PARTECIPATE. COME I DERIVATI. CHIUDONO LA STALLA QUANDO I BUOI SONO. GIA' SCAPPATI. PER GIORGIO BRUNI: MI ASSUMO OGNI RESPONSABILITA' CIVILE E PENALE PER QUESTO POST. TRANQUILLO ORA???

Il federalismo fiscale, o quello che finora è stato contrabbandato come tale, in Italia sembra aver fatto più
danni che altro. Secondo la Corte dei Conti «il ricorso alla leva fiscale è molto differenziato sul territorio, con
una regola distorsiva che penalizza i territori con redditi medi più bassi ed economie in affanno». I magistrati
contabili lanciano anche un allarme sulle società partecipate dagli enti pubblici: in certi casi tali società
«mettono a rischio l'equilibrio finanziario dell'ente fino a provocarne il dissesto». Comunque la Corte
riconosce che le autonomie locali hanno dovuto stringere molto la cinghia durante la crisi: dal 2009 al 2012
«hanno ridotto la spesa di 31 miliardi», di cui 16 per le misure imposte dal Patto di stabilità interno e 15
miliardi di tagli nei trasferimenti dallo Stato. La riduzione complessiva della spesa al netto degli interessi nel
biennio 2011-2012 è stata del 4,6% in termini nominali, «senza precedenti negli ultimi sessant'anni» dice la
Corte. E il risultato si deve «soprattutto alla riduzione della spesa per redditi di lavoro». Tutte queste
informazioni sono tratte da una relazione al Parlamento del presidente dei magistrati contabili, Raffaele
Squitieri. Commentando i rilievi della Corte, il presidente dell'Anci, Piero Fassino, ha detto che i tagli ai
trasferimenti subiti dai Comuni dal 2007 a oggi «sono stati nettamente superiori all' incremento della fiscalità
locale». A proposito di effetti distorsivi del federalismo fiscale: l'Irap e le addizionali Irpef «sono mediamente
più alte nel Mezzogiorno». Per l'Irap c'è un divario di quasi due punti fra Calabria e provincia autonoma di
Bolzano. Osserva Squitieri che «le realtà economiche più povere, contando su una ridotta capacità fiscale del
proprio territorio e costrette ad aumentare le aliquote per ripianare il deficit della sanità, finiscono per
deprimere ulteriormente l'economia del territorio e la capacità di generare base imponibile. Un circolo vizioso
che si concentra in misura particolare nel Mezzogiorno». Quanto alle società partecipate dagli enti pubblici, la
Corte dei Conti depreca che «in alcuni casi sono strutturate in scatole cinesi» con la messa a rischio
l'equilibrio finanziario dell'ente «fino a provocarne il dissesto». Squitieri lamenta che sui bilanci di queste
aziende i magistrati contabili hanno «le armi spuntate» in quanto le società figurano come enti di diritto
privato, «ben-ché i soldi siano pubblici». Il presidente sottolinea che è stata la Cassazione a stabilire che la
Corte dei Conti non ha legittimazione a indagare sulle partecipate di diritto privato. Le conseguenze? Dice
Squitieri che il ricorso a tale tipo di società partecipate «ha consentito a Comuni e Regioni di eludere (in
parte) il Patto di stabilità e di aggirare i vincoli all'indebitamento». Le attività di controllo delle sezioni regionali
della Corte hanno rilevato «una crescita del ricorso a queste forme societarie» da parte di Comuni e Regioni.
«In alcuni grandi Comuni non si sa neanche quante siano» ha detto Squitieri.«Si tratta di un fenomeno di
dimensioni ragguardevoli che incide» (in negativo) «sulla leggibilità dei risultati contabili e la confrontabilità
delle scelte gestionali» si legge nella relazione. La Corte dei Conti si è espressa anche sulla corruzione.
Squitieri ammonisce che «è impossibile stimare la ricaduta della corruzione sull'economia, qualsiasi stima è
velleitaria. La corruzione va combattuta ma è impossibile pensare di stimarla. La Corte dei Conti non ha mai
detto che il fenomeno costa 60 miliardi». Squitieri ha bollato la cifra, che era circolata di recente, come
«fantasiosa». «Mi dà anche fastidio ha detto - che l'Italia venga etichettata come un Paese corrotto».
SCHEDE Il peso del fisco Aliquote di Irap e addizionali Irpef (anno d'imposta 2013 - dati in %)