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diritto di accesso al protocollo del consigliere comunale
tar pescara 190 2012
Ha dedotto che l’Amministrazione, essendo il ricorrente consigliere comunale, avrebbe dovuto consentire in base all’art. 43, II comma, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’accesso agli atti richiesti; ha, inoltre, osservato che gli atti richiesti non erano “strettamente personali” in quanto erano relativi:
- ad un procedimento esecutivo volto ad aggredire un bene del Comune;
- ad una richiesta di rimborso fatta dalla concessionaria della piscina comunale;
- ad un procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente comunale;
- ad autorizzazioni assentite ad un tecnico, peraltro nipote dell’assessore ai lavori pubblici.
Il Comune di Bomba, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Va al riguardo premesso che, come è noto, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, i consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato.
Ora, interpretando tale normativa, il giudice amministrativo ha costantemente chiarito che il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del Comune assume un connotato particolare, in quanto finalizzato al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al Consiglio comunale, con la conseguenza che sul consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle (Cons. St., sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829).
In definitiva - come la giurisprudenza amministrativa ha costantemente avuto modo di precisare - tra l’accesso ai documenti dei soggetti interessati di cui agli art. 22 ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241, e quello del consigliere comunale di cui al predetto art. 43, sussiste una profonda differenza, poiché il primo è un istituto che consente ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti al fine di poter predisporre la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, mentre il secondo è un istituto giuridico posto al fine di consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del comune. Per cui, in definitiva, in base al predetto art. 43 i consiglieri comunali, ivi inclusi ovviamente quelli di minoranza, hanno un diritto di accesso incondizionato a tutti gli atti che possano essere “utili” all’espletamento del loro mandato, anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.
Pertanto, al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego (salvo casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso - da dimostrare - che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il sindaco e la giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione. In particolare, è stato precisato che nessuna limitazione può derivare al diritto d’accesso del consigliere comunale agli atti del Comune, qualunque sia il loro destinatario, dall’eventuale natura riservata delle informazioni richieste, essendo il consigliere vincolato al segreto d’ufficio (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5053); fermo restando che anche tali richieste sono soggette al rispetto di alcune forme e modalità, quali l’allegazione della qualità di consigliere comunale e la formulazione dell’istanza in maniera specifica e dettagliata, recando l’esatta indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli elementi che consentano l’individuazione dell’oggetto dell’accesso.
Peraltro, la stessa giurisprudenza ha anche precisato che il consigliere comunale non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento, piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi od aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa, incidendo in termini rilevanti sulle spese generali dell’Ente.
Con riferimento a tali principi costantemente affermati in giurisprudenza e dai quali non sussistono ragioni per discostarsi, sembra evidente al Collegio che l’istante abbia di certo diritto ad accedere a tutti gli atti richiesti con la predetta istanza del 14 novembre 2011. Sembra infatti evidente che tale richiesta, da un lato, sia funzionale allo svolgimento dell’attività di verifica e di controllo propria del consigliere comunale e, dall’altro, non comporti alcun aggravio alle spese ed alla funzionalità dell’Ente; mentre la ipotizzata natura “strettamente personale” degli atti richiesti non avrebbe potuta essere opposta al richiedente, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso proposto non può, pertanto, non essere accolto e, per l’effetto, deve ordinarsi al Comune l’esibizione dei documenti richiesti.
La spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, accoglie il ricorso specificato in epigrafe.
Condanna il Comune di Bomba al pagamento a favore del ricorrente delle spese e degli onorari del presente giudizio, che vengono liquidate nella complessiva somma di € 1.500 (millecinquecento), oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali) ed al rimborso del contributo unico versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente FF, Estensore
Dino Nazzaro, Consigliere
Alberto Tramaglini, Consigliere
Ha dedotto che l’Amministrazione, essendo il ricorrente consigliere comunale, avrebbe dovuto consentire in base all’art. 43, II comma, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’accesso agli atti richiesti; ha, inoltre, osservato che gli atti richiesti non erano “strettamente personali” in quanto erano relativi:
- ad un procedimento esecutivo volto ad aggredire un bene del Comune;
- ad una richiesta di rimborso fatta dalla concessionaria della piscina comunale;
- ad un procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente comunale;
- ad autorizzazioni assentite ad un tecnico, peraltro nipote dell’assessore ai lavori pubblici.
Il Comune di Bomba, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Va al riguardo premesso che, come è noto, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, i consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato.
Ora, interpretando tale normativa, il giudice amministrativo ha costantemente chiarito che il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del Comune assume un connotato particolare, in quanto finalizzato al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al Consiglio comunale, con la conseguenza che sul consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle (Cons. St., sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829).
In definitiva - come la giurisprudenza amministrativa ha costantemente avuto modo di precisare - tra l’accesso ai documenti dei soggetti interessati di cui agli art. 22 ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241, e quello del consigliere comunale di cui al predetto art. 43, sussiste una profonda differenza, poiché il primo è un istituto che consente ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti al fine di poter predisporre la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, mentre il secondo è un istituto giuridico posto al fine di consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del comune. Per cui, in definitiva, in base al predetto art. 43 i consiglieri comunali, ivi inclusi ovviamente quelli di minoranza, hanno un diritto di accesso incondizionato a tutti gli atti che possano essere “utili” all’espletamento del loro mandato, anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.
Pertanto, al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego (salvo casi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso - da dimostrare - che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il sindaco e la giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione. In particolare, è stato precisato che nessuna limitazione può derivare al diritto d’accesso del consigliere comunale agli atti del Comune, qualunque sia il loro destinatario, dall’eventuale natura riservata delle informazioni richieste, essendo il consigliere vincolato al segreto d’ufficio (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5053); fermo restando che anche tali richieste sono soggette al rispetto di alcune forme e modalità, quali l’allegazione della qualità di consigliere comunale e la formulazione dell’istanza in maniera specifica e dettagliata, recando l’esatta indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli elementi che consentano l’individuazione dell’oggetto dell’accesso.
Peraltro, la stessa giurisprudenza ha anche precisato che il consigliere comunale non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento, piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi od aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa, incidendo in termini rilevanti sulle spese generali dell’Ente.
Con riferimento a tali principi costantemente affermati in giurisprudenza e dai quali non sussistono ragioni per discostarsi, sembra evidente al Collegio che l’istante abbia di certo diritto ad accedere a tutti gli atti richiesti con la predetta istanza del 14 novembre 2011. Sembra infatti evidente che tale richiesta, da un lato, sia funzionale allo svolgimento dell’attività di verifica e di controllo propria del consigliere comunale e, dall’altro, non comporti alcun aggravio alle spese ed alla funzionalità dell’Ente; mentre la ipotizzata natura “strettamente personale” degli atti richiesti non avrebbe potuta essere opposta al richiedente, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso proposto non può, pertanto, non essere accolto e, per l’effetto, deve ordinarsi al Comune l’esibizione dei documenti richiesti.
La spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, accoglie il ricorso specificato in epigrafe.
Condanna il Comune di Bomba al pagamento a favore del ricorrente delle spese e degli onorari del presente giudizio, che vengono liquidate nella complessiva somma di € 1.500 (millecinquecento), oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali) ed al rimborso del contributo unico versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente FF, Estensore
Dino Nazzaro, Consigliere
Alberto Tramaglini, Consigliere
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