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debito fuori bilancio

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debito fuori bilancio Empty debito fuori bilancio

Messaggio  ale Mar 8 Nov 2011 - 2:08

un amministratore (ai tempi anche resp. di servizio.. aimè) aveva dovuto difendersi da un procedimento penale conclusosi con l'archiviazione del procedimento stesso. Molto tempo dopo lo stesso presenta richiesta di rimborso delle spese legali sostenute al Comune. La Giunta prende atto, con deliberazione, della richiesta ed autorizza il rimborso. La deliberazione viene pubblicata poco tempo fa ad alcuni mesi dalla sua adozione. Con l'assestamento sarrano stanziati i fondi per ristorare la richiesta ed allora il resp. di servizio potrà adottare regolare determinazione di impegno di spesa e contestuale liquidazione. ..... Mi sembra che il procedimento amministrativo/contabile sia lineare e corretto. Riceviamo, da parte di un consigliere di minoranza una segnalazione con la quale evidenzia che dal suo punto di vista si prefigura un debito fuori bilancio e come tale deve essere preventivamente riconosciuto/autorizzato dal Consiglio. Io sinceramente i crismi del dfb (art. 194 t.u.) non ce li vedo .... la vostra opinione?.. grazie

ale

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debito fuori bilancio Empty Re: debito fuori bilancio

Messaggio  francodan Mar 8 Nov 2011 - 2:46

NON E' SPESA FUORI BILANCIO ,in questo senso un parere della corte lombardia che relativo al caso di dipendente vale anche per gli amministartori

1. Venendo al quesito posto dal Comune di Cogliate Fabiasco, si è già chiarito in
premessa come esso riguardi sia le condizioni ed i requisiti legittimanti il rimborso
delle spese legali, in particolare nel caso di sentenza penale di assoluzione, sia
questioni ed adempimenti tecnico – contabili conseguenti all’eventuale decisione
dell’ente di concedere il rimborso chiesto dal dipendente già coinvolto in un
procedimento penale.
In proposito, si richiama il principio per cui le richieste di parere devono avere
rilevanza generale e non possono essere funzionali all’adozione di specifici atti
gestionali, onde salvaguardare l’autonomia decisionale dell’Amministrazione
interessata e la posizione di indipendenza e terzietà della Corte.
In particolare, le valutazioni di merito sulla sussistenza delle condizioni richieste
dalla normativa per assumere l’onere dell’assistenza legale del dipendente
5
rientrano nella piena ed esclusiva responsabilità dei competenti organi dell’Ente,
coinvolgendo aspetti dell’azione amministrativa disciplinati dalle regole
pubblicistiche della discrezionalità ed orientati alla sana gestione finanziaria e
contabile.
Sotto questo aspetto, l’estrema sinteticità e generità delle informazioni fornite dal
Comune istante, che si limita a richiamare la sentenza penale di assoluzione senza
fornire indicazioni idonee a delineare la fattispecie all’esame, non impediscono alla
Sezione di esprimersi richiamando i principi che vengono in considerazione nel
caso prospettato ed ai quali l’Amministrazione comunale può riferirsi nell’assumere
le determinazioni di sua competenza.
La materia, come noto, è regolata dall’art. 22 del D.P.R. n. 347/1983 e dall’art. 50
del D.P.R. n. 333/1990 e, in particolare, dagli strumenti di contrattazione collettiva
di comparto (art. 28 del C.C.N.L. per il personale delle Regioni e delle Autonomie
Locali del 14 settembre 2000), che sostanzialmente ripetono la dizione testuale
dell’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268. Queste ultime disposizioni
prevedono che “l’Ente, anche a tutela dei propri diritti e interessi, ove si verifichi
l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un
suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio
e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione
che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dalla apertura del
procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune
gradimento”.
Tale disciplina, che è stata ritenuta dalla giurisprudenza applicabile anche agli
amministratori pubblici (cfr. ex multis, Corte dei Conti, Sez. Giurisdiz. Lombardia,
19 ottobre 2005, n. 641; Cass. Civ., SS. UU., 9 marzo 2007, n. 5398; Cons. di
Stato, Sez. V, 7 novembre 2007, n. 5786) risponde all’esigenza di evitare che un
dipendente o amministratore di un ente pubblico, chiamato ingiustamente a
rispondere di presunte attività illecite nell’espletamento dei compiti d’ufficio, debba
sopportare il peso economico del processo.
La giurisprudenza amministrativa e contabile ha, poi, chiarito in quali limiti sia
ammissibile la rimborsabilità delle spese legali anche a posteriori, una volta
accertato che il tenore della disposizione dell’art. 28 C.C.N.L. non lascia dubbi sulla
circostanza che il diritto al rimborso può essere azionato in qualsiasi fase del
giudizio.
Più specificatamente, la giurisprudenza ha sottolineato, come si desume del resto
dal dettato normativo, che l’assunzione a carico dell’ente locale dell’onere relativo
all’assistenza legale al dipendente/amministratore non è automatico, ma consegue
solo al verificarsi di una serie di presupposti e di rigorose valutazione che l’Ente è
6
tenuto ad operare anche ai fini di una trasparente, efficace ed economica gestione
delle risorse pubbliche. Tali presupposti e le connesse valutazione concernono:
· l’esistenza di esigenze di tutela di interessi e diritti facenti capo all’ente
pubblico;
· la stretta inerenza del procedimento penale a fatti verificatisi nell’esercizio ed a
causa della funzione esercitata o dell’ufficio rivestito dal dipendente/funzionario
pubblico;
· l’assenza di conflitto di interessi tra gli atti compiuti dal soggetto sottoposto a
procedimento penale, conclusosi con il proscioglimento, e l’ente di
appartenenza;
· la conclusione del procedimento con una sentenza definitiva di assoluzione con
formula piena o cd. liberatoria, con cui sia stabilita l’insussistenza dell’elemento
psicologico del dolo e della colpa grave e da cui emerga l’assenza di pregiudizio
per gli interessi dell’Amministrazione (veggasi in proposito: Cons. di Stato,
Sez. V, 17 luglio 2001, n. 3946; Cass. Civ., Sez. I, 13 dicembre 2000, n. 54;
Corte dei Conti, SS. RR., 18 giugno 1986, n. 501; Corte dei Conti, Sez. Giurisd.
Lombardia, 19 ottobre 2005, n. 641).
Per quanto concerne l’ultima condizione legata all’esito liberatorio del giudizio, si è
ritenuto che essa ricorra sempre quando venga esclusa la responsabilità del
dipendente pubblico in ordine al fatto che ha dato origine al giudizio o venga
dichiarata l’insussistenza del fatto.
Diversamente, la formula assolutoria “perché il fatto non costituisce reato” non
sembra di norma sufficiente ben potendo il fatto accertato, non rilevante sotto il
profilo penale, costituire illecito di altra natura (ad es. disciplinare) ed essere stato
determinato attraverso lo svolgimento di attività in contrasto con gli interessi
dell’Ente (Corte dei Conti, Sez. Reg. Controllo Lombardia, deliberazione n.
20/pareri/2007 e n. 56/2010/PAR; Sez. Reg. Corte dei Conti per il Molise,
deliberazione n. 6/PAR/2007).
L’esame della sentenza penale assolutoria, dispositivo e motivazione, è finalizzato
appunto a verificare che sussistano o meno tutte le condizioni richieste dalla
normativa per giustificare il rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente
assolto. Ciò è d’altronde coerente con la ratio della legislazione vigente che vuole
escludere ogni automatismo nell’accollo delle spese legali in capo all’Ente e
valorizzare, al contrario, la valutazione dell’Amministrazione persino in ordine
all’incarico fiduciario del legale, proprio perché gli interessi in gioco da tutelare non
sono esclusivi del dipendente ma coinvolgono anche l’Ente di appartenenza (in tal
senso Cons. di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2007, n. 552).
7
2. Nell’affrontare le altre questioni sollevate dal Comune di Cugliate Fabiasco che
concernono aspetti tecnico-contabili conseguenti alla decisione favorevole
sull’istanza di rimborso, va innanzitutto precisato che appartiene al giudice del
processo il potere-dovere di procedere alla liquidazione delle spese di giudizio e dei
compensi professionali, sulla base della relativa tariffa professionale (art. 2, co. 2,
D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni nella legge n.248/2006).
In materia di patrocinio legale, inoltre, l’art. 18, co. 1, del D.L. 25 marzo 1997, n.
67, convertito con modificazioni nella legge 23 maggio 1997, n. 135,
relativamente ai dipendenti di amministrazioni statali, stabilisce che le spese legali
inerenti a giudizi di responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei
confronti dei dipendenti in conseguenza di fatti e atti connessi con l’espletamento
del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusisi con sentenza o
provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalla
amministrazioni interessate nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello
Stato.
Nel processo contabile, a sua volta, il giudice, in caso di proscioglimento nel
merito, liquida l’ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del
prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da
esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza
(art. 10 bis, co. 10, della legge n. 248 del 2 dicembre 2005).
Nell’ipotesi in cui venga disposta la liquidazione delle spese in sede giudiziale e
quest’ultima risulti inferiore a quella richiesta dal dipendente/amministratore in
dipendenza delle autonome scelte difensive dallo stesso operate, è stato ribadito il
principio (Corte dei Conti, Sez. Reg. di Contr. Lombardia, deliberazione n. 64 del
12 settembre 2008) secondo cui spetta all’Ente eventualmente conferente
l’incarico al difensore, nell’ambito della propria autonomia gestionale e contabile,
valutare se riconoscere o meno l’onere aggiuntivo con riferimento agli accordi
intervenuti in sede di conferimento e avuto riguardo ai canoni della buona gestione
finanziaria.
Al contrario, nel caso in cui le maggiori spese siano conseguenti alle autonome e
non pienamente condivise con l’Amministrazione scelte difensive operate dal
dipendente, esse devono ritenersi a totale carico del dipendente medesimo (Sez.
Reg. Contr. Lombardia, deliberazione n. 1000/2009/PAR).
In difetto di liquidazione giudiziale ovvero in caso di richieste di rimborso che
potrebbero comportare un’integrazione dell’onorario a carico dell’Ente, è da
ritenere più che opportuno il parere o visto di congruità espresso dal Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati sulla parcella professionale, da produrre oltre alla fattura
quietanzata del legale, quale certificazione della conformità del credito erogato
8
rispetto ai valori della tariffa ed attestazione della congruità di quanto richiesto
(cfr. T.A.R. Lombardia, Sez. III, 26 gennaio 2004, n. 26).
Infine, sembra doversi escludere che l’eventuale rimborso delle spese legali da
parte dell’Ente possa costituire legittima causa di debito fuori bilancio.
Il procedimento di rimborso consta, difatti, di una serie di atti e di attività che
vanno dall’assoluzione con formula ampia del richiedente, alla richiesta
debitamente quantificata e documentalmente giustificata della parte, alla
valutazione positiva dell’Ente in ordine alla sussistenza di tutte le condizioni per il
rimborso. Sequenza che si conclude e viene formalizzata in delibera alla quale
accede l’impegno contabile a valere sull’esercizio finanziario nel quale la delibera
viene emanata. Si tratta, perciò, di una spesa da far gravare, ai sensi degli artt.
183 e 191 T.U.E.L., sulla competenza dell’esercizio finanziario (in senso conforme,
Sez. Reg. Contr. Lombardia, deliberazione n. 20/pareri/2007).
3. Conclusivamente, con specifico riferimento ai quesiti sollevati, la Sezione afferma:
a l’esigenza che l’eventuale rimborso delle spese legali sostenute dal
dipendente/amministratore consegua ad una attenta ricognizione, a cura e
sotto la responsabilità dell’Ente, di tutte le condizioni richieste dalla normativa,
tra le quali la intervenuta conclusione del procedimento penale con formula
ampiamente liberatoria per il dipendente coinvolto;
b l’opportunità, se non la necessità, che la parcella delle spese, da produrre a
corredo dell’istanza di rimborso oltre alla fattura debitamente quietanzata dal
professionista, rechi il parere di congruità dell’Ordine forense;
c che, in caso si faccia luogo a rimborso, la fattispecie non configura un’ipotesi di
debito fuori bilancio e, pertanto, è escluso il ricorso alla procedura di cui all’art.
194 T.U.E.L.
P.Q.M.
nelle considerazioni espresse è il parere della Sezione.
Il Relatore Il Presidente
(Cons Angelo Ferraro) (Dott. Nicola Mastropasqua)
Depositata in Segreteria
Depositata il 27 aprile 2010
Il Direttore della Segreteria
(dott.ssa Daniela Parisini)
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Messaggio  ale Mar 8 Nov 2011 - 2:59

ti ringrazio, ma credo che il consigliere non si riferisse tanto alla legittimità del rimborso .. .quanto, a suo modo di vedere, al procedimento amministrativo/contabile seguito ... in estrema sintesi la giuta ha riconosciuto il rimborso ma in quel momento non c'erano i fondi a bilancio per dare corso al rimborso stesso. I fondi saranno stanziati ora con l'assestamento e la determinazione del responsabile di servizio (vero atto di impegno - non quindi la deliberazione) impegnerà e liquiderà il rimborso. Ripeto, non ci vedo proprio i crismi per il riconoscimento in consiglio di un debito fuori bilancio tanto più che non riesco ad associarlo ad alcuna delle rigorose casistiche dell'art. 194 .. soprattutto alla lettera e)... alla quale invece il consigliere sembra voler ricondurre il tutto....

ale

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Messaggio  ale Mar 8 Nov 2011 - 3:02

... perdonami .. non avevo letto con attenzione la pronuncia della corte. sembra esserci la risposta nelle conclusioni finali... grazie

ale

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