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minori non acompagnati -competenza giuridica-

2 partecipanti

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minori non acompagnati -competenza giuridica- Empty minori non acompagnati -competenza giuridica-

Messaggio  DOMENICOFANESI Lun 21 Gen 2013 - 1:45

Buon giorno,

La situazione che vorrei porre alla Vs attenzione si configura nella presenza di un minore straniero in stato di abbandono, accompagnato da un connazionale adulto presso la Questura di Ascoli Piceno (Ufficio Minori).

L’adulto (provvisto di permesso di soggiorno con domicilio presso il nostro Comune) che ha accompagnato il minore presso la Questura di Ascoli Piceno ha dichiarato (mettendolo a verbale) che il minore è stato ospitato a casa propria per 2 giorni e successivamente lo ha rintracciato presso il nostro comune.

La Questura dopo aver richiesto al nostro sindaco l’emissione di un’ordinanza sindacale ai sensi ex art. 403 del c.c.

Il nostro comune alla richiesta della Questura ha opposto che l’adulto che ha dichiarato di aver ospitato il minore e di averlo ritrovato nel nostro comune non è un nostro residente e che non sono mai stati visti ne segnalati ai nostri uffici e conseguentemente non è plausibile che il minore sia stato rintracciato nel nostro territorio comunale

Vorremo sapere se basta la dichiarazione del connazionale per far scattare la competenza giuridica ed economica del nostro ente? Oppure l’unico dato certo della constatazione di abbandono del minore è stato fatto in Questura e quindi il territorio di competenza è quello del Comune della questura?

Soltanto il Sindaco è l’autorità competente per effettuare un provvedimento ai sensi dell’art. 403 del c.c.?

Quali conseguenze ci sono nel non emettere il suddetto provvedimento?


Il responsabile dell’Area Servizi Socio-Assistenziali
(dott. Domenico Fanesi)

DOMENICOFANESI

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Messaggio  Paolo Gros Lun 21 Gen 2013 - 1:47

Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione (art.403 c.c.).

Natura del provvedimento: non è un atto di giurisdizione, neanche volontaria; è un atto di amministrazione, sia per l’oggetto, essendo un atto di volontà, sia per la qualità dei soggetti da cui promana. Avendo una natura essenzialmente operativa e di protezione, non richiede l’esplicitazione dettagliata dei motivi; deve tuttavia essere indicata la presenza di una situazione attuale di sofferenza e pregiudizio del minore. E’ però necessario, quando si contrappone alla volontà dei genitori, che questi siano in ogni caso tempestivamente informati che il minore è sotto la protezione della pubblica autorità e che l’intervento è stato segnalato all’autorità giudiziaria minorile competente per la risoluzione del conflitto. Non è necessario che venga indicato il luogo in cui il minore si trova se ciò serve a proteggerlo.

Soggetti: ad operare è la Pubblica Autorità. In tale nozione rientrano sicuramente gli organi di polizia e quelli deputati all’assistenza dei minori e alla protezione dell’infanzia. I primi devono comunque sempre avvalersi dei secondi (a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia). Non è invece vero il contrario. Pertanto, se l’iniziativa di protezione proviene dai servizi sociali, essi dovranno farsi carico della collocazione in luogo sicuro e potranno richiedere l’intervento della forza pubblica soltanto se ciò è strettamente necessario per vincere la resistenza dei genitori. Il legislatore infatti considera i servizi sociali quali referenti privilegiati del minore.

Presupposti: occorre che vi sia un grave pericolo per l’integrità fisica e psichica del minore. Infatti solo l’urgenza e la necessità di porre riparo ad una situazione di grave rischio dello stesso lo giustifica.

Efficacia: la situazione di necessità che vi è sottesa, oltre a costituirne il presupposto imprescindibile, ne chiarisce i limiti. La collocazione in ambiente protetto può essere mantenuta, se tale intervento collide con il contrario volere dei genitori, soltanto per tempi brevissimi: il tempo cioè strettamente necessario per devolvere la risoluzione del conflitto all’Autorità Giudiziaria minorile. Ove questa non condivida la scelta operativa, e provveda con altro disposto, il 403 c.c. cessa di avere effetto. L’intervento di collocazione in ambiente protetto, se non collide con il volere dei genitori o di altri aventi titolo educativo, resta sul piano assistenziale.

Che cosa devono fare i servizi sociali territoriali: devono effettuare l’intervento di collocazione del minore in ambiente protetto, ex art.403 c.c., attuarlo immediatamente e segnalarlo con urgenza al Pubblico Ministero per i minorenni per la decisione da parte del Tribunale per i Minorenni.

Per quanto riguarda l’art. 403 c.c., l’intervento di protezione deve essere il più possibile limitato a quelle situazioni di effettivo pericolo per l’integrità fisico-psichica del minore, tipiche dello stato di necessità. La collocazione in ambiente protetto, d’iniziativa del servizio, quindi non appare consentita, a meno che non si siano verificati eventi ulteriori che abbiano evidenziato l’effettività del pericolo; diversamente, si attribuirebbe al servizio un potere di decidere in via d’urgenza che non gli appartiene. Pertanto, in presenza di siffatte situazioni, a parte il dovere d’informativa che spetta al servizio, ai fini dell’indagine civile e penale, è obbligo degli operatori sociali riferire immediatamente del provvedimento per consentire al giudice minorile di dirimere il conflitto con i genitori. Il contatto immediato con l’autorità giudiziaria consente inoltre una maggiore progettualità e l’avvio di interventi coordinati tra le diverse autorità coinvolte a sostegno del minore.

Da quanto detto non c’è un limite temporale oltre il quale, nel silenzio dell’Autorità giudiziaria, il potere del 403 c.c. decade. Lo stato di necessità perdura infatti fino alla pronuncia/ratifica del Tribunale per i Minorenni o comunque fino a quando il servizio non lo ritiene più attuale.

In quanto il provvedimento è volto a collocare semplicemente "il minore in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione", ogni altro intervento a tutela del minore, ad esempio TSO (trattamento sanitario obbligatorio), dovrà essere ritenuto fuori dai poteri attribuiti dalla legge nel contesto dell’art. 403 c.c. ed attuato, se necessario, con le ordinarie procedure (autorizzazione del Giudice Tutelare).

Concludendo, l’art. 403 c.c. prescrive una deroga al sistema della tutela dei minori, basato sulla accettazione dell’intervento sociale sul minore da parte dei genitori o sul necessario intervento del tribunale volto a superare la volontà degli esercenti la potestà genitoriale.

Qui siamo infatti fuori da entrambe le ipotesi precedenti: l’allontanamento dalla residenza familiare e più in generale l’intervento socio assistenziale a questo allontanamento correlato avviene ad opera del servizio sociale che, caso unico, si trova allo stesso livello potestativo dell’Autorità Giudiziaria. L’eccezionalità dello strumento e il possibile abuso dello stesso ha portato il legislatore a prevederlo solo nei casi urgenti proprio quando i servizi sono i primi a venire a conoscenza di una situazione di pregiudizio per il minore per cui non si può attendere il provvedimento (e il necessario filtro garantistico per la collettività) del giudice.
La sua eccezionalità lo rende al contempo temporaneo, senza limiti prestabiliti ma sicuramente non oltre il vaglio del Tribunale per i Minorenni. Fino a quel momento il servizio, e per esso il suo responsabile e l’operatore del caso, possono ritenere (in piena autonomia) di mantenere la misura eccezionale o far rientrare il minore in famiglia. La responsabilità e la conseguenza di eventuali abusi ricade interamente sul servizio, poiché infatti non stanno eseguendo, applicando un 403 c.c., alcuna prescrizione del giudice ma una autonoma scelta tecnico-professionale.
Paolo Gros
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