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PIANO SOCIALE DI ZONA
Buongiorno, cortesemente avrei bisogno di un parere su un dubbio sottospecificato:
L'ambito di del nostro Comune (Piano Sociale di Zona) ha avviato nel 2012 la gestione associata del Servizio di Assistenza Domiciliare Anziani. La somma necessaria per l'espletamento del predetto servizio è, per una quota, ripartita tra i Comuni dell'ambito ed una quota regionale.
Si chiede se il suddetto servizio, per la parte di competenza di ogni singolo Comune, è ancora da considerare un Servizio a Domanda Individuale, anche perchè è sempre prevista la contribuzione da parte degli utenti.
Distinti Saluti
L'ambito di del nostro Comune (Piano Sociale di Zona) ha avviato nel 2012 la gestione associata del Servizio di Assistenza Domiciliare Anziani. La somma necessaria per l'espletamento del predetto servizio è, per una quota, ripartita tra i Comuni dell'ambito ed una quota regionale.
Si chiede se il suddetto servizio, per la parte di competenza di ogni singolo Comune, è ancora da considerare un Servizio a Domanda Individuale, anche perchè è sempre prevista la contribuzione da parte degli utenti.
Distinti Saluti
OLEGNA72- Messaggi : 32
Data d'iscrizione : 25.10.11
Domanda individuale
Lo e' infatti il solo fatto che il Consiglio comunale, in sede di approvazione del bilancio di previsione, abbia riportato nella relazione previsionale e programmatica l’espletamento di tale servizio (assistenza domiciliare), comporta l’individuazione di uno specifico servizio di rilevanza sociale sul territorio.
Nonostante l’esistenza di una definizione “positiva” della categoria dei servizi a domanda individuale, si osserva come tale individuazione sia stata elaborata “ Ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del D.L. 28 Febbraio 1983, n. 55” e, quindi, potrebbe anche non avere comunque una valenza generale al di fuori dell’ambito di applicazione del medesimo decreto.
Per i servizi a domanda individuale, si descrivono, oltre all’individuazione delle fattispecie, le principali caratteristiche della categoria, si indicano le relative esclusioni ma sembrerebbe restare il problema circa la possibilità di individuare, ad altri effetti, ulteriori fattispecie suscettibili di appartenere alla medesima categoria.
Peraltro, dovrebbe anche essere verificata l’attualità delle caratteristiche indicate a seguito dei numerosi interventi in materia a cominciare dalla LEGGE 142/90, oggi sostituita dal TUEL (D.Lgs. 267/2000).
Se è vero che la definizione di “servizio a domanda individuale” è nata in stretto collegamento con le esigenze di controllo generalizzato sulla copertura del costo del servizio, non è assolutamente detto che le caratteristiche di tali servizi non possano a loro volta subire una evoluzione ovvero essere oggetto di una riconsiderazione, qualora tali esigenze venissero meno o si ridimensionassero.
L’art. 112 del Tuel quando prevede che “i Comuni e le Province, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”, riconosce, in sostanza, il ruolo decisivo svolto dagli enti locali nell’interpretare i bisogni e le esigenze delle rispettive comunità.
Pertanto, la qualificazione del servizio avviene non più in base alla natura del soggetto erogatore, ovvero alla natura ed alle caratteristiche dell’attività svolta, ma in relazione alle finalità ed agli obiettivi perseguiti attraverso la gestione. Si propone, dunque, una concezione finalistica che esalta l’autonomia degli enti e che enuncia un principio di carattere generale fondato proprio sulla particolare posizione riconosciuta all’ordinamento degli enti locali.
Ne deriva, infine, che la valutazione in ordine all’assunzione ed alla gestione di un servizio dovrà essere effettuata, in primo luogo e di regola, dal singolo ente locale in base ad autonome considerazioni di ordine politico, ma anche di ordine tecnico relative alla propria situazione economico-finanziaria e sociale ed alla posizione territoriale.
E, mi sembra, che tale valutazione sia stata consacrata in sede di programmazione da parte del Vs Consiglio.
Per quanto concerne le forme di gestione del servizio, non può trovare accoglimento la definizione tradizionale che individua i servizi a domanda individuale quali quelli che hanno ad oggetto attività “gestite direttamente dall’Ente”.
L’art. 43 della Legge n. 449/97, nel prevedere la possibilità di individuare prestazioni per le quali richiedere contributi all’utente non fa riferimento alla necessità di gestione diretta del relativo servizio da parte dell’Ente, adeguando la definizione di servizio pubblico a domanda individuale alla nuova realtà normativa.
Nella sostanza per inserire l’attività nell’ambito dei servizi a domanda individuale, la gestione potrà essere anche indiretta (direi che ciò attualmente si verifica nella maggior parte dei casi), in quanto la caratteristica imprescindibile consiste nella riferibilità della scelta all’Ente locale, mentre l’esercizio dell’attività potrebbe essere demandata ad altri soggetti.
In quest’ultimo caso, ovviamente, la misura della copertura del costo del servizio a carico dell’utenza viene ad assumere importanza fondamentale, specialmente se il soggetto in questione è destinato ad operare nel mercato.
In conclusione, poiché sono state stabilite anche le quote di partecipazione della spesa a carico dell’utenza a seconda del numero delle prestazioni usufruite e poiché a nulla rileva la forma di gestione del servizio, ritengo che il medesimo debba necessariamente essere strutturato quale servizio a domanda individuale.
Inoltre, il fatto che il Comune non versi in situazione di deficit strutturale interesserebbe solo il “quantum” tariffario e non la scelta di effettuare il servizio de quo.
Il Comune è pertanto tenuto, con apposita variazione, ad istituire nel proprio bilancio nella parte entrata un capitolo (con destinazione vincolata) relativo alle quote da richiedere all’utenza a parziale copertura delle prestazioni effettuate.
Il sistema di riscossione di tali somme dovrebbe prevederne l’incasso direttamente dallo stesso Comune a meno che, convenzionalmente, non si riconosca la qualifica di “agente contabile esterno” alla cooperativa titolare della gestione, ma ciò comporterebbe l’obbligo del rendiconto ai sensi del TUEL, che non mi sembra il caso di mettere in piedi nella fattispecie considerata.
Direi che sarebbe il caso di stabilire il corrispettivo complessivo da corrispondere al gestore a cadenza periodica da Voi stabilita e sulla base delle prestazioni erogate caricando l’onere della differenza della copertura di tale costo sul bilancio nel suo complesso
Nonostante l’esistenza di una definizione “positiva” della categoria dei servizi a domanda individuale, si osserva come tale individuazione sia stata elaborata “ Ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del D.L. 28 Febbraio 1983, n. 55” e, quindi, potrebbe anche non avere comunque una valenza generale al di fuori dell’ambito di applicazione del medesimo decreto.
Per i servizi a domanda individuale, si descrivono, oltre all’individuazione delle fattispecie, le principali caratteristiche della categoria, si indicano le relative esclusioni ma sembrerebbe restare il problema circa la possibilità di individuare, ad altri effetti, ulteriori fattispecie suscettibili di appartenere alla medesima categoria.
Peraltro, dovrebbe anche essere verificata l’attualità delle caratteristiche indicate a seguito dei numerosi interventi in materia a cominciare dalla LEGGE 142/90, oggi sostituita dal TUEL (D.Lgs. 267/2000).
Se è vero che la definizione di “servizio a domanda individuale” è nata in stretto collegamento con le esigenze di controllo generalizzato sulla copertura del costo del servizio, non è assolutamente detto che le caratteristiche di tali servizi non possano a loro volta subire una evoluzione ovvero essere oggetto di una riconsiderazione, qualora tali esigenze venissero meno o si ridimensionassero.
L’art. 112 del Tuel quando prevede che “i Comuni e le Province, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”, riconosce, in sostanza, il ruolo decisivo svolto dagli enti locali nell’interpretare i bisogni e le esigenze delle rispettive comunità.
Pertanto, la qualificazione del servizio avviene non più in base alla natura del soggetto erogatore, ovvero alla natura ed alle caratteristiche dell’attività svolta, ma in relazione alle finalità ed agli obiettivi perseguiti attraverso la gestione. Si propone, dunque, una concezione finalistica che esalta l’autonomia degli enti e che enuncia un principio di carattere generale fondato proprio sulla particolare posizione riconosciuta all’ordinamento degli enti locali.
Ne deriva, infine, che la valutazione in ordine all’assunzione ed alla gestione di un servizio dovrà essere effettuata, in primo luogo e di regola, dal singolo ente locale in base ad autonome considerazioni di ordine politico, ma anche di ordine tecnico relative alla propria situazione economico-finanziaria e sociale ed alla posizione territoriale.
E, mi sembra, che tale valutazione sia stata consacrata in sede di programmazione da parte del Vs Consiglio.
Per quanto concerne le forme di gestione del servizio, non può trovare accoglimento la definizione tradizionale che individua i servizi a domanda individuale quali quelli che hanno ad oggetto attività “gestite direttamente dall’Ente”.
L’art. 43 della Legge n. 449/97, nel prevedere la possibilità di individuare prestazioni per le quali richiedere contributi all’utente non fa riferimento alla necessità di gestione diretta del relativo servizio da parte dell’Ente, adeguando la definizione di servizio pubblico a domanda individuale alla nuova realtà normativa.
Nella sostanza per inserire l’attività nell’ambito dei servizi a domanda individuale, la gestione potrà essere anche indiretta (direi che ciò attualmente si verifica nella maggior parte dei casi), in quanto la caratteristica imprescindibile consiste nella riferibilità della scelta all’Ente locale, mentre l’esercizio dell’attività potrebbe essere demandata ad altri soggetti.
In quest’ultimo caso, ovviamente, la misura della copertura del costo del servizio a carico dell’utenza viene ad assumere importanza fondamentale, specialmente se il soggetto in questione è destinato ad operare nel mercato.
In conclusione, poiché sono state stabilite anche le quote di partecipazione della spesa a carico dell’utenza a seconda del numero delle prestazioni usufruite e poiché a nulla rileva la forma di gestione del servizio, ritengo che il medesimo debba necessariamente essere strutturato quale servizio a domanda individuale.
Inoltre, il fatto che il Comune non versi in situazione di deficit strutturale interesserebbe solo il “quantum” tariffario e non la scelta di effettuare il servizio de quo.
Il Comune è pertanto tenuto, con apposita variazione, ad istituire nel proprio bilancio nella parte entrata un capitolo (con destinazione vincolata) relativo alle quote da richiedere all’utenza a parziale copertura delle prestazioni effettuate.
Il sistema di riscossione di tali somme dovrebbe prevederne l’incasso direttamente dallo stesso Comune a meno che, convenzionalmente, non si riconosca la qualifica di “agente contabile esterno” alla cooperativa titolare della gestione, ma ciò comporterebbe l’obbligo del rendiconto ai sensi del TUEL, che non mi sembra il caso di mettere in piedi nella fattispecie considerata.
Direi che sarebbe il caso di stabilire il corrispettivo complessivo da corrispondere al gestore a cadenza periodica da Voi stabilita e sulla base delle prestazioni erogate caricando l’onere della differenza della copertura di tale costo sul bilancio nel suo complesso
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