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limite spesa consulenze - sezione piemonte 21 2012

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Messaggio  francodan Sab 24 Mar 2012 - 1:55

il parere è difforme da quello di lombardia in ordine al caso al parametro da utilizzare in caso di mancanza di spese impegnate nel 2009



CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE

Delibera n. 21/2012/SRCPIE/PAR
La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, nell’adunanza del 22 febbraio 2012 composta dai Magistrati:
Dott. sa Enrica LATERZA Presidente
Dott. Mario PISCHEDDA Consigliere
Dott. Gianfranco BATTELLI Consigliere
Dott. Giancarlo ASTEGIANO Consigliere
Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA Primo referendario (relatore)
Dott. Walter BERRUTI Primo referendario
Dott.ssa Alessandra OLESSINA Primo referendario
Visto l’art. 100, comma 2, della Costituzione;
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;
Vista la Legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
Visto il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modificazioni;
Vista la Legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed in particolare l’art. 7, comma 8;
Vista l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;
Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio 2006, n. 5;
Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010;
Vista la richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Buttigliera d’Asti, n. 808 del 7 gennaio 2012, trasmessa per il tramite del Consiglio delle Autonomie, e pervenuta in data 8 febbraio 2012;
Vista l’Ordinanza n. 7/2012 con la quale il Presidente di questa Sezione di controllo ha convocato la Sezione per l’odierna seduta e ha nominato relatore il Primo Referendario Dott. Giuseppe Maria Mezzapesa
Udito il relatore;
Ritenuto in
FATTO
Il Comune istante formula una richiesta di parere in merito alla corretta interpretazione ed applicazione di alcune disposizioni introdotte con l’art. 6 del D.L 78/2010 convertito in legge n. 122/2010.
In primo luogo chiede se, nonostante le previsioni di cui al comma 7 del citato articolo, possa provvedersi all’affidamento di un incarico di consulenza legale per una problematica di particolare difficoltà e di un altro per lo studio della viabilità del centro urbano, non essendosi sostenuta nel corso dell’anno 2009 alcuna spesa per studi e consulenze.
Lo stesso Ente chiede ancora se si possano sostenere spese per la formazione del personale dipendente, nell’ipotesi in cui tali spese non siano state previste nel bilancio del 2009, nel rispetto di quanto previsto al comma 13 dello stesso articolo 6 del D.L. n. 78/2010. In caso di risposta positiva a questo secondo quesito si chiede se sia possibile rivolgersi a dipendenti di altri comuni ai sensi dell’art. 1, comma 557 della legge n. 311/2004 piuttosto che ad imprese specializzate nel settore, e se la relativa spesa, essendo già soggetta ad un particolare regime, sia da escludere dai limiti di cui all’art. 562 della legge n. 296/2007.
DIRITTO
La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti è prevista dall’art. 7, comma 8, della Legge n. 131 del 2003 che, innovando nel sistema delle tradizionali funzioni della Corte dei conti, dispone che le regioni, i comuni, le province e le città metropolitane possano chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.
Con atto del 27 aprile 2004, la Sezione delle Autonomie ha dettato gli indirizzi e i criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva, evidenziando, in particolare, i soggetti legittimati alla richiesta e l’ambito oggettivo della funzione.
Occorre pertanto verificare preliminarmente la sussistenza contestuale del requisito soggettivo e di quello oggettivo, al fine di accertare l’ammissibilità della richiesta in esame:
Requisito soggettivo:
La legittimazione a richiedere pareri è circoscritta ai soli Enti previsti dalla legge n. 131 del 2003, stante la natura speciale della funzione consultiva introdotta dalla medesima legge, rispetto all’ordinaria sfera di competenze della Corte.
I pareri richiesti dai comuni, dalle province e dalle aree metropolitane, vanno inoltrati per il tramite del Consiglio delle autonomie locali.
Inoltre la richiesta può considerarsi ammissibile solo se proveniente dall’Organo rappresentativo dell’Ente (Presidente della Giunta regionale, Presidente della Provincia, Sindaco).
La richiesta di parere in esame proviene dal Comune di Buttigliera d’Asti, è stata formalizzata dal suo Sindaco ed è stata inoltrata per il tramite del Consiglio delle autonomie locali.
Sotto il profilo soggettivo, dunque, la richiesta di parere si palesa ammissibile. Requisito oggettivo:
I pareri sono previsti, dalla Legge n. 131 del 2003, esclusivamente nella materia della contabilità pubblica.
L’ambito oggettivo di tale locuzione, in conformità a quanto stabilito dalle Sezioni Autonomie nel citato atto di indirizzo del 27 aprile 2004, nonché nella deliberazione n. 5/2006, deve ritenersi riferito alla “attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria - contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli”.
Le Sezioni riunite in sede di controllo, nell’esercizio della funzione di orientamento generale assegnata dall’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno fornito ulteriori chiarimenti (cfr. del. n. 54/2010). Si è precisato, infatti, che la funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo nei confronti degli Enti territoriali deve svolgersi anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.
I quesiti posti, in quanto relativi a norme concernenti limiti alla spesa pubblica, possono ritenersi rientrare nella materia della contabilità pubblica come sopra definita, ed essere dunque esaminati nel merito.
Tuttavia va ricordato che, come già precisato nei citati atti di indirizzo, nonché in numerose delibere di questa Sezione, possono essere oggetto della funzione consultiva della Corte dei Conti le sole richieste di parere volte ad ottenere un esame da un punto di vista astratto e su temi di carattere generale. Devono quindi ritenersi inammissibili le richieste concernenti valutazioni su casi o atti gestionali specifici, tali da determinare un’ingerenza della Corte nella concreta attività gestionale dell’Ente e, in ultima analisi, una compartecipazione all’amministrazione attiva, incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza della Corte quale organo magistratuale.
Pertanto questo collegio, con riguardo ai quesiti posti, ritiene di potersi pronunciare solo sull’istituto di carattere generale oggetto della richiesta, senza ingerirsi nelle autonome scelte gestionali dell’Ente da adottarsi nel caso concreto.
In particolare, con riferimento alle previsioni di cui all’art. 6 del D.L. n. 78/2010 convertito dalla legge n. 122/2010, oggetto della richiesta in esame, come già evidenziato da questa Sezione in altre occasioni (cfr. del . n. 37/2011), la decisione di provvedere o meno a determinate tipologie di spese compete in ultima analisi all’Ente, discendendo da valutazioni rientranti nelle prerogative esclusive dei relativi organi decisionali, nel rispetto delle previsioni legali, nonché dei principi di sana gestione finanziaria e contabile.
Nei limiti sopra descritti, la richiesta si palesa, dunque, ammissibile anche dal punto di vista oggettivo.
Merito:
Le disposizioni di cui all’art. 6 del D.L 78/2010 convertito in legge n. 122/2010 si inseriscono nell’ambito di una manovra finanziaria tesa a razionalizzare e contenere la spesa delle amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti locali, per pervenire ad un miglioramento dei saldi dei bilanci di ciascuna amministrazione, contribuendo a quel processo di risanamento della finanza pubblica, cui la Repubblica è impegnata da anni. Pertanto il rispetto delle previsioni di legge in esame, oltre a ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio, è da inquadrare nell’ambito degli specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, come tali da considerarsi di stretta interpretazione. Facendo anche riferimento alle indicazioni emerse nelle delibere delle Sezioni riunite di questo Istituto, non sono dunque consentite deroghe ulteriori rispetto a quelle dettate dal legislatore, potendosi invece escludere le spese coperte mediante finanziamenti trasferiti da altri soggetti, pubblici o privati (cfr. Sezioni riunite del. n. 7/2011 e n. 50/2011; del. di questa Sezione n. 40/2011, oltre diverse pronunce deliberate in sede di controllo ex art. 1, commi 166 e ss. della legge n. 266/2005, v. fra le altre del. n. 153/2011).
Con particolare riguardo al primo quesito posto dal Comune istante, concernente l’applicazione del comma 7 dell’art. 6 del d.l. n. 78/2010 (ai sensi del quale: “al fine di valorizzare le professionalità interne alle amministrazioni a decorrere dall’anno 2011 la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati nonché gli incarichi di studio e di consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell’anno 2009. L’affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”), le Sezioni riunite, nella delibera n. 50/2011 sopra citata, hanno precisato che il dettato normativo, in considerazione dell’ampiezza della locuzione utilizzata, non consente alcuna limitazione al novero delle consulenze prese in esame ai fini della riduzione di spesa. Non rileva pertanto la circostanza che si tratti di consulenze altamente specialistiche o per problematiche di particolare difficoltà.
Peraltro va ricordato come il legislatore nel prevedere un limite di spesa nella misura massima di un quinto di quella sostenuta nel 2009, pone un requisito per la legittimità dei conferimenti di incarichi di consulenza e studio, con conseguenze sul piano della responsabilità erariale e disciplinare. Inoltre il superamento del vincolo di spesa e la violazione del regime restrittivo si traduce in una violazione di legge, costituendo vizio di validità del provvedimento amministrativo e motivo per l’annullamento d’ufficio dell’atto di affidamento sotto il profilo amministrativo (cfr. Sezione regionale della Lombardia, del. n. 1051/2010).
Ritiene inoltre il collegio che la norma in questione trovi necessaria applicazione anche per gli enti che non abbiano sostenuto alcuna spesa per studi ed incarichi di consulenza nel 2009, discostandosi sul punto dall’interpretazione di tipo funzionale sostenuta da altra Sezione regionale (Sezione regionale per la Lombardia, del. n. 227/2011). La Sezione regionale di controllo per la Lombardia ha ritenuto, infatti, che in tal guisa la ratio sottesa alla legge statale in esame (ovvero rendere operante, a regime, una riduzione della spesa per gli incarichi di consulenza e di studio), risulterebbe disattesa per quegli enti locali che nel corso dell’anno 2009 non abbiano sostenuto alcuna spesa, traducendosi per questi ultimi in un divieto assoluto alla stipula di questa tipologia di contratti. Secondo la stessa Sezione la norma in parola andrebbe applicata individuando un diverso parametro di riferimento - destinato a rappresentare il limite di spesa anche per gli anni successivi - rappresentato dalla spesa, strettamente necessaria, sostenuta nell’anno in cui si verifichi l’assoluta necessità di conferire un incarico di consulenza o di studio.
La stessa Sezione regionale di controllo per la Lombardia argomenta che, qualora non si adottasse questa interpretazione, la riduzione “lineare” prevista dall’art. 6, comma 7, cit. finirebbe per premiare gli enti meno virtuosi che, nel corso dell’anno 2009, hanno sostenuto una spesa per consulenze rilevante, traducendosi invece in un divieto assoluto per gli enti più virtuosi che, quello stesso anno, hanno sostenuto una spesa pari a zero. Precisa tuttavia che il ricorso a questo approccio ermeneutico funzionale implica la riduzione dei margini di discrezionalità dell’ente locale in sede di valutazione dei presupposti di fatto e di legge necessari per poter conferire legittimamente l’incarico esterno, dovendosi dimostrare, con motivazione particolarmente rigorosa, l’esistenza dei presupposti di stretta necessità, sia di carattere soggettivo sia di tipo oggettivo, che giustificano il ricorso ad una professionalità esterna.
Questa Sezione, trovando conforto nelle linee interpretative dettate dalle Sezioni riunite di questo Istituto in materia di norme di contenimento della spesa pubblica, ritiene invece che non possa prescindersi da un’interpretazione rigorosa della disciplina in esame, anche per esigenze logico sistematiche.
In primo luogo va ribadito come si sia in presenza di norme di contenimento della spesa pubblica che oltre ad incidere sulla sana gestione finanziaria e sugli equilibri finanziari dell’Ente, rispondono a “imprescindibili esigenze di riequilibrio della finanza pubblica per ragioni di coordinamento finanziario, connesse ad obiettivi nazionali ancorati al rispetto di rigidi obblighi comunitari”. E’ quanto le Sezioni riunite di questa Corte hanno da ultimo sancito anche con riferimento alle norme in materia di contenimento delle spese di personale (cfr. del. n. 3 e 4 del 2012). Si impone pertanto una rigorosa applicazione dei vincoli posti dal legislatore con riferimento ai parametri dallo stesso individuati.
Non appare inoltre dirimente l’argomentazione secondo cui la riduzione “lineare” prevista dall’art. 6, comma 7, d.l. n. 78/2010 finirebbe per premiare gli enti meno virtuosi che, nel corso dell’anno 2009, hanno sostenuto una spesa per consulenze rilevante, penalizzando gli enti più virtuosi che, quello stesso anno, non hanno sostenuto alcuna spesa. Le norme di contenimento della spesa pubblica (dunque quelle per consulenze come quelle di contenimento della spesa di personale cui si è fatto sopra riferimento), quando fanno riferimento ad un parametro preesistente, tendono naturalmente a penalizzare gli Enti che hanno sostenuto una minore spesa nell’anno di riferimento. Dette norme si giustificano per le esigenze di finanza pubblica cui si è fatto riferimento, per le quali risulta fondamentale l’individuazione di un parametro univoco cui ancorare la spesa, anche quale aggregato nazionale. Pertanto, de jure condito, ogni valutazione in merito non può veicolare l’interprete verso interpretazioni non rigorose. Peraltro non può non rilevarsi come proprio interpretazioni non ossequiose in maniera rigorosa del dettato normativo possano produrre effetti distorti sugli enti destinatari, non riconducibili alla legge e dunque alle ragioni alla stessa sottostanti. Nel caso di specie, aderendo all’interpretazione funzionale proposta da altra Sezione, si introdurrebbe un principio di favore verso gli Enti che nel 2009 non hanno sostenuto alcuna spesa per consulenze, i quali con la prima spesa necessaria autodeterminerebbero il proprio parametro, rispetto agli altri enti, in particolare quando la riduzione imposta a questi ultimi sugli oneri sostenuti nel 2009 legittimi assunzioni di impegni per importi irrisori, in concreto non utilizzabili.
Appare infine privo di rilievo il correttivo segnalato all’interpretazione funzionale proposta, ovvero l’obbligo di una necessaria rigorosa motivazione nel provvedimento con cui l’Ente decide di ricorrere all’istituto della consulenza, trattandosi di requisiti richiesti sempre e comunque dalla disciplina in materia. Del resto la logica della disposizione in esame è quella di pervenire ad una razionalizzazione dei costi e dunque ad un miglioramento dei saldi dei bilanci, attraverso una valorizzazione delle professionalità interne alle amministrazioni. Detta ratio, dunque, in presenza di un parametro di riferimento univoco per tutte le amministrazioni e di un vincolo così stringente, può tradursi, in alcune ipotesi, nella concreta limitazione alla possibilità di procedere al conferimento di alcun incarico, ferme restando le deroghe espressamente previste.
Quanto sin qui osservato vale anche con riguardo alle spese di formazione, oggetto del secondo quesito posto dal Comune istante, per le quali il comma 13 dell’art. 6 del D.L. n. 78 del 2010 ha previsto che a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per attività esclusivamente di formazione deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 e che, ancora una volta, gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale.
Anche per la spesa di formazione, dunque, la previsione di un parametro univoco si traduce, in concreto, per gli enti che non abbiano sostenuto spese per il 2009, nell’impossibilità in concreto di farvi fronte.
Questa Sezione, con la deliberazione n. 153/2011 sopra richiamata, ha inoltre precisato che non hanno alcun rilievo, ai fini dell’applicabilità dei vincoli di spesa in parola, le modalità di acquisizione delle prestazioni (formazione on line piuttosto che altri tipi di corsi o - come nel caso di specie – affidamento di incarichi a dipendenti di altri comuni).
Tanto chiarito resta assorbito l’ulteriore quesito posto dal Comune istante.
P.Q.M.
Nelle su estese osservazioni è il parere di questa Sezione.
Copia del parere sarà trasmessa a cura del Direttore della Segreteria all’Amministrazione che ne ha fatto richiesta.
Così deliberato in Torino nell’adunanza del 22 febbraio 2012.

Il Primo Referendario Relatore
F.to Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA

Il Presidente
F.to Dott.ssa Enrica LATERZA


Depositato in Segreteria il 8 marzo 2012
Il Funzionario Preposto
F.to Dott. Federico SOLA





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