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Messaggio  Ospite Ven 10 Mag 2013 - 11:08

La ricetta miracolosa per uscire dalla crisi. Osannata da Confindustria, dai Sindacati, dai politici questa magica parola sembra essere la panacea di tutti i mali. Può darsi che ciò corrisponda a verità.
Il problema è come si fa a crescere...chi volete che investa in questo Paese dove il costo del lavoro è elevato, le tasse all'inverosimile, la burocrazia un'assurdità, la giustizia più lenta di una lumaca, la stretta creditizia, le infrastrutture una schifezza, l'incertezza totale in qualsiasi settore, l'ASL, l'ARPA, l'ISPSEL, INAIL, etc. mostri che ti strangolano.
Altro che crescita, vedo solo anni di stagnazione, di tirar cinghia, e di tanti buffoni che si avvicenderanno al governo del paese.
E il bello di tutto questo è che il maggior responsabile dello sfascio è il popolo bue e sovrano. Evil or Very Mad

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Messaggio  Lucio Guerra Sab 11 Mag 2013 - 7:29

lo dicevo che delirio e cavaldonato era meglio che continuassero a fare i sindaci...... e forse nemmeno quello

L'anagrafe della spesa. Via anche al regime di monitoraggio dei debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei propri fornitori. Con un emendamento all'art. 7 è stato infatti previsto che ogni anno, a partire dal 1° gennaio 2014, entro il 30 aprile, le p.a. dovranno comunicare attraverso l'apposita piattaforma telematica tutti i debiti scaduti e non ancora pagati alla data del 31 dicembre precedente.

Ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni che risulteranno inadempienti o che adempiranno con ritardo, saranno applicate le relative sanzioni. Soddisfatto del risultato ottenuto con l'approvazione dell'emendamento a sua firma è Enrico Zanetti (Scelta Civica), secondo il quale «con questo meccanismo avremo nel tempo un quadro certo e aggiornato dei debiti che le pubbliche amministrazioni non avranno onorato nei tempi previsti, assicurando così che futuri piani di pagamento degli arretrati possano avvenire con procedure immediate».

A tal fine, è stato approvato un altro emendamento all'art. 6, in base al quale le associazioni di categoria potranno stipulare delle convenzioni con il ministero dell'economia, tramite le quali esse stesse potranno fornire al dicastero le informazioni circa la situazione debitoria in cui versa la pubblica amministrazione.
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Messaggio  giorgi.bruno Dom 12 Mag 2013 - 0:59

Anelli Claudio ha scritto:La ricetta miracolosa per uscire dalla crisi. Osannata da Confindustria, dai Sindacati, dai politici questa magica parola sembra essere la panacea di tutti i mali. Può darsi che ciò corrisponda a verità.
Il problema è come si fa a crescere...chi volete che investa in questo Paese dove il costo del lavoro è elevato, le tasse all'inverosimile, la burocrazia un'assurdità, la giustizia più lenta di una lumaca, la stretta creditizia, le infrastrutture una schifezza, l'incertezza totale in qualsiasi settore, l'ASL, l'ARPA, l'ISPSEL, INAIL, etc. mostri che ti strangolano.
Altro che crescita, vedo solo anni di stagnazione, di tirar cinghia, e di tanti buffoni che si avvicenderanno al governo del paese.
E il bello di tutto questo è che il maggior responsabile dello sfascio è il popolo bue e sovrano. Evil or Very Mad

Il fatto che si vedano presso un'abbazia da l'idea che l'unica soluzione sia un miracolo, abdicando all'intelligenza, alla storia e alle nostre conoscenze passate.

La crisi si è manifestata non da ora ma da circa un trentennio. Io all'università (fine anni ottanta inizio novanta) l'ho studiata e già allora si parlava di un percorso già avviato da oltre un decennio che derivava dalla fine dell'effetto positivo delle politiche keynesiane. Oggi chi ce la vuole far propinare come "recente" o dall'altra parte come derivante dalle politiche neo-liberiste commette, in modo diverso, lo stesso errore. La crisi c'è perchè il capitale non riesce a reimpiegare i lavorati messi fuori dall'innovazione tecnologica. La crisi è una connotazione tipica del capitalismo ed è la manfestazione della troppa crescita ovvero dell'incapacità a sfruttare la troppa crescita a fini sociali STOP. Tutto il resto (mercato mondiale, speculazioni finanziarie, spostamento dei capitali all'estero) sono chiacchiere relativi a fasi di un processo già note in economie dall'ottocento e che accompagnano ogni crisi, ma non connota certo il processo di crisi. Se il capitale o (per il suo tramite) lo stato riesce a reimpiegare la stessa quantità di lavoratori resi superflui bene, altrimenti nascono le crisi ovvero un più o meno lungo periodo di distruzione di risorse. Ma siccome il lavoratore, per le regole della società in cui viviamo, è una merce come le altre, che si propone in cambio di un salario, anch'essa subisce in primis gli effeti della crisi e viene distrutta insieme al capitale fisso (edifici vuoti, ospedali dismessi, fabbriche senza macchinari e produzione, laureati altamente professionali senza lavoro, ecc.).
Se restiamo nel nostro ambito lavorativo (informatizzazione dei processi, le stampe, il servizio postale, la comunicazione, la pubblicità, il controllo, il monitoraggio, ecc.) ci rendiamo conto che con l'impiego delle nuove tecnlogie la fuoriuscita di lavoratori è inevitabile. E siccome non è possibile impiegarli in altre attività (che sarebbero necessarie) senza che il privato possa averne un beneficio ci siamo fermati in attesa del crollo che puntualmente si presenta.

La crisi attuale è un processo lungo ed articolato che oggi sta attraversando alcune fasi "congenite". La stessa è partita alla fine degli anni 70 dalla crisi del sistema del "welfare state keynesiano" come tra l'altro ampiamente previsto dallo stesso sostenitore. Chi pensa di superarla con formule progressiste (vedi stiglitz e krugmann) riproponendo di fatto il vecchio modello keynesiano fallisce come (questo è invece sotto gli occhi di tutti) chi pensa di rifilarci politiche neo-liberiste. Keynes propose un modello (da lui stesso definito temporaneo e valevole per circa 3/4 generazioni) che trovava d'accordo le spinte sociali al cambiamento (soddisfazione dei bisogni) e le ambizioni del capitale che poteva continuare a riprodursi all'interno dello stesso sistema, continuando a crescere che è lo scopo unico ed ultimo. Il problema è che alcuni si sono fermati al keyenes (prima deriso come sognatore e poi ritenuto profeta e covinto sostenitore che se aspettiamo il lungo periodo saremo tutti morti) senza leggere la parte finale delle sue tesi quando scrisse: attenzione, però, terminata la fase propulsiva legata all'effetto moltiplicatore occorre ripensare la forma di società propronendo per farla breve una drastica riduzione dell'orario della giornata lavorativa. Naturalmente questo concetto ha due forti complicazioni. Una è certamente la visione dei conservatori che pensano che invece bisogna lavorare di più perchè si pensa che viviamo in un'epoca di povertà. Ma l'ostacolo più difficile da rimuovere secondo keynes sarebbe stato invece quello "mentale e comportamentale" di ognuno di noi. Sostanzialmente prevedeva con una lucidità rivelatasi impressionante, la difficoltà con cui la società poteva recepire questa necessità storica. Secondo keynes il problema principale della società (ovvero lavorare per garantire la sopravvivenza e l'esistenza) era e lo sarà con maggior forza in fututo superato. Questo comportava uno stravolgimento epocale nella nostra vita in quanto l'uomo non ha mai avuto altri obiettivi e non è mai stato abituato a "non lavorare" e agestire la stragrande parte del suo tempo per altri scopi diversi da quelli legati alla riproduzione. Per farci capire lo stato in cui saremmo caduti proponeva di guardare allo stadio di decadenza della classe (da sempre) d'avanguardia ovvero l'aristocrazia che essendo libera ben prima di noi dall'esigenza principale degli esseri umani (lotta all'esistenza) si trova proiettata in un mondo libero dal lavoro (beati loro) senza però saperlo vivere positivamente.
Ecco noi siamo fermi a questa contraddizione:
Chi sostiene keynes lo ripropone meccanicamente senza cercare di andare oltre (come keynes tra l'altro invitava a fare ...) senza capire che la dinamica dell'economia lo ha reso "superfluo".
Chi non lo sostiene pensa sia stata tutta colpa delle politiche keynesiane e quindi occorre ritornare ad un modello economico del lassaiez faire, un modello entrato in crisi già 150 anni fa nella seconda metà dell'ottocento con la grande depressione ovvero un modello dove gli impiegati pubblici erano un ventesimo di quelli attuali ed i servizi di cui godevono i cittadini praticamente inesistenti.

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Messaggio  andrea01 Dom 12 Mag 2013 - 3:01

ANELLI CLUDIO HA SCRITTO:E il bello di tutto questo è che il maggior responsabile dello sfascio è il popolo bue e sovrano.
Condivido quasi tutto quello che è stato affermato....il quasi si riferisce alla parola sovrano riferito al Popolo..ehhh no il Popolo è solo Bue NON E SOVRANO O NON SA DI ESSERLO|E QUESTO E IL PIU GROSSO GUAIO.
IL POPOLO DEVE FAR PAURA AGLI ONOREVOLI E NO GLI ONOREVOLI FAR PAURA AL POPOLO.
LIBERIAMOCI DALLA SINDROME DI STOCCOLMA E FACCIAMO UN RESET COMPLETO COSTI QUEL CHE COSTI.
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Messaggio  Ospite Dom 12 Mag 2013 - 6:37

La crisi c'è perchè il capitale non riesce a reimpiegare i lavorati messi fuori dall'innovazione tecnologica

Questa affermazione dovrebbe valere per l'intero pianeta. Eppure Stati Uniti, Giappone, Cina, Indonesia, India, America Latina, Nord Europa, Russia ( parliamo dei 3/4 del Pianeta) non hanno i problemi che ci ritroviamo, ovvero, disoccupazione, chiusura fabbriche, stretta creditizia, bassi salari. In Italia le uniche Imprese che non hanno problemi sono quelle che esportano, perchè c'è domanda fuori dal nostro paese, mentre soffrono le imprese che si rivolgono al mercato interno semplicemente perchè non c'è domanda a causa dei bassi salari. E in Italia i salari sono bassi perchè non c'è produttività, perchè il costo del lavoro è elevato, perchè ci sono troppe tasse e troppi costi per unità di prodotto.
Non mi intendo di economia, ma quattro conti matematici so farli: se il mio stipendio fosse impinguato con ulteriori 400 euro mensili, riuscirei a comprare quei prodotti anche voluttuari, che oggi mi guardo bene dall'acquistare. Quindi nel mio piccolo contribuisco alla difficoltà delle Imprese che producono e vendono sul mercato interno. Quei 400 euro dovrebbero arrivare da un taglio delle tasse, che questo Stato non si può permettere perchè non ha il coraggio/capacità di tagliare quella spesa improduttiva che grava sui nostri conti. E la spesa improduttiva di cui parlo è quella che foraggia quel sottobosco politico e privato clientelare e corrotto.

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