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sui debiti fuori bilancio e decreto ingiuntivo

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sui debiti fuori bilancio e decreto ingiuntivo Empty sui debiti fuori bilancio e decreto ingiuntivo

Messaggio  francodan Ven 29 Lug 2011 - 4:58

un interessante parere della sezione campania 384 2011 sui debiti fuori bilancio e decreti ingiuntivi opposti e sulla doverosità delle procedure di riconoscimento ai fini contabili e non in senso di riconoscimento legale dell'obbligazione che invece forma oggetto di diversa procedura giudiziale.

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CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA
Parere n. 384 /2011
Composta dai seguenti magistrati:
Presidente di Sezione Dr. Vittorio Lomazzi
Consigliere Dr. Silvano Di Salvo
Consigliere Dr. Tommaso Viciglione relatore
Consigliere Dr. Corradino Corrado
Consigliere Dr. Francesco Uccello
Consigliere Dr.ssa Laura Cafasso

ha adottato la seguente deliberazione nell’adunanza del 26 luglio 2011
.
Visto l’art.100, comma 2, della Costituzione;
Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3;
Vista la legge 5 giugno 2003 n° 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3;
Visto il r.d. 12 luglio 1934, n° 1214 e le successive modificazioni ed integrazioni, recante l’approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti;
Vista la legge 14 gennaio 1994 n° 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e control-lo della Corte dei conti;
Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, appro-vato dalle Sezioni riunite con deliberazione n° 14/DEL/2000 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni;
Vista, in particolare, la deliberazione n° 229 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, approvata in data 19 giugno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007 n° 244;
Visto il parere reso dal Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo con nota prot. n° 7469 in data 22 giugno 2009;
Vista la deliberazione n° 9/SEZAUT/2009/INPR della Sezione delle autonomie della Corte dei conti in data 4 giugno-3 luglio 2009;
Visto l’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009 n° 78, convertito nella legge 3 ago-sto 2009 n° 102;
Vista la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Campania n° 74/2009 del 30 settembre 2009;
Viste, altresì, la deliberazione n° 8/AUT/2008 del 12 maggio-4 luglio 2008, nonché la nota del Presidente della Corte dei conti n° 2789 del 28 settembre 2009;
Vista la nota prot. n° 5673 in data 11/5/2011 (acquisita in data 17.5.2011), con la quale il Commissario Straordinario del Comune di San Marco Evangelista (Ce) ha fatto pervenire a questa Sezione richiesta di parere;
Vista l’ordinanza presidenziale n° 34/2011 con la quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione;
Udito il relatore, Consigliere Tommaso Viciglione,

FATTO

Con la nota sopra indicata, il Commissario Straordinario del Comune di San Marco Evangelista (Ce) faceva pervenire a questa Sezione richiesta di parere del seguente tenore:
“...Si sottopongono a codesta Spett.le Corte i seguenti quesiti inerenti alla tematica in oggetto, essendo stati notificati a questo Comune decreto ingiuntivo dichiarato, nel corso del giudizio di opposizione, provvisoriamente esecutivo e sentenza di primo grado relativa ad altro giudizio:
1) In relazione al disposto di cui all'art. 194 c. 1, lettera a) del T.U.E.L., si chiede di sapere se possono annoverarsi tra i debiti riconoscibili quelli derivanti da sentenze di primo grado e da decreto ingiuntivo opposto, ma dichiarato, in corso di causa, provvisoriamente esecutivo;
2) La seconda tematica riguarda la legittimità di un riconoscimento di debito fuori bilancio deri-vante da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo allorquando sussista la possibilità di operare una compensazione del debito con credito derivante da altro titolo, nella specie da sentenza, laddove i relativi giudizi, di opposizione al decreto ingiuntivo e di appello a sentenza, siano ancora in corso ...”.
DIRITTO

A) In rito, ricorda la Sezione che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 prevede che gli Enti Locali possano chiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “… di norma, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali …”.
Riguardo a tale aspetto, ritiene la Sezione non esservi motivo per discostarsi dall’orientamento sin qui seguito da tutte le Sezioni, secondo cui la mancata costituzione di detto Organismo (pur previsto nello Statuto della regione Campania recentemente approvato con la legge regionale n 6 del 28 maggio 2009) non può fondare ragioni di preclusione dell’esercizio di una facoltà attri-buita dalla legge agli Enti Locali ed alla stessa Regione.
Pertanto, nelle more della costituzione, nella regione Campania, del predetto Consiglio delle Autonomie Locali, la richiesta di parere deve considerarsi ammissibile, sotto il profilo soggetti-vo, se ed in quanto formulata dall’organo di vertice dell’Amministrazione comunale, legittimato ad esprimere la volontà dell’Ente, essendo munito di rappresentanza legale esterna ai sensi dell’art. 50 del D.L.vo n. 267/2000.
B) Sotto il profilo oggettivo, si formulano le osservazioni di cui appresso.
B-1) Va, in primo luogo sottolineato che, con la deliberazione n. 54/CONTR/10 del 21 ottobre e 8 novembre 2010 (depositata il 17 novembre 2010), le Sezioni Riunite di questa Corte, in sede di controllo - ex art. 17, comma 31, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 – nel richiamare la deliberazione della Sezione delle Autonomie di questa Corte n. 5 del 17 febbraio 2006 e, nel condividere ““le conclusioni cui è pervenuta la suddetta Sezione nella più volte menzionata Delibera, laddove la medesima, nell’ambito di una impostazione tendente a privilegiare un’accezione strettamente inerente ad attività contabili in senso stretto, ha espresso l’esigenza che la nozione di contabilità pubblica, strumentale alla funzione consultiva, “assuma un ambito limitato alle normative e ai relativi at-ti applicativi che disciplinano in generale l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci ed i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione della spesa, l’indebitamento, la rendicontazione ed i relativi controlli”, aggiungeva, in particolare, che “La funzione consultiva della Sezione regionale di controllo nei confronti de-gli Enti territoriali sarebbe, tuttavia, senz’altro incompleta se non avesse la possibilità di svol-gersi nei confronti di quei quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di co-ordinamento della finanza pubblica – espressione della potestà legislativa concorrente di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione – contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di riper-cuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bi-lancio”.
Inoltre, in relazione all’ampiezza della funzione consultiva attribuita alla Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, le SS.RR. non mancavano di sottolineare che la disposi-zione in questione conferisce alle ““Sezioni regionali di controllo non già una funzione di consulenza di portata generale, bensì limitata alla “materia di contabilità pubblica”. Cosic-ché la funzione di che trattasi risulta, anche, più circoscritta rispetto alle “ulteriori forme di col-laborazione”, di cui la medesima succitata disposizione fa menzione, che gli Enti territoriali possono richiedere “ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa”. Da ciò discende, in primo luogo, che non è da condividere qualsivoglia interpretazione dell’espressione “in materia di contabilità pubblica”, che, vanificando lo stesso limite posto dal legislatore, conduca al risultato di esten-dere l’attività consultiva in discorso a tutti i settori dell’azione amministrativa, in tal guisa realizzando, perdippiù, l’inaccettabile risultato di immettere questa Corte nei processi decisionali degli Enti territoriali. Non è, pertanto, accoglibile, nel presente conte-sto, l’interpretazione espansiva del concetto di contabilità pubblica quale emerge dalla giuri-sprudenza della Corte di Cassazione ... Né sono parimenti condivisibili linee interpretative che ricomprendano nel concetto di contabilità pubblica qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spe-sa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio. Al riguardo la Sezione delle Autonomie, con la già richiamata Delibera n. 5 del 17 febbraio 2006, ha avuto significativamente modo di precisare che “se è vero, infatti, che ad ogni provvedimento amministrativo può seguire una fase contabile, attinente all’amministrazione di entrate e spese ed alle connesse scritture di bilancio, è anche vero che la disciplina contabile si riferisce solo a tale fase discendente, distinta da quella sostanziale, an-tecedente, del procedimento amministrativo, non disciplinata da normativa di carattere conta-bilistico””.
B-2) Orbene, non vi è dubbio, che, nel caso di specie, per quanto attiene al primo quesito, la rogatio del Comune si appalesi pienamente ammissibile sotto il profilo oggettivo, presentan-do essa le connotazioni richieste dalle deliberazioni surriportate.
Nel merito del primo quesito si svolgono, dunque, le considerazioni che seguono.
l’art. 194, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 267/2000, testualmente recita :
“Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio.
1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabi-lita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilan-cio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
(omissis....)”.
L'attuale formulazione della lettera a), a differenza di quella contenuta nell’art. 37 del d.lgs n.77/1995 (il quale testualmente contemplava sia le sentenze passate in giudicato che quelle immediatamente esecutive : “a) sentenze passate in giudicato o sentenze immediatamente e-secutive”) fa riferimento, in termini di minus praevisionis, unicamente alle sentenze esecutive, in tal modo ancorando, ai fini che ne occupano, il perfezionamento del vinculum solvendi all’acquisizione della mera esecutività della sentenza stessa.
Tale semplificazione è stata resa possibile dalla nuova formulazione dell’art. 282 cpc., introdot-ta dall'art. 33, Legge 26 novembre 1990, n. 353 : “(Esecuzione provvisoria) La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti”.
Ne consegue necessariamente la sussumibilità, entro la categoria di cui alla citata lett. a), delle obbligazioni pecuniarie nascenti, a carico dell’Ente locale, da sentenza esecutiva di primo gra-do, anche se non passata in cosa giudicata.
Del resto, tale operazione interpretativa si appalesa perfettamente aderente al testo della di-sposizione de qua (cfr. : “sentenze esecutive”); sicché essa, risultando il senso di detta norma di immediata intelligenza, non desta particolari problemi ermeneutici, sembrando, addirittura, per la sua ovvietà, del tutto superflua (“in claris non fit interpretatio”).
Meno immediata è la riconducibilità, alla categoria di cui alla lett. a), dei debiti nascenti da de-creto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
E ciò in ragione del pacifico carattere eccezionale rivestito dalle disposizioni di cui all’art. 194 del d.lgs. n. 267/2000 (cfr., in particolare : il parere di questa Sezione espresso con delibera-zione n. 188/2011 del 15.3.2011).
Sennonché, se è vero che le norme eccezionali, essendo di stretta interpretazione, non ammet-tono il ricorso all’analogia, è pur vero che esse – al di fuori delle ipotesi in cui appaia evidente la volontà del Legislatore di limitare l'applicazione della disposizione eccezionale ai soli casi in essa espressamente contemplati – sono suscettive di interpretazione estensiva (“minus dixit quam voluit”).
Al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione Sez. 1, nella sentenza Sez. 1, Sentenza n. 17396 del 26/08/2005, ha chiarito che le norme eccezionali, pur essendo, in quanto tali, non suscetti-bili di interpretazione analogica, possono, tuttavia, essere oggetto di interpretazione estensiva, costituendo quest’ultima il risultato di un'operazione logica diretta ad individuare il reale signi-ficato e l’effettiva portata della norma, ““che permette di determinare il suo esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla sua formulazione testuale, e di identificare l'effettivo valore semantico della disposizione, tenendo conto dell'intenzione del le-gislatore, e quindi di estendere la “regula juris” a casi non espressamente previsti dalla norma, ma dalla stessa implicitamente considerati””.
Peraltro, la medesima Suprema Corte, con la precedente sentenza a SS.UU. n. 1919 del 09/03/1990, aveva precisato che il carattere tassativo di alcune disposizioni normative (nella specie :tabelle), se vietava un'applicazione analogica delle relative previsioni, non era, però, di ostacolo ad una interpretazione estensiva delle stesse.
Orbene, ciò che, nel caso di specie, appare escludere decisamente l’ipotesi che il Legislatore abbia voluto limitare l'applicazione della disposizione eccezionale, di cui alla lett. a) dell’art. 194, alle sole sentenze esecutive è il carattere garantistico del procedimento solutorio previsto dalla norma de qua, in quanto imperniato sulla presa di conoscenza, da parte dell’Organo Con-siliare dell’Ente locale, dell’esistenza dell’obbligazione in questione e sulla rimodulazione, da parte di detto Organo, delle previsioni di bilancio, quale unica e tipica procedura per la ricon-duzione della spesa de qua nell’alveo della contabilità dell’Ente.
In considerazione delle particolari caratteristiche di trasparenza contabile cui (in base a quanto anche appresso si porrà in evidenza, in sede di disamina delle proposizioni giurisprudenziali in subiecta materia) è informato il procedimento di cui all’art. 194, non si ha, dunque, motivo di ipotizzare – nell’assenza di specifiche disposizioni di legge - che il Legislatore abbia inteso an-corare il pagamento di debiti pecuniari derivanti da altri (rispetto alle sentenze esecutive) provvedimenti giudiziari esecutivi - quali, appunto, i decreti ingiuntivi - all’adozione di diversi procedimenti giuscontabili, meno garantistici o comunque più complessi e tortuosi; così come sarebbe decisamente paradossale sospettare che il medesimo Legislatore abbia voluto propi-ziare il rinvio della “solutio” ad altro esercizio, viste le immancabili conseguenze che ne derive-rebbero in termini di inutili lungaggini e di lievitazione della spesa, per effetto dell’ instaurazio-ne di procedimenti esecutivi e, comunque, per la maturazione, nel tempo, degli accessori di legge.
Sicché, l’espressione “sentenze esecutive”, di cui alla citata lett. a), va intesa, in via di esten-sione, nel senso di “provvedimenti giudiziari esecutivi da cui derivino debiti pecuniari a carico dell’Ente locale”.
Significativa è anche la considerazione che, ai sensi dell'art. 14, comma 1, l. 30/1997, di con-versione del d.l. 669/1996, così come modificato dall'art. 147, comma 1, lett. a), L. n. 388/2000, le Amministrazioni pubbliche "completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportan-ti l'obbligo di pagamento di somme di denaro entro centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atti di precetto".
E’, infine, appena il caso di aggiungere che l’assimilabilità, ai fini che ne occupano, dei decreti ingiuntivi esecutivi alle sentenze esecutive è stata sostenuta anche dalle Sezioni Unite di que-sta Corte per la Regione Sicilia, così come emerge dalla Rassegna Numero 2/2006 dell’attività consultiva delle Sezioni regionali di controllo, a cura del Coordinamento presso la Sezione delle Autonomie di questa Corte, in corrispondenza del cui punto b2) della pag. 26, si legge testual-mente :
“Equiparazione alle sentenze esecutive di atti diversi.
-Decreti ingiuntivi.
La fattispecie dei decreti ingiuntivi passati in giudicato, avendo, come la sentenza, natura di provvedimento giudiziale fonte di obbligazioni pecuniarie, può ritenersi riconducibile, dal punto di vista della ratio, all’ipotesi di cui alla lett. a) dell’art. 194 (Sezioni Riunite per la Regione Sici-liana, deliberazione n. 9/2005).
Anche nell’ipotesi di decreto ingiuntivo, ai fini del riconoscimento del debito fuori bilancio, il Comune è tenuto a seguire la procedura di cui alla relativa normativa. La somma da ricono-scersi come debito deve riferirsi, oltre alla quota capitale, anche agli interessi e alla rivaluta-zione monetaria, purché liquidati in sentenza (Sez. Lazio, delib. n. 11/c/2006)”.
Inclusiva della categoria dei decreti ingiuntivi esecutivi nella tipologia dei provvedimenti di cui alla lett. a) dell’art. 194 è anche la Delibera n. 132/2010/VSG del 20 ottobre 2010 della Sezio-ne Regionale di Controllo Regione Toscana (cui, a pag. 11, nel definire incidentalmente la no-zione di “debito fuori bilancio”, fa rinvio – “amplius” - la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte in sede di controllo n. 62/Contr/10), la quale, peraltro. a pag. 12, sotto la rubrica ““1.4 – Analisi delle varie tipologie di “debiti fuori bilancio””, pone testualmente in evidenza che “Alla sentenza passata in giudicato, può essere equiparata la sentenza non ancora definitiva, ma dichiarata provvisoriamente esecutiva, avverso la quale possono esperirsi mezzi di impu-gnazione. Alla sentenza propriamente intesa, deve essere equiparato per ragioni sistematiche il decreto ingiuntivo non opposto nei termini previsti dall’art. 645 c.p.c. , nonché nel concetto di spese derivanti da sentenza si può ricondurre anche la spesa di registrazione della stessa (pa-rere Sardegna 2/09). Il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio derivante da decreto ingiuntivo o sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza e pertanto non esclude l’ammissibilità di impugnative.
L’Osservatorio Finanza e contabilità enti locali ha precisato nel Principio Contabile n. 2/101 e ss. che:
- Nel caso di debiti derivanti da sentenza esecutiva il significato del provvedimento del Consiglio non è quello di riconoscere una legittimità del debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato all’esterno di esso. A rafforzare tale interpretazione anche il parere Campania 22/09.
- Il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio derivante da sentenza esecu-tiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato dalla ri-serva di ulteriori impugnazioni ove possibili e opportune.
- Nel caso di sentenza esecutiva, al fine di evitare il verificarsi di conseguenze dannose per l’ente per il mancato pagamento nei termini previsti decorrenti dalla notifica del titolo ese-cutivo, la convocazione del Consiglio per l’adozione delle misure di riequilibrio deve essere di-sposta immediatamente e in ogni caso in tempo utile per effettuare il pagamento nei termini di legge ed evitare la maturazione di oneri ulteriori a carico del bilancio dell’ente. Gli accordi tran-sattivi non sono previsti tra le ipotesi tassative elencate all’articolo 194 del TUEL e non sono equiparabili alle sentenze esecutive di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo”.
Peraltro, nella deliberazione (cfr. nota a pag. 51) n. 7/2007 della Sezione delle Autonomie di questa Corte si pone in rilevo che la circolare n. 8/2006 del M.E.F. – Dipartimento della Ragio-neria Generale dello stato ha chiarito (al punto B.3.1.g) che, nella nozione di sentenza, rientri, fra l’altro, anche il decreto ingiuntivo esecutivo.
Vale, infine, la pena di citare – quanto alle connotazioni dei debiti fuori bilancio di cui alla lett. a) dell’art. 194 – la Deliberazione n. 20/2007/G della Sezione regionale del controllo per l’Emilia-Romagna, nella quale si legge che ““Con particolare riferimento alla fattispecie che qui interessa (debito sorto da sentenza esecutiva), occorre precisare che, per tale peculiare ipote-si, la valenza della delibera consiliare ex art. 194 T.U.E.L. non è quella di riconoscere la legit-timità di una obbligazione, la cui validità è stata oggetto di delibazione in sede giudiziaria, quanto una funzione giuscontabilistica, individuabile nella salvaguardia degli equilibri di bilancio (mediante l’individuazione delle risorse necessarie a finanziare il debito) ed anche garantista, consistente nell’ “accertamento di chi sia responsabile della formazione della fattispecie debito-ria che si è formata al di fuori della ordinaria contabilità dell’ente” (Delibera 1/ 2007 Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia). Deve, altresì, aggiungersi che, in ogni caso, dal riconoscimento di legittimità discende l’obbligo, per l’ente pubblico, di contabiliz-zazione e di quantificazione finanziaria del debito riconosciuto, in virtù dei principi di universali-tà, veridicità ed attendibilità del bilancio””.
B-3). Decisamente non univoco risulta, invece, il senso del secondo quesito contenuto nella ro-gatio in esame, sembrando esso fondato sulla prefigurazione di situazioni del tutto ipotetiche, la cui afferenza alla tematica affrontata dalla richiesta di parere de qua appare, rebus sic stan-tibus, tutta da decifrare.
Quello che si deve qui ribadire è il carattere doveroso del procedimento di cui all’art. 194 in e-same, ai fini dell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nascenti a carico dell’Ente locale da provvedimento giudiziari esecutivi (per quanto concerne l’impossibilità di ricondurre l’obbliga-zione nascente da un atto transattivo alla nozione di “debito fuori bilancio” desumibile dal di-sposto dell’art. 194 del Dlgs. n. 207/2000, cfr. anche il parere di questa Sezione espresso con la citata deliberazione n. 188/2011 del 15.3.2011).
Ogni altro profilo del secondo quesito rimane consegnato alla categoria dell’inammissibilità per la perplessa formulazione di quest’ultimo.

P.Q.M.

Nelle valutazioni e considerazioni esposte in parte motiva è il parere della Sezione.
Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite del Direttore del Servizio di supporto, all’Amministrazione interessata.
Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 26 luglio 2011

IL RELATORE IL PRESIDENTE
f.to Cons. Tommaso Viciglione f.to Pres. Sez. Vittorio Lomazzi


Depositato in Segreteria in data 26 luglio 2011


Il Direttore del servizio di supporto
f.to dott. Mauro Grimaldi


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Messaggio  Paolo Gros Ven 29 Lug 2011 - 5:06

"un interessante parere della sezione campania 384 2011 sui debiti fuori bilancio e decreti ingiuntivi opposti e sulla doverosità delle procedure di riconoscimento ai fini contabili e non in senso di riconoscimento legale dell'obbligazione che invece forma oggetto di diversa procedura giudiziale."

grazie Francodan , davvero interessante.

Paolo Gros
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Messaggio  francodan Mar 27 Set 2011 - 7:09

sempre in materia di debiti fuori bilancio e sentenza di 1 grado corte lombardia


1° quesito: il comune deve comunque effettuare la procedura per i debiti fuori bilancio (e, quindi, adottare apposita deliberazione di Consiglio Comunale), pur avendo a residui passivi la somma per effettuare detto pagamento (somma iscritta genericamente <<per pratiche legali a salvaguardia di situazioni in essere>>)?
Al fine di rispondere a detto quesito occorre ricordare che questa Sezione ha già avuto modo di affermare che <<ove l’ente territoriale soccomba in un giudizio e debba versare a terzi somme di denaro è tenuto ad attivare la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio prevista dall’art. 194 del d. lgs. n. 267 del 2000, individuando le risorse da destinare al pagamento preferibilmente fra le somme che prudenzialmente sarebbe opportuno accantonare nel bilancio ogni volta che l’ente risulti coinvolto in un giudizio con possibilità di soccombenza>> (Lombardia/522/2010/PAR del 28 aprile 2010).
L’attuale formulazione del TUEL prevede cinque tipologie di debiti definiti “fuori bilancio” che possono essere riconosciuti legittimi dal Consiglio comunale o da quello provinciale (art. 37 del d. lgs. 25 febbraio 1995, n. 77; art. 12 del d. lgs. 11 giugno 1996, n. 336; art. 5 del d. lgs. 15 settembre 1997, n. 342; artt. 191 e 194 del citato d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Le tipologie di debito individuate dal legislatore non hanno elementi in comune, se non quello di essere fattispecie che sono state ritenute idonee a costituire obbligazioni che, se anche sorte al di fuori delle ordinarie procedure di spesa, possono essere ricondotte, sia pure con un procedimento peculiare, all’interno della contabilità dell’ente. L’elemento che attribuisce omogeneità alle diverse categorie ivi indicate è dato unicamente dalla circostanza che il debito viene ad esistenza al di fuori e indipendentemente dalle ordinarie procedure che disciplinano la formazione della volontà dell’ente.
Come ha già affermato questa Sezione <<la funzione della delibera del Consiglio comunale di riconoscimento del debito fuori bilancio prevista dall’art. 194 T.U.E.L. è complessa poiché, innanzitutto, è diretta ad accertare se il debito rientri in una delle tipologie individuate da detta norma e, quindi, a ricondurre l’obbligazione all’interno della contabilità dell’ente, individuando anche le risorse necessarie per farvi fronte. Ma la pronuncia del Consiglio comunale è diretta anche ad accertare le cause che hanno originato l’obbligo, anche al fine di mettere in luce eventuali responsabilità.
A questo proposito, val la pena sottolineare che, come nel caso di specie, l’impatto sul bilancio può essere differente a seconda che nell’ambito del bilancio dell’ente sia stato previsto o meno un apposito fondo per la copertura di spese impreviste o, nel caso di giudizi, a valere per l’ipotesi della soccombenza.
In caso positivo risulterà più semplice per l’ente far fronte al pagamento del debito utilizzando le risorse già allocate a tale scopo.
In caso negativo, con la delibera di riconoscimento l’ente dovrà indicare quali risorse, di tipo corrente nel caso di specie, utilizzare per far fronte all’obbligo.
La mancanza di uno specifico fondo può creare problemi all’ente che in sede di riconoscimento dovrà reperire risorse aumentando le entrate, ove possibile e ove ritenuto opportuno, o, più probabilmente, diminuendo le spese già previste.
E’ evidente che più è elevato il debito da riconoscere maggiori problemi può comportare l’individuazione delle fonti di finanziamento e, pertanto, principi di prudenza e sana gestione finanziaria imporrebbero agli enti che sono coinvolti in un giudizio di destinare ed accantonare specifiche risorse a valere per il caso della soccombenza>> (Lombardia/522/2010/PAR del 28 aprile 2010).
Come è stato già osservato, <<l’esistenza di un fondo nel bilancio destinato a far fronte all’esito negativo di un giudizio non fa venire meno la necessità dell’attivazione della procedura consiliare di riconoscimento del debito>>. Infatti, <<lo stanziamento in bilancio ha la sola funzione di riservare un importo a quella specifica destinazione, ove se ne presenti la necessità, non implicando ancora accertamento del concreto verificarsi della fattispecie (in questo senso risulta formulato, anche, il secondo principio contabile sulla “Gestione del sistema di bilancio”, emanato dall’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali, previsto dall’art. 154 del d. lgs. n. 267 del 2000)>> (Lombardia/1/2010/PAR del 17 gennaio 2007).
Si aggiunga che <<l’esistenza del fondo non fa venire meno l’ulteriore funzione che l’ordinamento attribuisce alla delibera consiliare, vale a dire, come si è visto sopra, l’accertamento di chi sia responsabile della formazione della fattispecie debitoria che si è formata al di fuori della ordinaria contabilità dell’ente. Anzi, questa funzione di accertamento risulta rafforzata, poiché il legislatore ha previsto che le delibere consiliari di riconoscimento di debito siano inviate agli organi di controllo ed alla Procura regionale della Corte dei conti (Art. 23, co. 5 della l. 27 dicembre 2002, n. 289) al fine di permettere un controllo sulle stesse e la verifica da parte degli organi che operano il riconoscimento del rispetto dei requisiti di legittimità previsti dal T.U.E.L.>> (Lombardia/1/2007/PAR del 17 gennaio 2007).
In conclusione, con riferimento a questo primo quesito, poiché l’ente locale, seppure parzialmente, è stato soccombente in un giudizio e, quindi, deve versare a terzi somme di denaro, l’ente medesimo è tenuto ad attivare la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio prevista dall’art. 194 del d. lgs. n. 267 del 2000. Tuttavia, poiché l’ente locale nel bilancio ha previsto un apposito fondo per <<per pratiche legali a salvaguardia di situazioni in essere>>, l’ente può far fronte al pagamento del debito utilizzando le risorse già allocate a tale scopo e, successivamente, eliminare dai residui passivi la somma impiegata per effettuare detto pagamento.
2° quesito: non trattandosi di sentenza esecutiva può essere considerato debito fuori bilancio riconoscibile ai sensi dell'art. 194 D.Lgvo 267/2000?
L’art. 194, co. 1, lett. a) del TUEL, in astratto, riconosce la legittimità del ricorso alla procedura di riconoscimento di debiti fuori bilancio per quei debiti derivanti da “sentenze esecutive”.
Nel più volte citato parere di questa Sezione si rammenta che questa ipotesi si <<distingue nettamente dalle altre per il fatto che l’ente, indipendentemente da qualsivoglia manifestazione di volontà, è tenuto a saldare il debito in forza della natura del provvedimento giurisdizionale che obbliga chiunque e, quindi, anche l’ente pubblico ad osservarlo ed eseguirlo (art. 2909 cod. civ.). In questo caso l’ente territoriale non ha alcun margine discrezionale per decidere se attivare la procedura di riconoscimento o meno del debito perché è comunque tenuto a pagare, posto che in caso contrario il creditore può ricorrere a misure esecutive per recuperare il suo credito, con un pregiudizio ancora maggiore per l’ente territoriale (sul punto, C. conti, sez. riun. Reg. Sicilia, 23 febbraio – 11 marzo 2005, n. 2/pareri; sez. Lombardia, 17 gennaio 2007, n. 1/PAR)>> (Lombardia/522/2010/PAR del 28 aprile 2010).
Alla stregua del tenore della richiesta di parere, emergerebbe che la sentenza di primo grado abbia natura di sentenza di condanna (non di accertamento o costitutiva) e, pertanto, alla stregua dell’art. 282 c.p.c. <<è provvisoriamente esecutiva tra le parti>>. Ne consegue che anche la sentenza di condanna di primo grado rientra nella fattispecie tipizzata dalla lettera a) dell’art. 194 TUEL, dove il legislatore usa l’espressione “sentenze esecutive”, senza distinguere tra le sentenze passate in giudicato e quelle provvisoriamente esecutive. D’altra parte, in questo senso, risulta formulato, anche, il secondo (par. 102) principio contabile sulla “Gestione del sistema di bilancio”, emanato dall’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali, ove si afferma che <<il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio derivante da sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e opportune>>.
P.Q.M.
Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

Il Relatore Il Presidente
(Dott.ssa Laura De Rentiis) (Dott. Nicola Mastropasqua)

Depositata in Segreteria il
20.09.2011
Il Direttore della Segreteria
(Dott.ssa Daniela Parisini)

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