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servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità

4 partecipanti

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servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità Empty servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità

Messaggio  sabina giovannini Ven 13 Gen 2012 - 3:57

l'art. 159 del TUEL, individua come impignorabili le somme di competenza per l'espletamento dei servizi locali indipensabili.
devo usare il DM 28 maggio 1993, pubblicato sulla G.U. n. 145 del 23 giugno 1993, con il quale vengono individuati, ai fini della non assoggettabilità ad esecuzione forzata, i servizi locali indispensabili dei Comuni, delle Province e delle Comunità Montane?

mi preoccupa perchè mancano i servizi sociali

forse con il federalismo hanno introdotto novità?

sabina giovannini

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servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità Empty Servizi locali

Messaggio  Paolo Gros Ven 13 Gen 2012 - 4:29

E' come dici , nessuna novita'
Paolo Gros
Paolo Gros
Admin

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http://paologros.oneminutesite.it/

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servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità Empty Re: servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità

Messaggio  michela di colandrea Lun 23 Gen 2012 - 1:38

mi serve un aiuto, ho fatto la delibera dell'impignorabilità ai sensi del 159 TUEL e considerando i servizi locali indispensabili D.M. 28/05/93, il segretario comunale ha dato parere contrario per incongruenza logica e giuridica dell'atto, in quanto sostiene che vanno inseriti tutti i servizi compresi quelli sociali, che faccio???
grazie

michela di colandrea

Messaggi : 375
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servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità Empty Re: servizi locali indispensabili - definizione - impignorabilità

Messaggio  francodan Lun 23 Gen 2012 - 2:47

l'elencazione sarebbe tassativa anche per una sezione della cdc

Parere n.1/2003
REPUBBLICA ITALIANA
CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LIGURIA
composta dai seguenti magistrati:
dott. Salvatore GRECO Presidente
dott. Antonio SCUDIERI Consigliere
dott. Luisa D’EVOLI Referendario
dott. Pietro MALTESE Referendario-relatore
nell’adunanza del 26 novembre 2003 ha reso il seguente parere in
materia di contabilità pubblica.
Vista la relazione n.3877 in data 12 novembre 2003 con la quale il
Comune di Lumarzo in persona del Sindaco ha rivolto alla Sezione
richiesta di parere urgente ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5
giugno 2003, n. 131;
Vista l’ordinanza presidenziale che ha deferito la questione all’esame
collegiale della Sezione;
Udito, nella adunanza del 26 novembre 2003, il Referendario relatore
Dr. Pietro MALTESE;
PREMESSO:
Con nota n. 3877 del 12 novembre 2003, assunta al protocollo il
15 novembre 2003 al n.1563/I/13, il Sindaco del Comune di Lumarzo ha
riferito che in data 24 luglio 2003 è stato notificato all’Amministrazione
comunale presso il tesoriere atto di pignoramento fino alla concorrenza
2
di Euro 190.000,00 eseguito per conto di una ditta creditrice in possesso
di titolo esecutivo (sentenza civile di condanna del Comune).
L’Amministrazione comunale aveva in precedenza adottato e
notificato al tesoriere, ai sensi dell’art. 159 del T.U. delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, apposita deliberazione (n.15 del 5
aprile 2003) di quantificazione delle somme sottratte ad esecuzione per
il periodo luglio-dicembre 2003 per fronteggiare le spese relative alle
retribuzioni del personale, al pagamento delle rate di mutuo ed ai servizi
locali indispensabili.
Dopo avere precisato che a seguito di ricorso in opposizione
proposto dal Comune ai sensi dell’art. 615, 2° comma, c.p.c. il Giudice
civile ha sospeso la procedura esecutiva per provvedere alla nomina di
un C.T.U. rinviando la causa all’udienza del 15 gennaio 2004, il Capo
dell’Amministrazione ha chiesto un urgente parere in ordine a quattro
problematiche esposte nei seguenti termini:
1) le risorse pignorabili dovrebbero essere solo quelle derivanti
dai Titoli I, II, e III (entrate correnti) in quanto le stesse finanziano i
servizi comunali indispensabili (art.149, comma 7, del D.Lgs.
267/2000), le spese del personale e le spese per l’ammortamento dei
mutui così come previsto dalla legge ed elencate nella deliberazione
comunale;
2) le risorse di cui ai Titoli IV, V e VI delle entrate (contributi in
conto capitale, mutui e partite di giro) che finanziano le spese di cui al
Titolo II e IV (spese in conto capitale e per partite di giro) dovrebbero
essere sottratte all’esecuzione in quanto dette risorse non possono
3
essere sviate, per legge, dalla loro destinazione;
3) si dubita che l’elenco dei servizi locali indispensabili di cui al
D.M. 28 maggio 1993 sia da ritenersi esaustivo e corrispondente alla
codifica del Bilancio comunale. Il dubbio muove dalla considerazione che
il D.Lgs. 77/95 e poi il D.Lgs. 267/2000 sono stati emanati in epoca
successiva e che risultano esclusi dall’elenco predetto servizi importanti
come quelli sociali – Funzione 10 – e quelli finanziari – Funzioni 1 –
servizi 3,4 e 5;
4) le somme destinate alle retribuzioni del personale sarebbero in
ogni caso sempre non soggette ad esecuzione; ciò indurrebbe a ritenere
che il legislatore non abbia inteso limitare a soli 6 mesi su 12 il vincolo di
indisponibilità.
La prospettazione delle suddette problematiche, cui
l’Amministrazione mostra di dare essa stessa una implicita risposta, è
accompagnata dall’esposizione di talune conseguenze patrimoniali
asseritamene paradossali che dimostrerebbero la tesi secondo la quale il
vincolo di somme derivante dalla deliberazione adottata ai sensi del
menzionato art. 159 sarebbe riferibile solamente a spese di parte
corrente finanziate dalle correlate entrate correnti, e non, dunque, alle
risorse in conto capitale per loro natura sottratte ad esecuzione forzata
in quanto vincolate per legge.
In particolare viene lamentato che in pendenza della procedura
esecutiva il tesoriere blocca o accantona, ritenendole pignorabili, le
somministrazioni di mutui della Cassa DD.PP destinate ai pagamenti in
favore delle imprese appaltatrici o le somme versate in tesoreria dalla
4
Regione e da altri enti per lavori ammessi a contributo, mentre il
Comune è costretto a far fronte con onerose anticipazioni di tesoreria
alle spese cui detti specifici finanziamenti si riferiscono.
Nel corso dell’audizione svoltasi su richiesta del Comune il giorno
20 novembre 2003 presso gli Uffici della Sezione con la partecipazione
del Sindaco, del Vice Sindaco, del Segretario comunale e del
Responsabile del servizio finanziario sono stati forniti ulteriori elementi
di valutazione in ordine ai proposti quesiti, con la precisazione che la
loro soluzione sarebbe finalizzata ad orientare l’organo esecutivo nella
emanazione, per il semestre successivo, della deliberazione di vincolo
prevista dall’art. 159 del T.U. n.267/2000; è stato, inoltre, chiarito, con
riferimento alla problematica riportata al punto 1) che per risorse
pignorabili debbono intendersi quelle di parte corrente che eccedono gli
importi indicati in detta deliberazione.
CONSIDERATO quanto segue:
1. La richiesta di parere all’odierno esame è stata formulata dal
Sindaco del Comune di Lumarzo ai sensi della disposizione contenuta nel
comma 8 dell’art. 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante
disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 (c.d. “legge La Loggia).
Detto comma, innovando nel sistema delle tradizionali funzioni
della Corte dei conti, dispone che le Regioni possono chiedere alle
Sezioni regionali di controllo “ulteriori forme di collaborazione” ai fini
della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione
amministrativa, “nonché pareri in materia di contabilità pubblica”,
5
aggiungendo che “analoghe richieste possono essere formulate, di
norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da
Comuni, Province e Città metropolitane”.
La assoluta novità della disposizione, che, per quanto consta, non
ha trovato ancora applicazione nell’esperienza delle Sezioni regionali di
controllo, induce il Collegio a verificare in via preliminare l’ammissibilità
della richiesta di parere sia sotto l’aspetto procedimentale, tenuto conto
che la stessa è pervenuta direttamente dal Comune ed è stata avanzata
per iniziativa del Sindaco, sia sotto il profilo oggettivo della attinenza
alla “materia della contabilità pubblica”, materia che delimita
normativamente l’ambito di esercizio della funzione consultiva intestata
alle Sezioni regionali di controllo.
2. Quanto al primo aspetto osserva il Collegio che la previsione
dell’inoltro delle richieste di parere tramite il Consiglio delle autonomie
locali, organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali previsto dal
novellato art. 123 della Costituzione, testimonia l’intenzione del
legislatore di creare in via normale (“di norma”) un sistema di filtro delle
richieste degli enti locali, ma non impedisce ai singoli enti di richiedere il
parere “direttamente” alla Sezione regionale di controllo, qualora
ricorrano giustificati motivi (ad esempio, l’urgenza).
Nel caso di specie, il problema non si pone in quanto, a parte la
considerazione che è stato richiesto un “parere urgente”, non risulta
ancora istituito in Liguria il Consiglio delle autonomie locali, per cui non
esistono preclusioni all’ammissibilità, sotto il profilo considerato, della
richiesta di parere.
6
3. Quanto al secondo profilo, ritiene il Collegio che il capo
dell’Amministrazione dell’ente locale sia legittimato a richiedere, con
decisione autonoma, la pronuncia consultiva della Corte, senza che
occorra, cioè, una preventiva deliberazione autorizzativa di uno degli
organi collegiali di governo dell’ente (Consiglio o Giunta).
Infatti, la richiesta di parere alla Sezione regionale di controllo, in
quanto “atto propulsivo” volto ad eccitare l’esercizio della funzione
consultiva da parte di un organo magistratuale che agisce in posizione di
neutralità in un contesto di attribuzioni di natura collaborativa
nell’interesse generale del sistema delle autonomie locali, può farsi
fondatamente rientrare nei generici poteri di iniziativa del capo
dell’amministrazione che è l’organo responsabile dell’ente locale, cui
oltre alla rappresentanza dell’ente, spetta il compito di sovrintendere al
funzionamento dei servizi e degli uffici (art.50 del T.U. delle leggi
sull’ordinamento dell’ente locale, approvato con D.Lgs.18 agosto 2000,
n.267).
Ritiene, pertanto, la Sezione che la richiesta di parere formulata
dal Sindaco sia, in relazione all’indicato profilo, pienamente ammissibile.
4. Occorre ora analizzare il contenuto dei quesiti come
prospettati dal Comune per verificare se il parere richiesto rientri o
meno nella “materia della contabilità pubblica”, intesa tale nozione come
il sistema normativo che presiede alla gestione finanziaria e patrimoniale
dello Stato e degli altri enti pubblici e che regola, quindi, i rapporti
relativi alla gestione del pubblico denaro (Cass. Civ., Sez. Un., 2 marzo
1982, n.1282; Corte dei conti, sez. I, 13 maggio 1987, n.91).
7
Ritiene la Sezione che a questo interrogativo debba darsi risposta
positiva in quanto la richiesta nella sua complessiva articolazione
involge, come sarà meglio chiarito in seguito, questioni interpretative
delle disposizioni dell’art. 159 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli
enti locali, le quali dettano una disciplina pubblicistica che, in deroga alle
norme comuni sulla pignorabilità dei beni patrimoniali disponibili da
parte dei creditori dell’ente locale, sottrae all’esecuzione forzata presso il
tesoriere (soggetto munito della qualità di agente contabile) le somme
destinate al soddisfacimento di preminenti bisogni di pubblico interesse.
5) Una ulteriore questione preliminare di cui la Sezione ritiene di
farsi carico attiene alla verifica della esistenza di elementi ostativi alla
pronuncia consultiva in relazione al contenuto ed alla finalità del parere
richiesto.
In proposito il Collegio esprime l’avviso che debbano rimanere
estranee alla funzione consultiva demandata alle Sezioni regionali di
controllo, in relazione all’ambito oggettivo posto dalla legge (“materia
della contabilità pubblica”), richieste intese ad orientare le
amministrazioni nella scelta di condotte processuali in vertenze di
carattere giudiziario in atto o in via di instaurazione; la soluzione delle
controversie di tale tipo non può che restare affidata alle iniziative
discrezionali o tecnico-legali dell’ente ed alle pronunce dei competenti
organi della giurisdizione (ordinaria, amministrativa, tributaria).
La materia della contabilità pubblica attiene, come è noto, alla
gestione finanziaria e patrimoniale degli enti pubblici che è attività
vincolata in quanto governata da un sistema di principi e di norme
8
giuridiche che trovano il loro fondamento in precetti di ordine
costituzionale.
I pareri da richiedersi alla Sezioni regionali di controllo della Corte
possono, quindi, riguardare questioni di carattere giuridico-contabile, la
cui soluzione possa tornare utile alla emanazione di atti di
amministrazione o di normazione, ed in quanto tali devono precedere la
determinazione dell’organo competente a deliberare, essendo
difficilmente configurabile un atto consultivo al di fuori della relazione
giuridica che lo lega all’atto (futuro) di volontà dell’organo destinatario.
La pronuncia della Corte dovrebbe tendere, tuttavia, a fornire il
contributo della esperienza maturata dalla magistratura speciale nelle
sue diverse ed articolate funzioni alla soluzione di questioni generali di
carattere amministrativo-contabile che possono presentarsi nella vita
amministrativa dell’ente locale e che trovano il loro momento genetico o
occasionale in fattispecie concrete di difficile o complessa soluzione.
Tornando alla richiesta di parere avanzata dal Comune di
Lumarzo, osserva la Sezione che la pendenza di una procedura
esecutiva instaurata a danno del Comune da una impresa creditrice non
è di ostacolo nel caso concreto all’esercizio della funzione consultiva,
posto che i quesiti nei quali si articola la richiesta, pur se occasionati
dalla predetta procedura, per un verso attengono a questioni
interpretative di carattere generale e per altro verso sono preordinati,
come è stato chiarito nel corso dell’intervenuta audizione degli
amministratori e dei funzionari, a fornire alla giunta comunale utili
orientamenti in vista dell’adozione, ai sensi dell’art. 159 del T.U.
9
n.267/2000, di una seconda deliberazione di vincolo delle risorse
finanziarie a valere per il prossimo semestre.
Anche sotto quest’ultimo profilo, non vi sono, dunque,
pregiudiziali all’esame della richiesta.
6. Passando al merito, va brevemente ricordato che l’art. 159 del
menzionato T.U. n.267/2003, alla cui applicazione sostanzialmente
conducono i quesiti proposti anche se di esso non si fa diretta menzione
(articolo che riproduce le norme dell’art. 113 dell’abrogato D.Lgs. 25
febbraio 1995, n.77, come modificato dall’art. 39 del D.Lgs. 11 giugno
1996, n.336), stabilisce, al 1° comma, che non sono ammesse
procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli
enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Con tale
disposizione il legislatore ha eliminato le incertezze derivanti dalla
presenza del sistema della tesoreria unica, individuando nella figura del
solo tesoriere dell’ente locale il terzo debitore di cui all’art. 543 c.p.c. ai
fini del pignoramento del denaro, dei titoli e dei valori dell’ente affidati
alla sua gestione contabile.
Al secondo comma, l’art. 159 stabilisce che non sono soggette
ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio dal
giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate: a) al
pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti
oneri previdenziali per i tre mesi successivi; b) al pagamento delle rate
di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c)
all’espletamento dei servizi locali indispensabili.
Con tale speciale disposizione, di evidente impronta pubblicistica,
10
il legislatore ha voluto sottrarre, in deroga alla regola generale prevista
dall’art. 2740 c.c., all’esecuzione da parte dei creditori dell’ente locale le
somme di denaro destinate a determinate spese ritenute meritevoli di
una protezione maggiore rispetto alla tutela civilistica accordata alle
ragioni del creditore.
Tale qualificata protezione, tuttavia, non opera in via automatica,
ma richiede quale condizione indispensabile, come previsto dal
successivo terzo comma, la formale assunzione di una preventiva
deliberazione, da adottarsi ogni semestre e da notificarsi al tesoriere,
con la quale l’organo esecutivo dell’ente locale quantifichi le somme
destinate alle spese che si intendono vincolare, non essendo sufficiente
la semplice iscrizione in bilancio delle correlate poste di entrata e di
uscita.
A tale condizione di ordine procedurale se ne aggiunge una
ulteriore per effetto della sentenza (additiva) della Corte costituzionale
n. 211 del 4-18 giugno 2003 che ha dichiarato l’incostituzionalità
dell’art.159, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle
somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non
operi qualora, dopo l’adozione e la notifica al tesoriere dell’ente locale
della deliberazione semestrale di vincolo, siano emessi mandati a titoli
diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico della fatture
così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura,
delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso.
Alla luce di tale quadro normativo vanno esaminati i primi due
quesiti posti dal Comune di Lumarzo, il quale muove dal presupposto
11
secondo il quale le risorse di cui ai Titoli IV, V e VI dell’entrata (ed in
specie le entrate derivanti da contributi in conto capitale, da mutui e da
partite di giro) destinate a finanziare le spese di cui al Titoli II e III
(spese in conto capitale e per partite di giro) dovrebbero essere
sottratte all’esecuzione in quanto dette risorse non possono essere
sviate, per legge, dalla loro destinazione.
Da tale presupposto sembra che il Comune faccia discendere la
ragione della limitata portata della disposizione del menzionato art. 159
che ha sottratto all’esecuzione forzata le sole risorse derivanti dai Titoli
I, II e III (entrate correnti) destinate a finanziare i servizi comunali
indispensabili (art.149, comma 7, del D. Lgs. 267/2000), le spese del
personale e le spese per l’ammortamento dei mutui.
Sul piano operativo tale situazione determina, a detta del
Comune, conseguenze paradossali, in quanto il tesoriere, in presenza di
procedure esecutive, blocca o accantona, ritenendole pignorabili, le
somministrazioni di mutui della Cassa DD.PP destinate ai pagamenti in
favore delle imprese appaltatrici o le somme versate in tesoreria dalla
Regione e da altri enti per lavori ammessi a contributo, mentre il
Comune è costretto a far fronte con onerose anticipazioni di tesoreria
alle spese cui detti specifici finanziamenti si riferiscono.
In ordine ai predetti due quesiti ritiene il Collegio di dover
osservare che la distinzione, posta dal Comune, fra risorse destinate a
spese correnti e risorse destinate a spese in conto capitale appare
estranea alla previsione dell’art. 159 che ha voluto indicare le tipologie
astratte delle somme depositate presso il tesoriere che il Comune, con
12
un suo atto amministrativo di vincolo, può rendere concretamente non
aggredibili dai terzi creditori con procedure esecutive; tali somme
corrispondono a tipologie di spese individuate dal legislatore in base ad
una valutazione pubblicistica delle finalità dei pagamenti e non alla
stregua delle classificazioni di bilancio.
La previsione di una necessaria deliberazione dell’ente locale di
determinazione quantitativa delle somme da sottoporre a vincolo di
impignorabilità tende, poi, a superare proprio le incertezze che in
passato nascevano dalla allocazione in bilancio di poste di entrate a
destinazione vincolata, nei confronti delle quali non era chiaro, anche
sotto l’aspetto della tutela dei creditori, se dovesse escludersi la
procedura esecutiva.
In sostanza, anche le somme di denaro corrispondenti ad una
entrata a destinazione specifica possono essere assoggettate ad atti di
pignoramento del creditore, in quanto il vincolo di destinazione che
presidia l’entrata (in conto capitale o di scopo) costituisce un limite per
l’attività di gestione del bilancio nei confronti dell’amministratore
dell’ente che non può cambiarne la destinazione, ma non circostanza
opponibile secondo le norme di diritto comune ai terzi creditori
procedenti in executivis.
Ovviamente, tale principio vale per entrate a destinazione
vincolata per le quali non vi sia una espressa disposizione legislativa che
specificamente le sottragga alla procedura espropriativa (esempio, art.
1, commi 10, 11 e 12 del D.L.30 maggio 1988, n, 173, conv. il legge 30
luglio 1988, n.291).
13
Non appare, pertanto, condivisibile la tesi adombrata dal
Comune secondo la quale la destinazione vincolata propria di
determinate entrate (come quelle destinate al finanziamento di spese in
conto capitale) sarebbe di per sé idonea a sottrarre all’esecuzione
forzata da parte dei creditori dell’ente, muniti di titolo esecutivo, i
correlativi flussi di denaro in tesoreria.
La circostanza che le somme indicate nell’articolo 159
corrispondano, nella classificazione giuscontabile, ad entrate di parte
corrente, non autorizza una chiave di lettura delle disposizioni diversa da
quella che deve guidare l’interprete secondo le comuni regole di
ermeneutica.
7. Il terzo quesito, cui la Sezione è chiamata a rispondere, tende
ad accertare se l’elencazione dei servizi indispensabili per i Comuni
contenuta nel decreto del Ministro dell’Interno del 28 maggio 1993,
adottato di concerto con il Ministro del Tesoro, abbia o meno carattere
“esaustivo” e muove dalla considerazione che l’elencazione non include
servizi importanti come quelli sociali (Funzione 10) e quelli finanziari
(Funzione 1- Servizi 3, 4 e 5).
Osserva al riguardo il Collegio che tale atto di normazione
secondaria venne emesso in applicazione dell’art. 11 del D.L. 18 gennaio
1993, n.8, convertito in legge 19 marzo 1993, n.68 (“Disposizioni
urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica”), il quale,
nel disciplinare la materia della esecuzione forzata a danno degli enti
locali con disposizioni analoghe a quelle poi riprodotte nel menzionato
art. 159 del T.U. n.267/2000, aveva demandato appunto ad una
14
pronuncia amministrativa la definizione dei “servizi locali indispensabili”
in relazione ai quali era previsto il vincolo di impignorabilità delle
corrispondenti risorse finanziarie.
Ritiene la Sezione che l’elencazione ministeriale dei servizi in
questione sia da considerarsi tassativa, dato il carattere derogatorio,
rispetto alla regola generale posta dall’art. 2740 c.c., della disposizione
legislativa dalla quale il decreto ministeriale trae forza normativa;
l’elencazione, dunque, non è suscettibile di essere allargata con
inserimento di altri servizi ritenuti indispensabili, né applicata in senso
estensivo.
Non può, peraltro, sfuggire che nell’analoga disposizione
riprodotta nell’art. 113 del decreto legislativo n.77/1995 (poi trasfusa,
come accennato, nell’art 159 del T.U. n.267/2000) non figura alcun
richiamo al decreto ministeriale in questione, mentre la norma
attributiva al Ministro dell’Interno del potere di individuare i servizi locali
indispensabili (art.11 citato) risulta addirittura espressamente abrogata,
limitatamente alle disposizioni concernenti comuni, province e comunità
montane, dall’art.123, lett. q) dello stesso Decreto legislativo
n.77/1995, come sostituito dall’art. 46 del D. Lgs. 11 giugno 1996, 336.
Da tale abrogazione consegue, a giudizio della Sezione, il venir
meno della competenza ministeriale a rivedere l’elencazione dei “servizi
locali indispensabili” ai fini dell’inserimento di nuove tipologie (come
quelle relative, ad esempio, ai servizi sociali agli anziani) rispondenti a
bisogni delle collettività locali che l’evolversi della cultura amministrativa
porta a ritenere essenziali.
15
Ma il sopravvenuto vuoto di potere normativo non può, ad avviso
della Sezione, essere colmato - ferma restando comunque la validità
della elencazione cristallizzata nel D.M. 28 maggio 1993 - con interventi
ampliativi, da parte dell’ente locale, sull’elencazione dei servizi
indispensabili di cui al più volte menzionato art. 159, siccome definiti dal
provvedimento ministeriale.
Al riguardo, pur tenendo conto della accresciuta sfera di
autonomia di cui sono divenuti titolari gli enti locali territoriali in forza
del riformato titolo V, parte II, della Costituzione, non può essere
trascurato di considerare che la individuazione delle “funzioni
fondamentali per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità
locali” (categoria alla quale andrebbero ricondotti i servizi indispensabili
locali) è materia che rimane compresa nella potestà legislativa esclusiva
dello Stato ai sensi del novellato art.117 della Costituzione, tant’è che la
relativa disciplina ha formato oggetto di delega parlamentare al Governo
(art. 2, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n.131).
8. Il quarto quesito riguarda la pignorabilità delle somme
destinate al pagamento delle retribuzioni al personale e dei conseguenti
oneri riflessi e muove dalla duplice prospettazione che dette somme
“siano in ogni caso sempre non soggette ad esecuzione” e che il
legislatore non abbia inteso limitare a soli 6 mesi su 12 (tre mesi per
ogni semestre) il vincolo di indisponibilità, donde la ipotizzata tesi della
estensibilità del vincolo stesso all’intera durata dei due semestri.
Per la risposta alla prima parte del quesito valgono le
considerazioni già svolte secondo le quali la caratteristica di
16
impignorabilità impressa, con norma di carattere sostanziale, dal comma
2 dell’art. 159 alle somme destinate ai pagamenti ivi indicati (e, quindi,
anche alle somme relative alle retribuzioni dei dipendenti) non può
trovare applicazione in concreto ove non sia stata adottata e notificata al
tesoriere la deliberazione semestrale di vincolo e sempre che nella
emissione dei mandati di pagamento a titoli diversi da quelli vincolati
non siano seguite le modalità introdotte additivamente dalla Corte
costituzionale con la richiamata sentenza n. 211/2003.
Quanto alla misura delle somme da vincolare a tale titolo risulta
evidente dal tenore letterale del testo normativo che essa debba essere
riferita alle retribuzioni da corrispondere per soli tre mesi dell’intero
semestre preso in considerazione dalla deliberazione comunale di vincolo
(“per i tre mesi successivi”).
E’ ragionevole opinare che il legislatore, lungi dal voler riservare
alle retribuzioni del personale dipendente una tutela privilegiata
temporalmente meno ampia rispetto alle altre voci di spesa (rate
semestrali di ammortamento dei mutui e servizi locali indispensabili), ha
ritenuto che un lasso di tempo di tre mesi fosse sufficiente per
consentire all’ente l’apprestamento delle misure necessarie al reintegro
della liquidità occorrente al pagamento delle retribuzioni per il trimestre
successivo.
P.Q.M
esprime nei sensi sopra indicati il parere richiesto alla Sezione regionale
di controllo della Corte dei conti per la Liguria.
Copia del parere sarà trasmessa a cura del direttore della
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