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INTERESSANTE ARTICOLO DI TROVATI SU IMU E TARES
Dopo la pioggia di rinvii
la soluzione si complica
Gianni Trovati
Il problema era noto da
mesi, ma è stato fatto decantare
nella politica dei rinvii e ora
è troppo tardi per rimediare.
Nonostante le promesse del
decreto «blocca-Imu» appena
convertito in legge, è difficile
pensare che la «riforma complessiva
» del Fisco immobiliare
in programma entro il 31 agosto
possa cambiare i connotati
della Tares, per una ragione
semplice: siamo ormai nella seconda
metà dell'anno, la maggioranza
di Comuni e aziende
di igiene urbana ha scritto e approvato
piani finanziari e delibere
tariffarie, e per essere efficace
qualsiasi intervento non
può che guardare al 204. A meno
che, naturalmente, non si limiti
la "riforma della Tare s" al
rinvio o all'abrogazione della
maggiorazione statale da 30
centesimi al metro quadro,
con una misura che offrirebbe
qualche sollievo ai contribuenti
ma non basterebbe a risolvere
il problema.
I maxi-aumenti diffusi dal
nuovo tributo su «rifiuti e servizi
» testimoniati dall'inchiesta
di queste pagine dipendono
da due fattori, previsti dalle
regole scritte nel decreto salva-
Italia di Monti a dicembre 2011:
la Tares, prima di tutto, ripesca
il «metodo normalizzato»
di calcolo della tariffa, che misura
il conto da presentare a
ogni contribuente in base alla
quantità media di rifiuti prodotti
dalla categoria di utenza
a cui appartiene. Un metodo
applicato finora dai 1.300 Comuni
che fino al 2012 hanno fatto
pagare la Tia, la tariffa d'igiene
ambientale, ma che non ha
mai debuttato nell'ampia maggioranza
delle amministrazioni,
cioè le 6.700 rimaste fedeli
negli anni alla vecchia Tassa
sui rifiuti urbani (Tarsu).
Per questa prima ragione, il
passaggio dalla Tarsu alla Tia
è particolarmente brusco per
le categorie di contribuenti
che producono più ristoranti,
bar, negozi di generi alimentari,
fiorai e a scalare tutti
gli altri esercizi commerciali
sono destinati a incontrare rincari
che in molti casi, secondo
le prime stime delle associazioni
di categoria, possono moltiplicare
fino a 5-6 volte la Tarsu
pagata nel 2012. Nella redisitribuzione
dei carichi fiscali, qualche
buona notizia potrebbe arrivare
per alcune tipologie di
utenze domestiche, ma tutto
dipende dalle variabili che articolano
le scelte dei Comuni.
Il secondo «motore» della
Tares, destinato ad aumentare
gli importi complessivi rispetto
a quelli pagati con la Tarsu,
è l'obbligo per il nuovo tributo
di coprire integralmente i costi
del servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti, che nel
vecchio sistema potevano rimanere
in parte a carico dei
fondi comunali (e quindi della
fiscalità generale).
I due principi in sé sono corretti,
sono scritti nelle leggi
italiane fin dal 1667 ma sono
stati abbandonati per anni, la-
La tariffa
Sono i Comuni che avevano
adottato la Tia (tariffa d'igiene
ambientale). La maggior parte
degli enti (6.700), invece, è
rimasta "fedele" alla vecchia
Tarsu (la tassa sui rifiuti solidi
urbani). La Tares riprende dalla
Tia il «metodo normalizzato»
ossia misura il conto da
presentare a ogni contribuente
in base alla quantità media di
rifiuti prodotti dalla categoria
di utenza a cui appartiene
centesimi
La maggiorazione
È la quota aggiuntiva della
Tares a l metro quadrato che
sarà devoluta alle casse statali
sciati alla buona volontà dei
singoli enti nel passaggio da
Tarsu a Tia (poi addirittura
«vietato» nel 2008), per essere
ripresi improvvisamente
senza una disciplina transitoria
che ne permetta un'applicazione
graduale. Proprio questa
lacuna potrebbe essere
uno dei campi d'azione della
"riforma" promessa entro il 31
agosto, che potrebbe per questa
via attenuare i costi messi
a carico dei contribuenti per il
debutto della Tares.
Più complicato, come si accennava,
pensare a un intervento
più incisivo in corso
d'anno, per esempio la service
tax che secondo una proposta
più volte riemersa dovrebbe
unire Imu e Tares in un'imposta
comunale unica. Questa
prospettiva, oltre che da ragioni
di calendario, è ostacolata
dalla normativa europea, secondo
la quale i tributi ambientali
devono rispondere al principio
«più inquini più paghi».
Un'imposta ambientale "fusa"
con l'Imu, e pesata in base aivani,
ai metri quadrati o ad altre
caratteristiche dell'immobile,
non risponderebbe ai parametri
europei e potrebbe essere
azzoppata esattamente come
accaduto alla Tarsu.
Più semplice, e già previsto
da un decreto "correttivo" del
federalismo municipale poi
travolto dalla crisi del Governo
Berlusconi, sarebbe accorpare
all'Imu la Tares sui «servizi
indivisibili», anch'essa presente
nel decreto «Salva-Italia
» e poi girata allo Stato dal
decreto «sblocca-pagamenti
». Si tratta, appunto, della
maggiorazione da 3o centesimi
al metro quadrato, su cui è
più facile intervenire in corso
d'opera perché il pagamento è
in calendario fra ottobre e dicembre:
almeno su questo tema,
però, i contribuenti attendono
un'abolizione più che
un'ennesima riforma.
la soluzione si complica
Gianni Trovati
Il problema era noto da
mesi, ma è stato fatto decantare
nella politica dei rinvii e ora
è troppo tardi per rimediare.
Nonostante le promesse del
decreto «blocca-Imu» appena
convertito in legge, è difficile
pensare che la «riforma complessiva
» del Fisco immobiliare
in programma entro il 31 agosto
possa cambiare i connotati
della Tares, per una ragione
semplice: siamo ormai nella seconda
metà dell'anno, la maggioranza
di Comuni e aziende
di igiene urbana ha scritto e approvato
piani finanziari e delibere
tariffarie, e per essere efficace
qualsiasi intervento non
può che guardare al 204. A meno
che, naturalmente, non si limiti
la "riforma della Tare s" al
rinvio o all'abrogazione della
maggiorazione statale da 30
centesimi al metro quadro,
con una misura che offrirebbe
qualche sollievo ai contribuenti
ma non basterebbe a risolvere
il problema.
I maxi-aumenti diffusi dal
nuovo tributo su «rifiuti e servizi
» testimoniati dall'inchiesta
di queste pagine dipendono
da due fattori, previsti dalle
regole scritte nel decreto salva-
Italia di Monti a dicembre 2011:
la Tares, prima di tutto, ripesca
il «metodo normalizzato»
di calcolo della tariffa, che misura
il conto da presentare a
ogni contribuente in base alla
quantità media di rifiuti prodotti
dalla categoria di utenza
a cui appartiene. Un metodo
applicato finora dai 1.300 Comuni
che fino al 2012 hanno fatto
pagare la Tia, la tariffa d'igiene
ambientale, ma che non ha
mai debuttato nell'ampia maggioranza
delle amministrazioni,
cioè le 6.700 rimaste fedeli
negli anni alla vecchia Tassa
sui rifiuti urbani (Tarsu).
Per questa prima ragione, il
passaggio dalla Tarsu alla Tia
è particolarmente brusco per
le categorie di contribuenti
che producono più ristoranti,
bar, negozi di generi alimentari,
fiorai e a scalare tutti
gli altri esercizi commerciali
sono destinati a incontrare rincari
che in molti casi, secondo
le prime stime delle associazioni
di categoria, possono moltiplicare
fino a 5-6 volte la Tarsu
pagata nel 2012. Nella redisitribuzione
dei carichi fiscali, qualche
buona notizia potrebbe arrivare
per alcune tipologie di
utenze domestiche, ma tutto
dipende dalle variabili che articolano
le scelte dei Comuni.
Il secondo «motore» della
Tares, destinato ad aumentare
gli importi complessivi rispetto
a quelli pagati con la Tarsu,
è l'obbligo per il nuovo tributo
di coprire integralmente i costi
del servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti, che nel
vecchio sistema potevano rimanere
in parte a carico dei
fondi comunali (e quindi della
fiscalità generale).
I due principi in sé sono corretti,
sono scritti nelle leggi
italiane fin dal 1667 ma sono
stati abbandonati per anni, la-
La tariffa
Sono i Comuni che avevano
adottato la Tia (tariffa d'igiene
ambientale). La maggior parte
degli enti (6.700), invece, è
rimasta "fedele" alla vecchia
Tarsu (la tassa sui rifiuti solidi
urbani). La Tares riprende dalla
Tia il «metodo normalizzato»
ossia misura il conto da
presentare a ogni contribuente
in base alla quantità media di
rifiuti prodotti dalla categoria
di utenza a cui appartiene
centesimi
La maggiorazione
È la quota aggiuntiva della
Tares a l metro quadrato che
sarà devoluta alle casse statali
sciati alla buona volontà dei
singoli enti nel passaggio da
Tarsu a Tia (poi addirittura
«vietato» nel 2008), per essere
ripresi improvvisamente
senza una disciplina transitoria
che ne permetta un'applicazione
graduale. Proprio questa
lacuna potrebbe essere
uno dei campi d'azione della
"riforma" promessa entro il 31
agosto, che potrebbe per questa
via attenuare i costi messi
a carico dei contribuenti per il
debutto della Tares.
Più complicato, come si accennava,
pensare a un intervento
più incisivo in corso
d'anno, per esempio la service
tax che secondo una proposta
più volte riemersa dovrebbe
unire Imu e Tares in un'imposta
comunale unica. Questa
prospettiva, oltre che da ragioni
di calendario, è ostacolata
dalla normativa europea, secondo
la quale i tributi ambientali
devono rispondere al principio
«più inquini più paghi».
Un'imposta ambientale "fusa"
con l'Imu, e pesata in base aivani,
ai metri quadrati o ad altre
caratteristiche dell'immobile,
non risponderebbe ai parametri
europei e potrebbe essere
azzoppata esattamente come
accaduto alla Tarsu.
Più semplice, e già previsto
da un decreto "correttivo" del
federalismo municipale poi
travolto dalla crisi del Governo
Berlusconi, sarebbe accorpare
all'Imu la Tares sui «servizi
indivisibili», anch'essa presente
nel decreto «Salva-Italia
» e poi girata allo Stato dal
decreto «sblocca-pagamenti
». Si tratta, appunto, della
maggiorazione da 3o centesimi
al metro quadrato, su cui è
più facile intervenire in corso
d'opera perché il pagamento è
in calendario fra ottobre e dicembre:
almeno su questo tema,
però, i contribuenti attendono
un'abolizione più che
un'ennesima riforma.
Ospite- Ospite
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