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impignorabilità

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Messaggio  antoniettaa Sab 7 Apr 2012 - 5:00

Il mio comune è risultato soccombente in una causa di risarcimento danni. Il creditore ha effettuato il pignoramento presso terzi (tesoriere) per il recupero della somma stabilita dalla sentenza.
Il tesoriere con la dichiarazione del terzo ha comunicato che il comune gli ha notificato la delibera di impignorabilità, senza specificare l’ammontare delle somme assoggettate al vincolo né l’ammontare delle somme complessivamente disponibili.
Il comune in udienza ha ribadito l’esistenza della delibera di impignorabilità, e ne ha esibito copia.
La delibera è stata adottata ad inizio semestre interessato (non prima dell’inizio del semestre), è stata dichiarata immediatamente eseguibile e notificata al tesoriere in data antecedente alla notifica del pignoramento.
Il giudice dell’esecuzione ha sostenuto che l’art. 159 del TU parla di “somme preventivamente individuate”, quindi non avrebbe valore la delibera adottata a semestre iniziato.
Che ne pensate?
Mi aiutate anche a chiarire un altro dubbio?
Le disponibilità giacenti in tesoreria unica devono essere dichiarate dal tesoriere quando fa la dichiarazione di terzo?
Le somme specificamente destinate ad opere pubbliche come i contributi regionali in conto investimenti sono pignorabili?
Grazie a tutti !
CIAOOOO

antoniettaa

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Messaggio  Daredevil Sab 7 Apr 2012 - 5:10

Le questioni sono diverse.
Innanzitutto il testo unico prevede una tempistica ben precisa nella notifica della delibera.
Le somme da opere pubbliche con fondi da altri enti non dovrebbero essere pignorabili, ma purtroppo io ho assistito anche a pignoramenti di somme vincolate per la ricostruzione post terremoto ancora da assegnare.
Poi devi verificare se le fatture vengono pagate in ordine cronologico, altrimenti salta la stessa delibera di impignorabilità, in virtù del pronunciamento della corte costituzionale.
Ultima cosa di quelle che ora mi sovvengono: gli stipendi dopo il quarto mese sono pignorabili. In tanti mettevamo tutti i sei mesi, ma oramai se ne accorgono tutti e lo stesso tesoriere è tenuto a comunicare le somme non pignorabili.
In definitiva ricordiamoci che si tratta di somme che l'ente comunque deve e che forse il giudice, come si dovrebbe sempre fare, tende a tutelare il creditore, e che una sentenza esecutiva in qualche modo, blocca l'attività dell'ente.

Daredevil

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Messaggio  antoniettaa Mar 10 Apr 2012 - 2:03

D’accordo, ma quello che volevo dire è: la dicitura dell’art. 159 TUEL “somme PREVENTIVAMENTE individuate” significa “PRIMA dell’inizio del semestre” ? Cioè la delibera deve essere fatta e notificata necessariamente PRIMA che inizi il semestre interessato?
E inoltre: il tesoriere quando fa la dichiarazione del terzo è tenuto ad indicare solo le somme disponibili giacenti presso di sé oppure deve indicare anche quelle depositate presso la tesoreria statale di cui è a conoscenza?
Perdonate la durezza di comprendonio!
Embarassed

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Messaggio  Paolo Gros Mar 10 Apr 2012 - 4:45

La delibera non deve essere necessariamente fatta e notificata necessariamente PRIMA che inizi il semestre interessato valutando c pero' che se interviene pegno prima della notificazione il tesoriere non e' tenuto ad identificare le somme non soggette a pegno.
Il tesoriere deve indicare le somme in toto nella loro completezza.
Paolo Gros
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Messaggio  antoniettaa Mar 10 Apr 2012 - 4:52

Quindi poniamo che il tesoriere abbia presso la sua banca somme disponibili pari a 100, gli viene notificato un pignoramento per 200 e in banca d'itali sono depositati altri 200; il tesoriere che fa accantona per il pignoramento i suoi 100 e trasmette il pignoramento in banca d'italia per l'apposizione del vincolo sugli altri 100 che servono a completare l'importo del pignoramento?

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Messaggio  Paolo Gros Mar 10 Apr 2012 - 4:57

Il denaro e' del comune e la Banca di Italia deve renderlo disponibile.
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Messaggio  francodan Mar 10 Apr 2012 - 8:42

l'interpretazione del giudice è molto letterale e probabilmente si fondda sullla percezione che la delibera sia stata fatta ad hoc per il caso in questione....se il comune negli anni trascorsi avesse fatto la stessa delibera forse le cose sarebbero state diverse...
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Messaggio  antoniettaa Gio 12 Apr 2012 - 3:48

La delibera è abbondantemente precedente rispetto alla data del pignoramento ed il giudice non aveva alcuna possibilità di sapere se negli anni precedenti la stessa delibera sia stata adottata o meno

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Messaggio  francodan Gio 12 Apr 2012 - 4:49

normalmente è comunque una delibera che si fa prima dell'inizio del semestre ...talvolta insieme con quella dell'anticipo di cassa (quindi di solito entro il 31 12 per il primo semestre successivo )
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Messaggio  Daredevil Ven 13 Apr 2012 - 1:50

antoniettaa ha scritto:La delibera è abbondantemente precedente rispetto alla data del pignoramento ed il giudice non aveva alcuna possibilità di sapere se negli anni precedenti la stessa delibera sia stata adottata o meno

Credo che tra la magistratura si sia come sparsa l'opinione, che queste delibere servano ad eludere diritti di credito da parte di chi comunque vanta una pretesa creditoria, sancita in un procedimento giudiziario.
Del resto loro ( i magistrati) fanno il loro lavoro, che è quello di rendere giusitizia. Se viene prospettato loro che un'impresa vanta un credito presso l'ente e se non lo riscuote deve licenziare persone, credo che farà di tutto per scardinare tutte le delibere che adottiamo.
Del resto molta giurisprudenza in materia di somme impignorabili sta venendo fuori dalla Campania, dove la Regione cerca di inventarsele tutte ( avendo certe scoppole) pur di non pagare imprese, che vantano legittimi crediti, neanche dopo cinque anni!!!!
E la cosa che fa rabbia che questi comportamenti danneggiano anche chi poi fa certi atti credendo di essere nel giusto.

Daredevil

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Messaggio  antoniettaa Ven 13 Apr 2012 - 5:04

Verissimo, Daredevil!

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Messaggio  francodan Mar 17 Apr 2012 - 1:03

l'impignorabilità inoltre come si dice in recente sentenza cass. ha due limiti :mancato rispetto dell'ordine cronologico dei mandati di pagamento,utilizzo delle somme vincolate per servizi diversi da quelli per i quali fu messo il vincolo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5757-2010 proposto da:

SOC. COOP. VIOLA;

RICORRENTE

contro

COMUNE

CONTRORICORRENTE

e contro

BANCA;

INTIMATO

avverso la sentenza n. 10089/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 09/09/2009, R.G.N. 14055/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La SOC. COOP. VIOLA intentò un'espropriazione di crediti - iscritta al n. 22816/06 r.g.e. - nei confronti del debitore COMUNE e, in qualità di terzo pignorato, del suo tesoriere BANCO;


non comparso il debitore, il terzo dichiarò che, a fronte di un saldo creditore del COMUNE per Euro 201.296.633,41, in virtù di delibere nn.3432 del 29.6.06 e 5468 del di 11.12.06 (pure allegate alla dichiarazione) erano state quantificate in Euro 934.982.597,43 le somme impignorabili ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267, art.159, per il primo semestre 2007, siccome destinate al pagamento delle retribuzioni del personale dipendente, delle rate dei mutui in scadenza nel semestre, come pure all'espletamento dei servizi pubblici indispensabili; sicchè, in dipendenza dei mandati di pagamento disposti, le somme residuali comunque impignorabili, pari ad Euro 918.370.887,41, superavano il saldo residuale attivo della tesoreria.

2. A seguito di tale dichiarazione e pure nell'assenza del debitore pignorato, di ufficio il giudice dell'esecuzione dichiarò - con ordinanza del 26.3.07 improcedibile l'esecuzione, ai sensi dell'art.159 D.Lgs. 267/00; ma il procedente impugnò con OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI tale ordinanza, chiedendone la revoca, previa l'emanazione dei provvedimenti ai sensi dell'art.618 cpc.

3. Nella contumacia delle altre parti, il Tribunale respinse tutte le doglianze dell'opponente con sentenza n.10089/09, pubblicata il 9.9.09, in applicazione e pieno recepimento della motivazione di Cass. 16 settembre 2008, n.23727; in particolare:


- rilevò come LA DELIBERA SEMESTRALE degli importi destinati alla realizzazione degli interessi pubblici specificamente indicati nell'art.159, D.Lgs. cit. fosse l'unico elemento costitutivo, necessario e sufficiente per integrare il vincolo di indisponibilità, nei limiti dell'importo determinato, avente EFFICACIA ESTERNA, cioè opponibile, nell'osservanza dei principi generali, ai creditori - procedenti ed intervenuti - mentre la successiva emissione di mandati di pagamento per titoli diversi era un fatto estintivo - modificativo del vincolo, a sua volta impedito in caso di emissione secondo l'ordine di presentazione delle fatture, così come pervenute per il pagamento, ovvero, se non prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno di spesa;


- qualificò INCONFERENTÌ i rilievi sul carattere indeterminato o generico delle delibere comunali di quantificazione e sull'indebito inserimento in esse di importi per prestazioni o servizi diversi da quelli di cui all'art.159, comma 2, D.Lgs. cit., in quanto essi avrebbero dovuto essere dispiegati dinanzi ad altre e competenti sedi giurisdizionali;


- riscontrò la GENERICITÀ della adduzione della violazione del criterio cronologico dei pagamenti e tanto per mancata indicazione dell'epoca del pagamento, del soggetto beneficiario e della giustificazione causale differente rispetto a quella legalmente prestabilita;


- disattese la contestazione del carattere essenziale del servizio stesso di tesoreria, non solo perchè esulante anch'essa dalla giurisdizione dell'A.G.O., ma anche per il carattere necessario di quest'ultimo;


- riconobbe implicitamente rigettate le istanze istruttorie per la genericità della loro articolazione;

- peraltro, per la complessità delle questioni trattate e la consapevolezza delle incertezze euristiche conseguenti, compensò le spese di lite.

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la SOC. COOP. VIOLA, affidandosi a trentadue motivi, cui resiste con controricorso il solo COMUNE; e, rimessa dapprima alla sesta sezione relazione con proposta di reiezione e - a seguito delle memorie delle parti e della discussione all'adunanza del 14.4.11 - disposta quindi la rimessione alla pubblica udienza del 16.2.12r a quest'ultima le parti, illustrate dalla ricorrente con ulteriore memoria le sue posizioni, discutono oralmente la causa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. La ricorrente, preliminarmente invocando la rimessione delle questioni alle sezioni unite e sostenendo l'ammissibilità di tutte le doglianze, impugna la gravata sentenza con trentadue motivi - molti dei quali conclusi da quesiti di diritto - e precisamente:

5.1. con un PRIMO, si duole di un vizio di motivazione su questioni decisive ed in sostanza del fatto che erroneamente sia stato ritenuto che "i giudici delle leggi abbiano mai deciso le questioni di costituzionalità citate", già sollevate dal Tribunale di Napoli - sez. di Pozzuoli e solo in parte decise con sentenza n. 69 del 20.3.98 e n. 83 del 2003;


5.2. con un SECONDO, lamenta nullità della sentenza o del procedimento, per omessa pronuncia sulle questioni di legittimità costituzionale di cui al primo motivo; e chiede accertarsi se il giudice dell'esecuzione ex art.617 cpc, fosse tenuto, ai sensi dell'art.112 cpc, a pronunciarsi sulle eccezioni di illegittimità costituzionale della norma, così come sottoposte dal ricorrente con l'atto di opposizione e sotto il primo motivo del presente ricorso;


5.3. con un TERZO, di violazione di legge, adduce l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, comma 2, (in relazione agli artt.3, 24, 28 e 113 Cost., nonchè in correlazione agli artt.826 e 828 cc, art.830 cc, u.c., nonchè art.2740 c.c., e L. 20 marzo 1865, n. 2248, art.4, all. E), sostenendo che il D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, comma 2, nel prevedere l'impignorabilità delle somme di denaro, la sua rilevabilità di ufficio e l'inidoneità del pignoramento a generare il vincolo, traduce una regola di inammissibilità dell'esecuzione presso terzi, in danno di un Comune e che, perciò, vi è fondato sospetto di illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt.3, 24, 28 e 113 Cost.;


5.4. con un QUARTO, lamenta l'insufficienza della motivazione sul rigetto dell'eccezione di illegittimità costituzionale di cui al precedente motivo;


5.5. con un QUINTO, di nullità della sentenza per omessa pronuncia, si duole del rigetto dell'eccezione appena richiamata, sostenendo che il giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art.617 cpc, era tenuto, ai sensi dell'art.112cpc, a pronunciarsi sulle eccezioni di illegittimità costituzionale della norma, così come sottoposte dal ricorrente con l'atto di opposizione e sotto il terzo motivo del presente ricorso;


5.6. con un SESTO, di violazione di legge, adduce l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, commi da 2 a 4, in relazione all'art.3 Cost., prospettando il sospetto di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, commi 2, 3 e 4, laddove prevede la rilevabilità di ufficio dell'impignorabilità, riguardo a Comuni e Province, per violazione dell'art.3 Cost., atteso che analoga rilevabilità di ufficio non è prevista per altri Enti pubblici ed in particolare per le AA.SS.LL.;


5.7. con un settimo, lamenta l'insufficienza della motivazione sul rigetto della relativa eccezione di illegittimità costituzionale;


5.8. con un OTTAVO, di nullità della sentenza per omessa pronuncia, si duole del rigetto dell'eccezione appena richiamata, sostenendo che il giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art.617 cpc, era tenuto, ai sensi dell'art.112 cpc, a pronunciarsi sulle eccezioni di illegittimità costituzionale della norma, così come sottoposte dal ricorrente con l'atto di opposizione e sotto il sesto motivo;


5.9. con un NONO, di violazione di legge, argomenta per l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, per contrasto con l'art.24 Cost., nella parte in cui prevede la rilevabilità di ufficio dell'impignorabilità, da parte del giudice dell'esecuzione, in difetto: a) di un'istruttoria (tipica della sola cognizione piena) invece necessaria per il riscontro delle condizioni su cui deve fondarsi il rilievo; b) dell'attitudine del processo esecutivo a condurre ad un giudicato;


5.10. con un DECIMO, di violazione di legge, lamenta l'illegittimità costituzionale dell'art.159 più volte citato, come interpretato da questa Suprema Corte con la sentenza n. 23727 del 2008, ritenendo l'inapplicabilità dell'art.546 cpc, all'esecuzione in danno di un Comune e presso il Tesoriere (in relazione all'onere di questi, affermato da Cass. 23727/08, di dichiarare ogni fatto rilevante ai fini dell'accertamento della pìgnorabilità), con conseguente non conformità della norma al parametro costituzionale ex art.3 Cost.;


ed inoltre sostenendo che l'art.546 cpc, in quanto applicabile anche all'esecuzione presso il tesoriere di un Comune, precludendo al terzo di poter assolvere al sopra citato onere, è incostituzionale, per contrasto con gli artt3 e 24 Cost.;


5.11. con un UNDICESIMO, anch'esso di violazione di norme di legge, lamenta l'illegittimità costituzionale della medesima interpretazione, laddove prevede un'istruttoria sommaria dinanzi al g.e., destinata a realizzarsi attraverso l'allegazione e la produzione, da parte di entrambi i contendenti, di fatti e documenti di provenienza e formati, però, da uno solo di essi (da parte dell'Ente, attraverso la produzione delle delibere ex art.159; da parte del creditore, mediante l'allegazione di fatti e la produzione di documenti relativi a pagamenti effettuati dall'Ente), per contrasto con gli artt.3 e 24 Cost.;


5.12. con un DODICESIMO, di violazione di legge, lamenta altri profili di illegittimità costituzionale della normativa in materia, ritenendo che nel procedimento ex art.543 cpc e ss., anche alla luce del disposto di cui al D.Lgs. n. 261 del 2000, art.159, il terzo, benchè tesoriere di un ente locale, sia è tenuto solo alla dichiarazione di quantità, giacchè, ove diversamente onerato, la norma risulterebbe sospetta di incostituzionalità, ex art.3 Cost.;


5.13. con un TREDICESIMO, di violazione di legge, lamenta ulteriori profili di incostituzionalità della norma in esame, argomentando nel senso che, in caso di dichiarazione del terzo non appagante in termini di qualità (e, cioè, quanto questa non soddisfa l'onere dell'allegazione dei fatti rilevanti ai fini dell'accertamento dell'impignorabilità), il giudice dell'esecuzione dovrebbe assegnare le somme e che, in siffatta evenienza, non potendosi dar luogo al giudizio ex art.548 cpc, nè ad altri giudizi in danno del terzo, è fondato il sospetto di incostituzionalità del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, per contrasto con l'art.24 Cost., ove si escludesse il dovere del giudice di assegnare le somme;


5.14. con un QUATTORDICESIMO, di violazione di legge, adduce la violazione dell'art.2697 cc, e art.115 cpc, ritenendo ammissibili soltanto le prove come proposte dalle parti e cioè rifluite nel processo (peraltro, solo cognitivo) esclusivamente ad istanza e/o iniziativa di queste;


5.15. con un QUINDICESIMO, di violazione di legge, si duole della violazione degli artt.553, 615 e 617 cpc, concludendo con il seguente quesito: dica la Corte se è vero che l'impignorabilità è deducibile solo dal debitore e solo con l'opposizione ex art.615 cpc, in pendenza dell'esecuzione e non con il mezzo dell'art.611 cpc, avverso il provvedimento conclusivo dell'esecuzione;


5.16. con un SEDICESIMO, di violazione di legge, si duole della violazione degli artt.553, 615 e 617 cpc, sostenendo che, essendo necessario, ai fini dell'ammissibilità dell'opposizione ex art.617 cpc, allegare l'errore del giudice dell'esecuzione nel rilevare l'impignorabilità ex art.159 cit., è preclusa al creditore tale tutela che, invece, postula la denunzia di un errore che non è riconoscibile in assenza di adeguati accertamenti ìstruttori;


5.17. con un DICIASSETTESIMO, di violazione di legge, si duole della violazione degli artt. 553, 615 e 617 cpc, concludendo nel senso che il D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, non ha sottratto al debitore l'opposizione ex art.615 cpc, per impignorabilità e che, al debitore, per sostenere la medesima impignorabilità è precluso il rimedio postumo dell'opposizione ex art.617 cpc;


5.18. con un DICIOTTESIMO, di violazione di legge, lamenta la violazione dell'art.2697 cc, ritenendo che, nel procedimento espropriativo presso terzi in danno di un Comune, l'onere della prova del ricorso delle condizioni ex art.159 cit. e, cioè, dell'impignorabilità gravi solo a carico dell'ente debitore;


5.19. con un DICIANNOVESIMO, di violazione di legge, censura la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, come interpretato da Cass. 23737/08, nonchè degli artt.484 e 485 cpc, ritenendo che il giudice dell'esecuzione ha il potere-dovere di disporre di ufficio accertamenti, diretti a riconoscere o meno l'impignorabilità D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art.159, e che analoghi poteri-doveri sono altresì propri del giudice dell'opposizione ex art.617 cpc, proposta avverso l'ordinanza di diniego dell'assegnazione;


5.20. con un VENTESIMO, di vizio motivazionale, si duole del carattere apodittico del rigetto delle istanze istruttorie per valutata genericità, trascrivendone poi integralmente la capitolazione ed il contenuto;


5.21. con un VENTUNESIMO, si duole del rigetto delle istanze istruttoria, ma per omessa pronuncia o nullità della sentenza;


5.22. con un VENTIDUESIMO, di vizio motivazionale, censura l'omissione o il carattere apodittico della motivazione con cui è stata disattesa la sua allegazione sull'effettuazione di pagamenti per servizi non indispensabili o in violazione dell'ordine cronologico;


5.23. con un VENTITREESIMO, di vizio motivazionale, lamenta l'omessa disamina dei numerosi documenti prodotti a sostegno della tesi della pignorabilità per interventi pagamenti per servizi non indispensabili o senza il rispetto dell'ordine cronologico; ed indica analiticamente i documenti prodotti, descrivendone almeno in parte il contenuto;


5.24. con un VENTIQUATTRESIMO, di nullità della sentenza per omessa pronuncia, propone la conclusione che il giudice dell'opposizione ai sensi dell'art.617 cpc, deve pronunziarsi sui documenti prodotti dalle parti e sulla loro rilevanza, ove l'opposizione verta sulla pignorabilità o meno delle somme staggite in danno di un ente locale;


5.25. con un VENTICINQUESIMO, di vizio motivazionale, nega la ritenuta genericità delle contestazioni sul carattere indeterminato delle delibere dell'Ente;


5.26. con un VENTISEIESIMO, di vizio motivazionale, censura le conclusioni del giudice di merito sulle contestazioni da lui operate in ordine ad alcuni servizi malamente inseriti e sul mancato rispetto dell'ordine cronologico dei pagamenti;


5.27. con un VENTISETTESIMO, di vizio motivazionale, lamenta la mancata considerazione del carattere pacifico dell'effettuazione di pagamenti per spese e servizi di tesoreria e per interessi passivi sulle anticipazioni;


5.28. con un VENTOTTESIMO, di violazione di norme di diritto, nega la necessità di adire altre giurisdizioni per far valere l'eccesso di potere per genericità delle delibere ai sensi del D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, potendo invece tale vizio comportare, nella prospettiva della rilevabilità di ufficio dell'impignorabilità, la disapplicazione dell'atto viziato da parte del giudice ordinario;


5.29. con un VENTINOVESIMO, di violazione di norme di diritto e nullità della sentenza, deduce che il giudice dell'opposizione era tenuto all'istruzione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo e comunque sul relativo motivo di opposizione;


5.30. con un TRENTESIMO, di violazione di legge, sostiene l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, in relazione all'art.6 par. 1 della CEDU, per violazione dei principi sul giusto processo, non essendo garantita un'efficace o ragionevole tutela del diritto di agire in giudizio, con sostanziale inammissibilità dell'azione esecutiva presso terzi in danno di un ente locale;


5.31. con un TRENTUNESIMO, di violazione di legge, suggerisce l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, in relazione all'art.111 Cost., commi 1 e 2, perchè discrimina le posizioni delle parti in relazione al riparto dell'onere probatorio;


5.32. con un TRENTADUESIMO, anch'esso di violazione di legge, argomenta per l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, in relazione alla direttiva n.00/35/CE del 29.6.00 della Comunità Europea, recepita con D.Lgs. 9 ottobre 2002, n.231, perchè in sostanza ritarda il soddisfacimento del credito per giunta già rappresentato da un titolo di condanna con fonte giudiziale.

6. Il Comune di Napoli, dopo avere eccepito l'inammissibilità delle censure alla gravata sentenza in ordine agli esclusi profili di legittimità costituzionale, contesta sommariamente tutti tali motivi, sottolineando come controparte sostanzialmente impugni la motivazione dalla richiamata Cass. n.23727 del 2008, resa in causa del tutto analoga.

7. Tutto ciò posto in ordine alla delimitazione dei temi controversi, va preliminarmente rilevato che alla presente controversia non si applica l'art.366 bis cpc; ed infatti:

7.1. tale norma è stata introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n.40, art.6, e resta applicabile - in virtù dell'art.27, comma 2, del medesimo decreto - ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione - a far tempo dal 4 luglio 2009 - ad opera della L. 18 giugno 2009, n.69, art.47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell'art.58 di quest'ultima;

7.2. la qui gravata sentenza è invece stata pubblicata in data 9.9.09 e, quindi, successivamente all'abrogazione della richiamata norma, con la conseguenza che i quesiti non erano necessari;

8. Tutto ciò posto, va precisato che il precedente di Cass. 31 agosto 2011, n.17873, reso su altra controversia originata dallo stesso titolo (ma nella quale creditore opponente era il difensore distrattario della parte odierna ricorrente), è pervenuto alla conclusione del rigetto del ricorso per buona parte dei venticinque motivi in quella sede formulati, ma sostanzialmente per ragioni attinenti al rito, essendo il ricorso medesimo soggetto alla disciplina dell'art.366 bis cpc; infatti, la data di pubblicazione del provvedimento in quella sede impugnato era precedente rispetto alla sentenza oggetto dell'odierno ricorso e comunque anteriore alla data di operatività concreta dell'abrogazione del detto art.366 bis cpc (norma introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n.40, art.6, in origine applicabile - in virtù del comma secondo dell'art.27 del medesimo decreto - ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006): tale abrogazione, disposta dalla L. 18 giugno 2009, n.69, art.47, comma 1, lett. d), ha effetto quanto ai provvedimenti pubblicati dopo la data di entrata in vigore di quest'ultima legge (4 luglio 2009), in virtù della disciplina transitoria dell'art.58 di quest'ultima, sicchè alla presente controversia, relativa ad una sentenza pubblicata il 9.9.09, la normativa previgente non può applicarsi.


Tanto consente di valutare anche le questioni dichiarate inammissibili, nel richiamato ultimo precedente, per vizio di formulazione dei quesiti, nonchè, beninteso, di valutare eventuali elementi nuovi in rito o in merito prospettati rispetto al ricorso deciso con detto precedente.

9. La complessa vicenda attiene all'espropriazione di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni (od enti pubblici non economici), come regolata dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267, art.159, a mente del quale:

"ART. 159 - NORME SULLE ESECUZIONI NEI CONFRONTI DEGLI ENTI LOCALI.

1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.

2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a:

a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;

b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;

e) espletamento dei servizi locali indispensabili.


3. Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità.


4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme nè limitazioni all'attività del tesoriere.


5. 1 provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui alla L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 31, e di cui all'art.21, comma 1, n.4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'art. 151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lett. a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3".

La stessa norma è stata poi dichiarata incostituzionale, quanto ai commi secondo, terzo e quarto, con sentenza 4 - 18 giugno 2003, n.211 (in G.U. la s.s. 25/6/2003, n. 25) della Corte costituzionale, "nella parte in cui non prevede che l'impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lett. a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso".

10. La norma è stata poi interpretata da questa Corte (Cass. 16 settembre 2008, n.23727, espressamente richiamata e condivisa in massima parte anche dalle successive Cass. 27 maggio 2009, n. 12259 e Cass. 31 agosto 2011, n.17873) nel senso che:

a) nel regime dell'espropriazione forzata di somme giacenti i presso il tesoriere - quale risulta dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art.159, e dalla sentenza della Corte costituzionale 18 giugno 2003 n.211 - è dovere del tesoriere, in quanto ausiliare del giudice, dichiarare sia se esistono presso di lui somme di cui è debitore verso l'ente locale sia quale ne è la condizione in rapporto alla delibera comunale di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi;

b) spetta al giudice dell'esecuzione, anche di ufficio e perciò in caso di assenza dell'ente locale debitore, accertare, in base alla documentazione depositata ed alle osservazioni fatte dal creditore procedente, se il pignoramento sia nullo per essere caduto su somme vincolate in base alla delibera, notificata al tesoriere, che non abbia perso efficacia per essere stata seguita da pagamenti per debiti estranei, su mandati non emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico;

c) nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso contro l'ordinanza di nullità dal creditore procedente, il quale sostenga essere il vincolo di destinazione divenuto inefficace, spetta all'opponente allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre spetta all'ente locale dare la prova che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico;

d) poichè la tutela costituzionale del diritto di difesa non impone il doppio grado di merito ed è anzi fenomeno normale dell'esecuzione forzata, quello per cui, le volte che l'impedimento al corso ulteriore del processo esecutivo è soggetto a rilievo di ufficio, il sindacato sulla legittimità della ordinanza del giudice dell'esecuzione sia attuato nelle forme dell'opposizione agli atti:

sicchè il binomio rilievo di ufficio - opposizione agli atti esecutivi non comprìme il diritto di difesa del creditore, munito di titolo esecutivo, che ha inteso sottoporre a pignoramento disponibilità dell'ente locale, giacenti presso il tesoriere.

11. Le diverse doglianze della ricorrente vanno necessariamente raggruppate per l'oggetto:

11.1. con un primo gruppo essa prospetta vizi della gravata sentenza in ordine alle eccezioni di illegittimità costituzionale della normativa suddetta, ora configurandoli quali vizi motivazionali ai sensi dell'art.360 cpc, n.5, (motivi primo, quarto e settimo), ora quali vizi di pretesa omissione di pronunzia ai sensi dell'art.360 cpc, n.4, (motivi secondo, quinto e ottavo);

11.2. con un secondo, cospicuo gruppo di motivi essa ripropone le questioni di legittimità costituzionale già avanzate e disattese (motivi terzo, sesto, nono, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, trentesimo, trentunesimo, trentaduesimo);

11.3. con un terzo gruppo essa contesta la correttezza dell'interpretazione delle norme processuali in tema di individuazione degli strumenti processuali consentiti a tutela del credito, a cominciare dalla possibilità di agire ai sensi dell'art.548 cpc, (ventinovesimo motivo), nonchè in tema di iniziativa e prova - e riparto dei relativi oneri - delle posizioni di creditore e debitore nell'espropriazione di crediti nei confronti degli enti territoriali (quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo, ventottesimo);

11.4. con un quarto gruppo essa censura le decisioni della gravata sentenza in ordine alle attività istruttorie comunque compiute o richieste (motivi ventesimo, ventunesimo, ventiduesimo, ventitreesimo, ventiquattresimo, venticinquesimo, ventiseiesimo, ventisettesimo).

12. Il primo gruppo di doglianze va immediatamente dichiarato inammissibile:

12.1. non sono neppure configurabili in astratto vizi di motivazione, ai sensi dell'art.360 cpc, comma 1, n.5, circa questioni di legittimità costituzionale: il vizio motivazionale, infatti, può configurarsi con riferimento all'accertamento ed alla valutazione dei fatti, effettuati dal giudice di merito, ma non con riguardo ad una questione di legittimità costituzionale, che costituisce una questione di diritto, suscettibile di essere sollevata d'ufficio dalla Corte di Cassazione, beninteso ove non sia ritenuta manifestamente infondata, quali che siano i difetti formali nei quali sia incorso il giudice di merito nella sua argomentazione (da ultimo, v. Cass. 22 luglio 2010, n.17224);


12.2. costituisce poi giurisprudenza consolidata di questa Corte l'inammissibilità di un motivo di cassazione incentrato sulla contestazione delle valutazioni di irrilevanza o manifesta infondatezza di questioni di illegittimità costituzionale operate dal giudice del merito: la questione di legittimità costituzionale di una norma, in quanto strumentale rispetto alla domanda che implichi l'applicazione della norma medesima, non può costituire oggetto di un'autonoma istanza rispetto alla quale, in difetto di esame, sia configurabile un vizio di omessa pronuncia (tra le altre: Cass. 11 dicembre 2006, n.26319; Cass. 29 ottobre 2003, n.16245);


12.3. ne consegue quindi la declaratoria di inammissibilità dei motivi primo, secondo, quarto, quinto, settimo ed ottavo.

13. Quanto al secondo gruppo di doglianze:

13.1. va premesso che esse così si individuano:


13.1.1. come da terzo motivo: il D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, comma 2, nel prevedere l'impignorabilità delle somme di denaro, la sua rilevabilità di ufficio e l'inidoneità del pignoramento a generare il vincolo, imporrebbe una regola di inammissibilità dell'esecuzione presso terzi, in danno di un Comune;


13.1.2. come da sesto motivo: il D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, commi 2, 3 e 4, sancirebbe la rilevabilità di ufficio dell'impignorabilità, riguardo a Comuni e Province, in violazione dell'art.3 Cost., atteso che analoga rilevabilità di ufficio non è prevista per altri Enti pubblici ed in particolare per le AA.SS.LL.;

13.1.3. come da nono motivo: il D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, ove prevede la rilevabilità di ufficio dell'impignorabilità, da parte del g.e., comprimerebbe il diritto di difesa in difetto: a) di un'istruttoria (tipica della sola cognizione piena) invece necessaria per il riscontro delle condizioni su cui deve fondarsi il rilievo; b) dell'attitudine del processo esecutivo a condurre ad un giudicato;


13.1.4. come da decimo motivo: l'art.546 cpc, non sarebbe applicabile all'esecuzione in danno di un Comune e presso il Tesoriere (in relazione all'onere di questi, affermato da Cass. 23727/08, di dichiarare ogni fatto rilevante ai fini dell'accertamento della pignorabilità) e, conseguentemente, non sarebbe conforme al parametro costituzionale ex art.3 Cost.; viceversa, l'art.546 cpc, in quanto applicabile anche all'esecuzione presso il tesoriere di un Comune, precludendo al terzo di poter assolvere al sopra citato onere, sarebbe incostituzionale, per contrasto con gli artt.3 e 24 Cost.;

13.1.5. come da undicesimo motivo: il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159, laddove prevede un'istruttoria sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione, destinata a realizzarsi attraverso l'allegazione e la produzione, da parte di entrambi i contendenti, di fatti e documenti di provenienza e formati, però, da uno solo di essi (da parte dell'Ente, attraverso la produzione delle delibere ex art. 159;da parte del creditore, mediante l'allegazione di fatti e la produzione di documenti relativi a pagamenti effettuati dall'Ente), contrasterebbe con gli artt. 3 e 24 Cost.;


13.1.6. come da dodicesimo motivo: nel procedimento ex art. 543 c.p.c. e ss., anche alla luce del disposto di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159, il terzo, benchè tesoriere di un ente locale, è tenuto solo alla dichiarazione di quantità, giacchè, ove diversamente onerato, la norma risulterebbe sospetta di incostituzionalità, ex art. 3 Cost.;


13.1.7. come da tredicesimo motivo: in caso di dichiarazione del terzo non appagante in termini di qualità (e, cioè, quanto questa non soddisfa l'onere dell'allegazione dei fatti rilevanti ai fini dell'accertamento dell'impignorabilità), il g.e. deve assegnare le somme; che, nell'evenienza fatta, non si può dar luogo al giudizio ex art.548 cpc, nè ad altri giudizi in danno del terzo; che, per l'effetto, è fondato il sospetto di incostituzionalità del D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, per contrasto con l'art.24 Cost.;


13.1.8. come da trentesimo motivo: la normativa del D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, sostanzialmente introdurrebbe il principio dell'inammissibilità dell'azione esecutiva presso terzi in danno di un ente locale;


13.1.9. come da trentunesimo motivo: la normativa suddetta discrimina le parti in relazione al riparto dell'onere della prova delle rispettive posizioni;

13.1.10. come da trentaduesimo motivo: la normativa in esame viola la direttiva n. 00/35/CE del 29.6.2000 della Comunità Economica Europea, come recepita con D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, perchè in sostanza ritarda il soddisfo di un credito oltretutto consacrato in un titolo giurisdizionale;


13.2. il Procuratore Generale chiede poi di sollevare questione di legittimità costituzionale del richiamato D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159, commi 2, 3 e 4;


13.2.1. in riferimento all'art.117 Cost., comma 1, indicando quali norme interposte (ai sensi delle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 della Corte costituzionale) la disciplina desunta dall'interpretazione della Corte Europea dei diritti dell'uomo (tra le altre: sentenza della Grande Charnbre del 28.7.99 in causa 22774/99; sentenza Yanakiev contro Bulgaria del 2.7.09; sentenza Gaglione ed a. contro Italia del 21.12.10; sentenza Ventorino contro Italia del 17.5.11) degli artt.6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e le libertà fondamentali ed 1 del protocollo n. 1 a detta Convenzione, in base alla quale:


a) l'esecuzione di un provvedimento giudiziale è parte integrante del processo e sarebbe illusoria la tutela del diritto ove si consentisse che quello restasse inoperante;


b) a maggior ragione, sono violate le garanzie dell'art.6 della Convenzione in caso di omissione o ritardo di esecuzione;


c) è inopportuno costringere chi è in giudizio stato riconosciuto creditore dello Stato ad attivare una procedura di esecuzione forzata per ottenere il soddisfacimento del suo credito;


d) non è valida giustificazione per l'inadempimento di un debito riconosciuto in una decisione di giustizia nei confronti di una pubblica autorità l'addotta mancanza di risorse sufficienti;


13.2.2. in riferimento agli artt.3 e 24 Cost., nella parte in cui la norma, come dal diritto vivente interpretata, costringe il creditore di un ente locale, al fine di superare l'impignorabilità delle somme esistenti presso la tesoreria dell'ente e la conseguente dichiarazione di nullità, anche ex officio, del pignoramento, ad agire con opposizione agli atti esecutivi, obbligandolo ad un'attività difensiva ulteriore al fine di conseguire il concreto pagamento di un proprio credito, già certo, liquido ed esigibile e fondato, come nella specie, su titolo esecutivo giudiziale conseguito nel 1994;


13.3. a ben guardare, la stessa Corte Europea ha, del resto, sottolineato - sia pure al diverso fine di valutare la ragionevole durata del processo - l'essenzialità di una considerazione unitaria della tutela giudiziale del diritto, ai fini dell'effettività della garanzia di un processo giusto, nel momento della cognizione ed in quello dell'esecuzione, mettendo in chiara luce che l'esecuzione è la seconda fase della procedura di merito e che il diritto rivendicato non trova la sua realizzazione effettiva che al momento dell'esecuzione" (Corte Eur. Dir. Uomo, sez. 5, 12 marzo 2009, in causa n. 39874/05, Voskoboynyk c/ Ucraina; Corte Eur. Dir. Uomo, 27 novembre 2008, in causa n. 30922/05, Stadnyuk c/ Ucraina; Corte Eur.Dir. Uomo, sez. 5, 29 marzo 2007, in causa n. 18368/03, Pobegaylo c/ Ucraina);

13.4. eppure, ove l'interpretazione complessiva della disciplina data dal D.Lgs. n.267 del 2000, art.159, consentisse di valutare come funzionale ad un equilibrato contemperamento dei diversi interessi in gioco l'imposizione di una attività difensiva ulteriore al creditore di enti territoriali rispetto a qualunque altra esecuzione (nei confronti, cioè, di soggetti che non rivestano la specifica qualità di ente territoriale), le censure di illegittimità costituzionale potrebbero ritenersi manifestamente infondate: interessi in gioco che consistono, da un lato, nel diritto del creditore a conseguire anche coattivamente il suo credito (soprattutto allorquando già consacrato in un titolo giudiziale) e, dall'altro, nelle esigenze di un corrente e corretto - anche sotto il profilo della parità di trattamento dei creditori e quindi mediante il rispetto dell'ordine cronologico dei pagamenti - espletamento di servizi pubblici essenziali per la collettività servita dall'ente pubblico territoriale.


14. A tal fine, una mera posposizione della tutela assicurata con un processo a cognizione piena sulle contrapposte ragioni è manifestamente in grado di operare tale contemperamento, ove i poteri assertivi ed istruttori del creditore siano ampi e gli oneri del debitore, a compensazione del privilegio processuale già accordatogli, siano chiari e correttamente individuati; ed al risultato di una posposizione della tutela si può giungere, a ben vedere, già sulla base del "binomio rilievo di ufficio - opposizione agli atti esecutivi" eretto a fondamento della disciplina dalla richiamata Cass. 23727 del 2008:


14.1. l'impignorabilità relativa è istituto già presente nell'ordinamento, a tutela di determinati beni in ragione della loro destinazione a particolari attività ritenute degne di considerazione prevalente rispetto a quella del solo diritto di credito, benchè accertato giudizialmente: pertanto, l'introduzione di tale impignorabilità relativa, subordinato a particolari regole processuali, non determina in sè l'inammissibilità dell'espropriazione presso terzi, essendo la prima anzi finalizzata alla necessaria tutela del patrimonio pubblico ed alla sua effettiva destinazione alle esigenze pubblicistiche la cui cura è affidata alla;


14.2. l'impignorabilità, quando è prevista per ragioni di pubblico interesse e cioè a tutela di un interesse pubblicistico, è sempre rilevabile di ufficio (Cass. 11 giugno 1999, n.5761; Cass. 22 marzo 2011, n.6548), così togliendosi rilievo alla mancata espressa previsione addotta quale tertium comparationis - di tale ufficiosa rilevabilità, formulata invece per altre categorie di enti pubblici;


14.3. già l'impostazione di Cass. 23727 del 2008 è incentrata su di una progressione dell'ambito della cognizione su questioni anche coinvolgenti diritti, tutt'altro che ignota nel processo civile (si pensi ai procedimenti per decreto ingiuntivo o comunque a tutti quelli per fasi dapprima sommarie e poi ordinarie) e basata sull'opportunità di subprocedimenti inizialmente deformalizzati ma ad ampio contenuto sostanzialmente cognitivo, con eventualizzazione di fasi a cognizione piena per iniziativa dei soggetti che non si reputino soddisfatti della tutela fino a quel momento ricevuta;


14.4. nel processo esecutivo, è espressione di analoga tendenza la sommarizzazione della fase della distribuzione, introdotta con la riforma del 2006, nella quale il giudice dell'esecuzione dapprima risolve, con poteri in gran parte simili a quelli di un ordinario giudizio di cognizione ma del tutto privo di formalità, le questioni relative e poi alle parti, che siano rimaste insoddisfatte dall'esito di tale agile attività di giudizio, è dato l'ordinaria tutela cognitiva attraverso la possibilità di impugnare la relativa ordinanza con l'opposizione agli atti esecutivi;


14.5. la stessa articolazione in due fasi è oltretutto compensata, fin dalla prima di essi e quindi fin da quella dinanzi al giudice dell'esecuzione, dalla previsione di un'autentica inversione dell'onere della prova e dell'accollo di questa al debitore, a fronte soltanto di una almeno analitica allegazione del creditore; mentre deriva da principi generali del processo che, anche nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, piena e completa deve ritenersi ogni facoltà assertiva ed istruttoria delle parti finalizzata alla peculiarità dell'oggetto della controversia;


14.6. resta priva di rilievo la doglianza sulla mancata applicazione integrale dell'art.546 cpc, alla fattispecie del pignoramento di denaro di enti territoriali.


15. I motivi del terzo gruppo sono inammissibili o infondati:


15.1. quanto al ventinovesimo, pregiudiziale in quanto involgente l'individuazione dello strumento processuale per reagire alla dichiarazione titolata del terzo, può osservarsi che la tendenziale esclusione, dal giudizio di cui all'art.548 cpc, di ogni questione sulla pignorabilità dei beni corrisponde alla tradizionale nozione della natura di quest'ultimo (nonostante qualche spunto in contrario possa desumersi da Cass. Sez. Un. n. 25037/08, già presupposto dalla richiamata Cass. n. 12259 del 2009, soprattutto in ordine alla duplicità del contenuto del giudizio di cui all'art.548 cpc, riguardando esso l'accertamento sia del diritto di credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato, sia quello - di rilevanza meramente processuale - attinente all'assoggettabilità del credito pignorato all'espropriazione forzata efficace nei rapporti fra creditore procedente e terzo debitor debitoris e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege): del resto, con le puntualizzazioni già viste sull'ampiezza della cognizione e sul riparto degli oneri assertivi e probatori, ricavabili dalla ricostruzione di Cass. n.23727 del 2008, risulta adeguatamente tutelato ogni altro soggetto del processo dall'opposizione agli atti esecutivi, beninteso esperibili nel contraddittorio del terzo stesso, siccome interessato all'esito del vincolo sui beni da lui detenuti o custoditi in dipendenza del pignoramento originario; con la conseguente infondatezza del ventinovesimo motivo;


15.2. è infondato il quattordicesimo, perchè la regola dell'istruibilità ufficiosa dell'impignorabilità deve ritenersi (ancora una volta in piena e convinta adesione a Cass. 23727/08) conforme ai principi generali ogniqualvolta quest'ultima sia imposta a tutela di interessi pubblicistici, quale necessario corollario o proiezione o conseguenza della sua rilevabilità ufficiosa;


15.3. è infondato il quindicesimo, perchè la questione agitata dal ricorrente tralascia la decisiva circostanza che si tratta di una impignorabilità imposta per pubblico interesse e quindi del fatto che è un caso particolare - cui si applicano appunto regole particolari e deroghe indotte dalla circostanza taciuta - rispetto a quello invece generale prospettato nel quesito;


15.4. è infondato il sedicesimo, perchè, una volta ammessa quale forma di reazione del creditore la speciale opposizione formale di cui all'art.617 cpc, anche quando sia incompleta o non del tutto istruita la questione dell'impignorabilità, compete normalmente al creditore stesso la facoltà di allegare il sospetto, purchè fondato su obiettive carenze dell'attività fino a quel momento espletata dal giudice o dinanzi a lui, dell'insussistenza dei presupposti dell'impignorabilità e chiederne l'accertamento: e ricadendo allora, come espresso dalla richiamata Cass.23727/08, sulle sue controparti l'onere di provare il rispetto delle condizioni di impignorabilità;


15.5. è inammissibile il diciassettesimo, per difetto di pertinenza alla fattispecie: infatti, ammesso che della persistente ammissibilità dell'opposizione ad esecuzione abbia interesse a dolersi il creditore, nel caso di specie il debitore di nulla si è doluto e comunque non vi è questione di ammissibilità o meno di opposizioni di questi, tanto meno ai sensi dell'art.617 cpc;


15.6. è infondato il diciottesimo, essendo stato già messo in luce il riparto degli oneri di allegazione e prova in termini che non appaiono tali da comportare un intollerabile sacrificio della posizione del creditore;


15.7. è infondato il diciannovesimo, essendo giustificata e certa, per quanto accennato in ordine al quattordicesimo motivo (v. p. 15.2), la sussistenza di - sia pure certo non illimitati, secondo la precisa ricostruzione di Cass.23727/08 - poteri ufficiosi lato sensu istruttori in capo al giudice dell'esecuzione in materia di rilievo dell'impignorabilità imposta a tutela di interessi pubblicistici;


15.8. è inammissibile il ventottesimo, perchè la contestazione dell'effettività della produzione in giudizio delle delibere contestate integra una circostanza sussumibile nell'errore revocatorio, avendo invece il giudice di primo grado espressamente dato atto che erano state prodotte a corredo della dichiarazione del terzo (pag. 11, secondo periodo, della sentenza gravata); e perchè, a parte l'effettiva opinabilità della conclusione dell'intangibilità delle delibere se viziate (potendo al contrario sostenersi l'applicabilità del principio generale di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi da parte del giudice ordinario, ove ne ricorrano i presupposti), il vizio di genericità delle stesse è prospettato in termini obiettivamente vaghi, senza riferimento cioè a quale elemento sia mancata la specificazione, cui ancorare l'obbligo, per il giudice ordinario, di disapplicare la delibera comunale di individuazione delle somme impignorabili ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art.159.


16. Sono invece fondati tutti i motivi del quarto gruppo, eccetto il ventisettesimo (e quindi ì motivi ventesimo, ventunesimo, ventiduesimo, ventitreesimo, ventiquattresimo, venticinquesimo e ventiseiesimo), i quali possono essere unitariamente considerati:


16.1. una volta ricordato che la qui pienamente condivisa impostazione di Cass. 23727 del 2008 comporta l'inversione dell'onere della prova sulla sussistenza dei presupposti per l'operatività dell'impignorabilità, va rilevato che la creditrice ha assolto ogni onere su di essa incombente con la mera adduzione, evidentemente non pretestuosa nè generica, di numerose circostanze di fatto, analiticamente elencate anche nel ricorso (ed in ossequio al principio della sua autosufficienza), dalle quali desumere il sospetto di quell'inoperatività;


16.2. la circostanza che la creditrice abbia in concreto offerto di provare, con prove documentali ed orali, analoghe circostanze, di certo non elide il corrispondente onere del Comune: il quale non può essere assolto mediante una mera certificazione di uno dei suoi uffici od organi, operando anche quanto alla pubblica amministrazione il principio generale del processo civile, per il quale di regola - e tranne specifiche eccezioni previste dalla legge, che in questo frangente non si rinvengono - nessuno può formare prove a proprio favore;


16.3. nè si riscontra una genericità tale delle capitolazioni delle prove orali od altre condizioni dei documenti addotti da escludere in via diretta ed immediata ogni loro riferibilità a fatti impeditivi dell'impignorabilità, soprattutto perchè, come si ripete, onerato della prova positiva della insussistenza di quelli, una volta non pretestuosamente dedotti, era il Comune debitore e non il creditore;


16.4. ancora, dinanzi ai sospetti di inoperatività dell'impignorabilità, ben poteva darsi il caso di una consulenza tecnica di ufficio percipiente, essendo evidente l'inaccessibilità, da parte del singolo creditore, alla complessa contabilità di un ente complesso come il Comune (e, per le sue titaniche dimensioni, come quello di Napoli) e quindi la sua impossibilità di provare altrimenti le circostanze dedotte, a prescindere da chi poi ne avesse in concreto l'onere: e salvo solo il principio della necessaria anticipazione dei costi degli atti processuali in corso di causar con valutazione peraltro rimessa al giudice istruttore della stessa ed impregiudicata la finale regolamentazione del carico delle spese di lite;


16.5. è inammissibile ed infondato invece il ventisettesimo, perchè non è specificato dove è sviluppata la contestazione negli esatti termini riproposti e lamentati come non esaminati specificamente, visto che si indica (a pag. 74 del ricorso) solo dove i fatti sarebbero stati dedotti; e poi perchè, nella contumacia di entrambi gli opposti (quale si ricava dalla sentenza oggi gravata), nessun fatto potrebbe tecnicamente darsi come pacifico per non contestazione, come pretende di fare il ricorrente.


17. Ne consegue che malamente sono stati applicati, in danno del creditore opponente, i criteri elaborati da questa Corte in tema di contestazione dei presupposti per l'applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159, e, pertanto, in accoglimento dei motivi ventesimo, ventunesimo, ventiduesimo, ventitreesimo, ventiquattresimo, venticinquesimo e ventiseiesimo, il ricorso va accolto, con cassazione della gravata sentenza e rinvio al medesimo tribunale di Napoli, in persona di diverso giudicante, il quale istruirà l'opposizione attenendosi ai principi di cui ai precedenti punti 16.1. a 16.4. e provvederà pure sulle spese del presente giudizio di legittimità in rapporto all'esito finale della lite.


PQM


La corte accoglie i motivi ventesimo, ventunesimo, ventiduesimo, ventitreesimo, ventiquattresimo, venticinquesimo e ventiseiesimo, disattesi o rigettati gli altri; per l'effetto, cassa la gravata sentenza e rinvia al tribunale di Napoli, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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