobili posseduti dagli enti non commerciali contano la superficie e il numero dei soggetti che li utilizzano per attività miste, commerciali e non commerciali. Se l'uso avviene per un parte dell'anno, il tributo si calcola facendo riferimento ai giorni durante i quali l'immobile è adibito a attività commerciali.
Lo prevede l'articolo 5 del decreto ministeriale del 19 novembre 2012 n. 200 (in vigore dall'8 dicembre), che contiene le disposizioni di dettaglio per individuare il rapporto proporzionale all'interno di uno stesso immobile, finalizzato al riconoscimento dell'esenzione Imu solo sulla parte in cui gli enti non profit esercitano l'attività non commerciale.
L'articolo 91-bis del dl liberalizzazioni (1/2012), in sede di conversione in legge (27/2012), richiamato nel decreto ministeriale, ha previsto che gli enti non profit pagano l'Imu se sugli immobili posseduti vengono svolte le attività sanitarie, ricettive, didattiche, ricreative, sportive e via dicendo, elencate in modo tassativo dall'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 504/1992.
Tuttavia, qualora l'unità immobiliare abbia un'utilizzazione mista, l'esenzione si applica solo sulla parte nella quale si svolge l'attività non commerciale, sempre che sia identificabile. La parte dell'immobile dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente deve invece essere iscritta in catasto e la rendita produce effetti a partire dal 1° gennaio 2013.
Nel caso in cui non sia possibile accatastarla autonomamente, l'agevolazione spetta in proporzione all'uso non commerciale dell'immobile. Considerata la difficoltà di individuare quale parte dell'immobile venga utilizzata con modalità non commerciali, sono state emanate disposizioni attuative per determinare il tributo dovuto.
Nel regolamento Imu, infatti, sono indicati i parametri per stabilire come assoggettare a imposta la parte degli immobili adibita a attività commerciali. L'articolo 5 di questo provvedimento detta le regole per calcolare il rapporto proporzionale. Nello specifico, è necessario fare riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali o non commerciali e al tempo durante il quale l'immobile è destinato a un determinato uso.
Secondo la norma, per le unità immobiliari destinate a un'utilizzazione mista, la proporzione «è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, e delle attività di cui alla citata lettera i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell'immobile». Rileva inoltre il numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività vengono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo di quelli che utilizzano la struttura. Altro elemento che assume rilevanza è il tempo.
Se nell'immobile viene svolta un'attività diversa da quelle elencate dalla norma per le quali è previsto il beneficio fiscale solo per un periodo dell'anno, per calcolare il tributo contano i giorni durante i quali l'immobile ha questa destinazione. Le percentuali determinate secondo questi parametri, che devono essere indicati per ciascun immobile nella dichiarazione Imu, in base all'articolo 5, «si applicano alla rendita catastale dell'immobile in modo da ottenere la base imponibile» per quantificare l'imposta dovuta.
In realtà, però, queste nuove regole non sono semplici da applicare. In primo luogo, è difficoltoso per i comuni accertare all'interno di uno stesso immobile quale superficie è destinata alle attività svolte con modalità non commerciali o il numero dei soggetti che lo utilizzano per questo fine. Inoltre, non sono chiare neppure le modalità di calcolo della base imponibile. È facile immaginare che a partire dal prossimo anno si creerà un contenzioso tra enti e comuni sull'individuazione all'interno di uno stesso immobile, con un'unica rendita, della parte destinata a attività commerciali.
Quindi se un immobile non può essere frazionato, perché non è possibile individuare una parte che abbia autonomia funzionale e reddituale, sarà demandato al contribuente il compito di fissarne le proporzioni e certificare quale sia quella destinata alle attività non profit.
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Enti non profit, per l'esenzione conta l'uso dell'immobile
Di Sergio Trovato
Per l'esenzione parziale Imu degli immobili posseduti dagli enti non commerciali contano la superficie e il numero dei soggetti che li utilizzano per attività miste, commerciali e non commerciali. Se l'uso avviene per un parte dell'anno, il tributo si calcola facendo riferimento ai giorni durante i quali l'immobile è adibito a attività commerciali.
Lo prevede l'articolo 5 del decreto ministeriale del 19 novembre 2012 n. 200 (in vigore dall'8 dicembre), che contiene le disposizioni di dettaglio per individuare il rapporto proporzionale all'interno di uno stesso immobile, finalizzato al riconoscimento dell'esenzione Imu solo sulla parte in cui gli enti non profit esercitano l'attività non commerciale.
L'articolo 91-bis del dl liberalizzazioni (1/2012), in sede di conversione in legge (27/2012), richiamato nel decreto ministeriale, ha previsto che gli enti non profit pagano l'Imu se sugli immobili posseduti vengono svolte le attività sanitarie, ricettive, didattiche, ricreative, sportive e via dicendo, elencate in modo tassativo dall'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 504/1992.
Tuttavia, qualora l'unità immobiliare abbia un'utilizzazione mista, l'esenzione si applica solo sulla parte nella quale si svolge l'attività non commerciale, sempre che sia identificabile. La parte dell'immobile dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente deve invece essere iscritta in catasto e la rendita produce effetti a partire dal 1° gennaio 2013.
Nel caso in cui non sia possibile accatastarla autonomamente, l'agevolazione spetta in proporzione all'uso non commerciale dell'immobile. Considerata la difficoltà di individuare quale parte dell'immobile venga utilizzata con modalità non commerciali, sono state emanate disposizioni attuative per determinare il tributo dovuto.
Nel regolamento Imu, infatti, sono indicati i parametri per stabilire come assoggettare a imposta la parte degli immobili adibita a attività commerciali. L'articolo 5 di questo provvedimento detta le regole per calcolare il rapporto proporzionale. Nello specifico, è necessario fare riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali o non commerciali e al tempo durante il quale l'immobile è destinato a un determinato uso.
Secondo la norma, per le unità immobiliari destinate a un'utilizzazione mista, la proporzione «è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, e delle attività di cui alla citata lettera i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell'immobile». Rileva inoltre il numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività vengono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo di quelli che utilizzano la struttura. Altro elemento che assume rilevanza è il tempo.
Se nell'immobile viene svolta un'attività diversa da quelle elencate dalla norma per le quali è previsto il beneficio fiscale solo per un periodo dell'anno, per calcolare il tributo contano i giorni durante i quali l'immobile ha questa destinazione. Le percentuali determinate secondo questi parametri, che devono essere indicati per ciascun immobile nella dichiarazione Imu, in base all'articolo 5, «si applicano alla rendita catastale dell'immobile in modo da ottenere la base imponibile» per quantificare l'imposta dovuta.
In realtà, però, queste nuove regole non sono semplici da applicare. In primo luogo, è difficoltoso per i comuni accertare all'interno di uno stesso immobile quale superficie è destinata alle attività svolte con modalità non commerciali o il numero dei soggetti che lo utilizzano per questo fine. Inoltre, non sono chiare neppure le modalità di calcolo della base imponibile. È facile immaginare che a partire dal prossimo anno si creerà un contenzioso tra enti e comuni sull'individuazione all'interno di uno stesso immobile, con un'unica rendita, della parte destinata a attività commerciali.
Quindi se un immobile non può essere frazionato, perché non è possibile individuare una parte che abbia autonomia funzionale e reddituale, sarà demandato al contribuente il compito di fissarne le proporzioni e certificare quale sia quella destinata alle attività non profit.
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