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Decadenza del sindaco - sfiducia al vice sindaco?

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Decadenza del sindaco - sfiducia al vice sindaco? Empty Decadenza del sindaco - sfiducia al vice sindaco?

Messaggio  vinx Lun 28 Gen 2013 - 17:07

Nel caso di decadenza del sindaco a causa di incompatibilità tra la carica di sindaco e di senatore, in attesa delle successive elezioni restano in carica sia la Giunta Comunale che il Consiglio Comunale. Il vicesindaco assume le funzioni di sindaco. In virtù delle funzioni di sindaco assunte, il vicesindaco può essere sfiduciato dal Consiglio attraverso mozione di fiducia? Se sì, cosa succede? Si nomina un nuovo vicesindaco o subentra un commissario prefettizio?

vinx

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Decadenza del sindaco - sfiducia al vice sindaco? Empty vice sindaco

Messaggio  Paolo Gros Lun 28 Gen 2013 - 23:29

La figura del vicesindaco è stata introdotta nel nostro ordinamento dal comma 2 dell’art. 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, in luogo dell’assessore “effettivo” delegato - secondo il vecchio ordinamento (art. 67 comma 1 R.D. 12.02.1911, n. 297) - a sostituire il sindaco in caso di bisogno.
E’ opportuno tuttavia tener presente che la giurisprudenza, prima ancora che la legge n. 81 del 1993 lo ripristinasse espressamente, aveva definito che il c.d. vicesindaco era da considerarsi “figura organizzatoria imprescindibile per un ordinato funzionamento del sistema delle competenze” (T.a.r. Toscana, sez. II, 28.01.1992, n. 5). Ciò trova, d’altra parte, una conferma di ordine testuale nella stessa legge n. 142 del 1990, che, all’art. 38, quarto e settimo comma, faceva già riferimento a “chi sostituisce il sindaco” e a “chi ne esercita le funzioni” (sia pure solo a proposito di quelle connesse alla qualità di ufficiale di Governo), evidentemente presupponendone l’esistenza, anche a prescindere dalla esplicita previsione normativa. L’articolo in esame, ovviamente, lasciò perplessi perché introduceva nell’ordinamento (incidenter tantum, si badi bene) un accenno ad un sostituto del sindaco senz’altro aggiungere circa i criteri per l’identificazione dello stesso. Gli Statuti, necessariamente dovettero ovvia
Oltre alle proprie ordinarie attribuzioni di assessore, eventualmente delegato dal Sindaco per talune materie o atti, il vicesindaco è chiamato dalla legge ( articolo 53, comma 1 e 2 del T.U. degli enti locali , il quale non fa altro che riprodurre quanto già disposto in precedenza dall’art. 37-bis della L. 142/90 -introdotto, a sua volta, dalla L. 81/93-) a svolgere le funzioni vicarie in una serie di ipotesi che sia la dottrina che lo stesso Consiglio di Stato a ragion veduta tiene distinte tra di loro.
Si distinguono, in proposito, due fattispecie di sostituzione :
1) la reggenza continuativa di cui al 1° comma del richiamato articolo 53;
2) la supplenza temporanea di cui al 2° comma del richiamato articolo 53.
La prima si concretizza quando la carica di capo dell’amministrazione risulta vacante per impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del Sindaco ed è caratterizzata per la sua straordinarietà e temporaneità, perché lo stesso evento (cessazione anticipata del Sindaco) che ne cagiona la comparsa determina la decadenza del consiglio e della giunta, mantenuti provvisoriamente in carica sino alle nuove elezioni in regime di prorogatio ( si parla di ipotesi di cessazione straordinaria del mandato da parte del capo dell’esecutivo, per distinguerle dalla cessazione ordinaria, che si verifica alla scadenza dello stesso);
Non mera supplenza, ma sostituzione(o reggenza) nello svolgimento delle funzioni ha luogo in questi casi. Si tratta, a ben vedere, di tecnica derogatoria a quella dettata dalla stessa norma per disciplinare la gerenza degli altri organi decaduti (giunta) o avviati allo scioglimento (consiglio); difatti, mentre per questi la legge prevede la prorogatio, per quanto riguarda il sindaco, essa prevede l’immediata sostituzione da parte dell’organo vicario.
Resta, invece, affidata al Commissario straordinario la gestione temporanea dell’Ente nel caso che la cessazione dalla carica del Sindaco abbia origine dalle sue dimissioni o dall’approvazione, da parte del consiglio comunale, di una mozione di sfiducia nei suoi confronti.
La seconda ipotesi, invece, si realizza quando il titolare della carica si ritrova in una delle seguenti condizioni :
1) seppure presente è occupato nell’esercizio di altre funzioni d’istituto ( in questo caso si parla di impedimento temporaneo materiale) o versi in una situazione di astensione obbligatoria nei confronti di un atto ( si è invece in presenza di un impedimento temporaneo giuridico);
2) È materialmente assente per una qualsiasi ragione ad esempio malato, in ferie ecc.;
3) È sospeso dalle funzioni ai sensi dell’articolo 59 del T.U. degli enti locali;
la surrogazione assume, in questo caso, il carattere di evento normale, non eccezionale, nei quali il sindaco può rientrare in carica al cessare dei motivi che hanno determinato la sospensione o il momentaneo impedimento. Per questo motivo si suole parlare, in dottrina, di supplenza (o di sostituzione temporanea).
La situazione giuridica che si viene a creare nei casi di cui al comma 2 si caratterizza per la coesistenza di due soggetti nella medesima carica: il titolare, che è impossibilitato ad esercitarne le funzioni, in quanto fisicamente lontano da essa, ed il supplente, che le medesime funzioni è chiamato ad esercitare per tutto il tempo in cui quello non è in condizione di attendervi di persona.
Entrambe le prime due fattispecie del comma 2 sono caratterizzate dalla durata, presumibilmente breve, e per la previsione di una rapida riassunzione delle funzioni da parte del titolare. Invece la terza, sebbene associata alle precedenti, in realtà se ne differenza per varie ragioni, in primo luogo per la durata, in genere non prevedibile ma verosimilmente lunga, poi per l’incertezza del suo esito ( è possibile che il titolare venga reintegrato nelle sue funzioni al termine del periodo massimo di interdizione ora fissato dall’articolo 1 della legge n. 475 del 1999, ma è anche possibile che ciò non avvenga sia perché la sospensione si può mutare in una pronuncia di decadenza proposta dalla competente Prefettura, sia perché il mandato dell’amministrazione comunale giunga alla sua scadenza naturale prima che si sia concluso il processo penale a carico del Sindaco), ma soprattutto se ne differenzia in quanto non trattandosi di mero ed occasionale impedimento di fatto ma di interdizione giuridica il titolare non
Da ciò è facilmente deducibile che il problema riflettente l’estensione dei poteri del supplente si pone più sul piano dell’opportunità politico-amministrativa che su quello della stretta legittimità, anche in considerazione della consapevolezza del sostituto di adottare atti coerenti con le intenzioni del titolare non fosse altro perché una volta rientrato quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni potrà revocare o modificare quegli atti o perfino revocare il suo incarico di vicesindaco ed estrometterlo dalla giunta.
In altre parole, l’assenso (anche tacito e a fatto compiuto) del titolare conferisce “copertura politica” a tutte le iniziative del supplente, tanto da identificare la legittimazione politica di quest’ultimo con quella del titolare. Ancora di più, dunque, dal punto di vista della legittimazione giuridica e formale l’attività del supplente non incontra limiti prestabiliti.
In effetti, la necessità della continuità dell’azione amministrativa esige che in ogni momento vi sia un soggetto giuridicamente legittimato ad adottare tutti i provvedimenti oggettivamente indispensabili per il raggiungimento dell’interesse pubblico, proprio perchè è la stessa normativa che inequivocabilmente ha voluto evitare che l’impedimento personale del Sindaco si risolvesse in una moratoria dell’attività amministrativa o in una deminutio capitis dell’amministrazione.
La sostituzione e l’assunzione delle funzioni vicarie da parte del vicesindaco, come emerge dal dato normativo, avvengono in maniera automatica al verificarsi di uno qualsiasi degli eventi tassativamente previsti, senza bisogno di alcun altro provvedimento che legittimi il fatto.
A questo scopo, è pertanto sufficiente l’atto di nomina, che rileva come strumento per l’individuazione del soggetto, cui l’ordinamento attribuisce quei determinati poteri. Ai quali, in quanto originari e perciò non ripetuti da altri soggetti previa spoliazione, non è consentito opporre limitazioni o condizionamenti di sorta.
Tale modalità di attribuzione diretta di funzioni, si diversifica in modo evidente tanto dalla delega interorganica quanto dalla delega della firma e da quella interna. In tutti questi istituti, infatti, l’esercizio del potere trae legittimazione da un atto formale del soggetto, che ne è titolare esclusivo, in sostituzione del quale il delegato agisce. Si è in presenza, come è evidente, di attribuzioni disposte intuitu personae, che sono destinate a divenire inoperanti, oltre che con la revoca, con la cessazione dalla carica del soggetto che le ha conferite, il delegante appunto.
Al contrario ovviamente del vicesindaco, che opera, iure proprio, sia pure in luogo di altri soggetti, quando questi non solo siano temporaneamente impediti, assenti o sospesi ma anche e soprattutto quando gli stessi siano irrimediabilmente cessati dalla carica.
E proprio per questo potere attribuitogli direttamente dalla normativa vigente è necessario che il sostituto espliciti nell’atto amministrativo, o di altro genere, adottato in via sostitutiva, il titolo (assenza, impedimento, ecc.) che legittimi l’esercizio della potestà vicaria; in realtà, anche nel caso in cui ciò non emerga dall’intero contesto dell’atto emanato dal vicesindaco, ossia pur “in assenza di tale esplicitazione, continua ad operare la presunzione iuris tantum che l’esercizio della potestà sostitutiva sia avvenuto nel rispetto dei presupposti di legge, con la conseguenza che sarà onere del destinatario del provvedimento, o di chi ne abbia interesse, dedurre e provare la insussistenza di detti presupposti; ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione proposto dall’amministrazione comunale in persona non del sindaco, ma del vicesindaco, a nulla rileva, ai fini della inammissibilità del ricorso stesso, la mancata indicazione, nella procura, delle ragioni di assenza o impedimento del sindaco,
Delineato l’intero quadro normativo oggi presente, è possibile affermare che nell’ipotesi di attivazione delle funzioni vicarie nessuna norma positiva identifica atti riservati al titolare della carica e vietati a chi, per legge, lo sostituisce.
Entrando, quindi nelle specifiche competenze attribuite al vicesindaco, il primo problema che la dottrina ha dovuto affrontare riflette la legittimità della sostituzione del Sindaco alla presidenza del Consiglio comunale nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, in cui non sia prevista una figura autonoma del presidente del Consiglio, nell’ipotesi di nomina di un vicesindaco esterno all’organo stesso.
Mentre parte della dottrina, nel silenzio della normativa vigente, non avverte alcun elemento ostativo alla eventuale presidenza da parte di un soggetto estraneo all’assemblea, a condizione che tale ipotesi sia espressamente prevista dalla norma statutaria, che ai sensi dell’articolo 39, comma 3 del T.U. degli enti locali, può prevedere una differente previsione nella scelta del presidente del Consiglio, senza alcun limite potendo considerare questa previsione normativa una disposizione di carattere speciale, il Consiglio di Stato, in sede consultiva,( parere del 21 febbraio 1996, n.94), invece, non ritiene percorribile questa soluzione in base alla applicazione del principio generale che non ammette, nel nostro ordinamento, la delega o sostituzione nelle funzioni di componente delle assemblee elettive.
Infatti la normativa vigente attribuisce al Sindaco direttamente ed esclusivamente tali funzioni, considerandolo membro di diritto del Consiglio Comunale e, nei comuni inferiore ai 15.000 abitanti, presidente del consiglio stesso. A sostegno di quanto affermato lo stesso alto Consesso precisava che solo una disposizione fortemente innovativa e certamente eccezionale, quale quella contenuta nell’articolo 22,comma 2 della legge n. 81/93 (oggi articolo 45 del T.U. degli enti locali) prevedeva, nell’ipotesi del consigliere comunale, sospeso dalle funzioni ai sensi dell’articolo 15, comma 4-bis della legge 55/90 (il cui contenuto, oggi è stato riportato nell’articolo 59 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267), la “supplenza” da parte del primo dei non eletti della stessa lista.
E proprio per la sua eccezionalità la stessa norma stabilita esplicitamente per i consiglieri pur non potendo essere estesa anche al Sindaco, tuttavia avrebbe solamente, in caso di applicazione estensiva, portato ad investire della supplenza- beninteso limitatamente alle funzioni di componente del consiglio comunale- il primo dei non eletti della lista, o del raggruppamento delle liste collegate al Sindaco e non certamente il vicario dello stesso Sindaco.
Ancora il parere del Consiglio di Stato si sofferma sull’applicabilità alla fattispecie che stiamo esaminando di un’altra particolare competenza propria del Sindaco attribuitagli dall’articolo 64 del T.U., secondo cui non possono far parte della giunta il coniuge, i parenti e gli affini del primo cittadino.
Ma questa volta, pur arrivando ad una conclusione condivisibile circa la estensione al vicesindaco del divieto di nomina nella giunta di suoi congiunti in considerazione che la norma sia volta a prevenire potenziali conflitti di interesse derivanti dalla presenza in giunta di soggetti legati a chi svolge in concreto le funzioni di capo dell’amministrazione, nulla evidenzia nell’ipotesi in cui un membro della giunta in carica al momento della sostituzione sia legato da un vincolo familiare al vicesindaco.
In effetti, è proprio l’argomentazione seguita dal Consiglio di Stato nel parere del 14 giugno 2001 n.501, che ci induce a pensare, che tale possibilità (cioè coesistenza nello stesso organo giuntale di due componenti legati da un vincolo familiare), anche se implicitamente, era stata prevista dallo stesso legislatore, il quale sicuramente non ha potuto “dimenticare”, nello scrivere la norma di cui all’articolo 64 del T.U., tutte le competenze conferite, dallo stesso T.U., a questa nuova figura istituzionale (vicesindaco) e nonostante ciò non abbia voluto porre anche per il sostituto un esplicito simile divieto.
Va ricordato infatti che i profili di incompatibilità, incidendo sul diritto all’esercizio di pubbliche funzioni, garantito dall’articolo 51 della Costituzione, devono essere esplicitamente previste da norme di legge, senza che possa mai ipotizzarsi un’interpretazione di tipo analogico.
Del resto non sembrerebbe neanche praticabile nella fattispecie l’ipotesi di una incompatibilità sopravvenuta, che in qualche modo possa instaurare il procedimento di decadenza dalla carica di assessore perché, come fin ora argomentato, siamo in presenza di una sostituzione momentanea e temporanea che in qualsiasi momento può terminare facendo così venir meno anche la stessa causa di incompatibilità.
Alla luce di quanto detto non sembra sussistere alcun impedimento alla contestuale presenza nell’organo giuntale di due componenti (vice sindaco e assessore) legati da un vincolo familiare anche quando il primo, per i casi tassativamente previsti dalla legge, sostituisca il Sindaco se non per gli argomenti dove ai sensi del comma 2 dell’articolo 78 del d.lgs. 18 agosto 2000,n. 267 sussiste l’obbligo di astensione.
È questa la fattispecie, che unitamente al divieto di nomina di un sub sostituto da parte del sindaco facente funzione, di cui riferisce lo stesso parere del Consiglio di Stato, esclusa dalle ampie prerogative attribuite a questa indispensabile nuova figura istituzionale.
Fonte:erasmi.it
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