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I controlli residuali sugli enti locali post abolizione Co.re.co

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I controlli residuali sugli enti locali post abolizione Co.re.co Empty I controlli residuali sugli enti locali post abolizione Co.re.co

Messaggio  Paolo Gros Lun 16 Ago 2010 - 10:14

Le singole ipotesi di controllo sugli atti ancora vigenti post abolizione Co.re.co. La prima ipotesi è quella del controllo prefettizio (art. 135). Il Prefetto – nell’esercizio dei suoi poteri o di quelli a lui delegati dal Ministro dell'Interno – può infatti richiedere ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge in due specifiche ipotesi: 1) quando vi è fondato motivo di ritenere che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attivita' di realizzazione di opere e lavori pubblici; 2) quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni.
La seconda ipotesi è rappresentata dal controllo sostitutivo a livello regionale (art. 136). In particolare, il difensore civico regionale possono nominare un. commissario ad acta, affinchè questi, entro 60 giorni dal conferimento dell'incarico, provveda in vece degli enti locali, quando si siano verificate a monte le tre seguenti condizioni (contestuali e non alternative): a) l’ente locale ha l’obbligo per legge di compiere un certo atto; b) l’ente è già stato invitato a provvedere entro congruo termine; c) nonostante la diffida, l’ente continua a ritardare od omettere di compiere l’atto. Preme peraltro ricordare che il commissario ad acta è un soggetto di natura amministrativa che riceve poteri straordinari in casi specifici di legge (due esempi sono appunto qui forniti dall’art. 136 e dal successivo art. 137) e che interviene in via sostitutiva (cioè, si sostituisce alla P.A. e compie proprio quell’atto alla cui emanazione la stessa era obbligata ma che è stato oggetto di indebito e procrastinato inadempimento).
Meccanismo assolutamente simile si rinviene nella terza ipotesi, vale a dire nel caso del controllo sostitutivo del Governo (art.137). Qui, è il Presidente del Consiglio dei Ministri a nominare un commissario ad acta. Cambiano, anche se di poco, i presupposti: a) l’ente locale dev’essere inadempiente nello svolgere una propria funzione; b) l’ente è già stato invitato dal Pres. Consiglio a provvedere entro congruo termine; c) nonostante la diffida, l’ente continua a ritardare od omettere di compiere l’atto; d) l’inadempimento dell’ente locale pone lo Stato italiano in una situazione d’infrazione comunitaria ovvero provoca un pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali.
Quarta ed ultima ipotesi è quella dell’annullamento straordinario di cui all’art. 138. Il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, ha facoltà di annullare – in qualunque tempo – gli atti degli enti locali viziati da illegittimità. Tale annullamento straordinario avviene (d’ufficio o su denunzia) sentito il Consiglio di Stato e con decreto presidenziale.

Controllo sugli organi: scioglimento dei consigli comunali e provinciali e rimozione di singoli amministratori locali. Anche il controllo sugli organi degli enti locali merita di essere rivisitato alla luce della riforma del Titolo V.
La dottrina è concorde nel ritenere che questo tipo di controlli sia di competenza esclusiva dello Stato, perché materia accessoria a quella di cui all’art. 117, 2° lett. p) della Cost. (“legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane”). Ne discende che i controlli sugli organi (individuati dagli artt. 141, 142 e 143 tuel) non solo non sono stati implicitamente cancellati per effetto dell’abrogazione dell’art. 130 Cost (che trattava i controlli da parte della sola Regione), ma anzi risultano pienamente confermati come controlli di esclusiva attribuzione statale, controlli, cioè, che sempre e solo lo Stato (e mai la Regione) può effettuare per garantire l’unitarietà dell’ordinamento. E’ vero che gli enti locali sono politicamente autonomi, ma è altrettanto vero che essi sono innanzitutto “enti esponenziali” degli interessi della collettività (anche se solo locale). E’ quindi logico che, se gli organi politici degli enti locali “si comportano male”, il primo soggetto interessato ad intervenire per ripristinare lo “stato di normalità” sia lo Stato (in via definitiva il Presidente della Repubblica, come previsto dall’art. 141; in via cautelare il prefetto, come previsto dall’art. 141, 7°).
Ciò premesso, le ipotesi di tale tipo di controllo sono essenzialmente due: scioglimento dei consigli comunali e provinciali (artt. 141 e 143) e rimozione di singoli amministratori locali (art. 142).
Con riferimento a quanto disposto dall’art. 141, i consigli comunali e provinciali vengono sciolti nei seguenti casi tassativi: 1) quando il consiglio compie atti contrari alla Costituzione; 2) quando il consiglio compie gravi e persistenti violazioni di legge; 3) per gravi motivi di ordine pubblico; 4) quando il bilancio non è approvato nei termini; 5) quando non può essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi (e ciò, per le seguenti cause: impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia; dimissioni del sindaco o del presidente della provincia; cessazione dalla carica per dimissioni contestuali della meta' piu' uno dei membri; riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla meta' dei componenti del consiglio). Lo scioglimento definitivo è stabilito con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno. Nei primi tre casi, viene altresì nominato un commissario che esercita le funzioni indicategli nel decreto. Tuttavia, poiché la procedura per addivinire al suddetto decreto presidenziale di scioglimento non è di particolare celerità, è previsto – per motivi di grave ed urgente necessità – l’intervento in via cautelare del Prefetto, il quale nel frattempo può sospendere il consiglio (comunque per non più di 90 giorni) e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell’ente (art. 141, 7°).
Di non trascurabile rilievo è poi la norma contenuta nell’art. 141, 8°, laddove la procedura prevista per i consigli comunali e provinciali è espressamente estesa agli altri enti locali, con la precisazione che lo scioglimento dei consigli di città metropolitane, comunità montane ed isolane, unioni di comuni o consorzi avviene non con d.P.R., ma con decreto del Ministro dell'Interno.
Sempre in tema di scioglimento degli organi consiliari, riveste primaria importanza l’art. 143, il quale – riproducendo quasi pedissequamente la procedura già sancita nell’art. 141 (scioglimento con decreto del Presidente Repubblica; sospensione in via cautelare ad opera del Prefetto) – inteviene nei più gravi casi di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso. In particolare, si tratta di situazioni che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali: i consigli comunali e provinciali sono infatti sciolti quando emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalita' organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi.
Infine, accanto alle due citate ipotesi di controllo sugli organi collegiali, l’art. 142 prevede un potere d’intervento statale anche nei confronti dei singoli amministratori locali (segnatamente: sindaco, presidente della provincia, presidenti dei consorzi e delle comunità montane, componenti dei consigli e delle giunte, presidenti dei consigli circoscrizionali). Più specificamente, la loro rimozione (disposta dal Ministro dell’Interno) e sospensione (di attribuzione prefettizia), avviene nei tre casi tipici dell’avvenuto compimento di atti contrari alla Costituzione, della presenza di gravi e persistenti violazioni di legge o della ricorrenza di gravi motivi di ordine pubblico.

Controlli interni. Con riferimento alla riforma del Tit. V, è chiaro che si è ormai giunti ad un riconoscimento più incisivo della facoltà degli enti locali di articolare i diversi modelli di controllo.
E ciò, per due motivi a monte: innanzitutto, per l’autonomia organizzativa degli enti locali già prevista nel tuel; in secondo luogo, per l’avvenuta abrogazione dei controlli “esterni” regionali con conseguente dilatazione del sistema di controlli “interni”.
Tutto ciò risulta ancora più evidente, prestando attenzione al tenore letterale dell’unico articolo che il tuel dedica ai controlli interni. Recita infatti l’art. 147 che “Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a: 1) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa; 2) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; 3) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; 4) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti”.
Di particolare rilievo, come“controllo interno”, è di certo il controllo di gestione che tuttavia trova trattazione nel tuel solo successivameente, all’art. 196, con una collocazione sistematica completamente diversa (siamo infatti nella parte II del testo unico, dedicata all’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali). Il controllo di gestione costituisce, in particolare, una specialissima procedura che gli enti locali eseguono secondo le modalità stabilite non solo dal tuel, ma (soprattutto) dai propri statuti e regolamenti di contabilità (ancora una volta, pertanto, in pieno ossequio della autonomia normativa ed organizzativa loro riconosciuta).
Detta procedura ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale di province, comuni, comunita' montane, unioni dei comuni e citta' metropolitane, viene svolta con una cadenza periodica predefinita dal regolamento di contabilità dell'ente in questione ed è destinata a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati nonché – attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e servizi offerti – la funzionalità dell'organizzazione dell'ente.

Controlli esterni di gestione e funzioni della Corte dei conti. Anche qui, la disciplina è affidata ad un unico articolo (art. 148), in base al quale la Corte dei Conti esercita il controllo sulla gestione degli enti locali ai sensi della legge n. 20 del 1994 (la legge, cioè, che disciplina il controllo della Corte dei conti su tutte le amministrazioni pubbliche, ivi compresi i Ministeri).
Preme rammentare che la Corte dei conti è un organo a rilevanza costituzionale a cui competono due funzioni fondamentali: quella giurisdizionale (è, infatti, giudice in materia di contabilità pubblica, di pensioni e di danno erariale) e quella di controllo.
In particolare, il tipo di controllo esercitato dalla Corte può essere di tre tipi.
Innanzitutto, il controllo preventivo di legittimità: la Corte verifica che un certo atto rispetti le norme di diritto e sia, quindi, “legittimo”. In caso positivo, appone il cd. “visto” e provvede essa stessa alla registrazione dell’atto. Questa procedura avviene, in particolare, per gli atti deliberati dal Consiglio dei Ministri (fra cui, i regolamenti del Governo e i regolamenti ministeriali).
In secondo luogoo, il controllo successivo sul bilancio statale: entro il 31 maggio di ogni anno, il Ministro dell’Economia trasmette alla Corte il rendiconto generale dello Stato (cioè, il documento ufficiale in cui sono registrati i risultati di tutte le operazioni finanziarie). La Corte procede al cd. giudizio di parificazione e confronta tale rendiconto con la normativa sul bilancio e con le proprie scritture. Sull’esito di tale giudizio, la Corte riferisce al Parlamento.
Infine, per quanto qui più strettamente interessa, il controllo sulla gestione: tutta la pubblica amministrazione complessivamente intesa (cioè, Stato, enti sovvenzionati, ASL, Regioni ed enti locali) deve mostrare alla Corte dei conti sia la gestione del bilancio e del proprio patrimonio che le gestioni fuori bilancio che, ancora, i fondi di provenienza comunitaria. Questo tipo di controllo mira a conoscere non tanto la legittimità del singolo atto o dell’agire amministrativo (quindi, non è semplicemente un controllo su atti od organi), quanto piuttosto (e soprattutto) il risultato dell’azione amministrativa. In altri termini, si valuta il buon andamento in termini di efficacia, efficienza ed economicità.
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